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Raccolta di Disegni di Giacomo Quarenghi

Dopo la Raccolta tassiana, quella relativa a Giacomo Quarenghi è forse la più importante raccolta speciale della Biblioteca Mai: con i suoi 761 disegni e i cimeli di varia natura, con le lettere e i documenti, con il materiale fotografico acquisito negli anni, la collezione, contenente l’insieme più ampio di disegni quarenghiani esistente al mondo, testimonia anche il profondo legame fra Quarenghi e la Biblioteca civica di Bergamo, un legame che percorre tutta una vita.

Fonte primaria per ricostruire le vicende del celebre architetto è una lettera autobiografica che egli inviò a Luigi Marchesi nel 1785 e che compare nelle Vite de’ pittori scultori e architetti bergamaschi (1793) scritte dal conte Francesco Maria Tassi e continuate da Girolamo e Carlo Marenzi. Nato a Rota d’Imagna nel 1744 da famiglia benestante, Quarenghi venne indirizzato agli studi giuridici e filosofici dal padre, che svolgeva la professione di notaio. L’interesse innato per le belle arti lo portò presto a intraprendere a Bergamo studi di pittura e disegno presso i pittori Paolo Vincenzo Bonomini e Giovanni Raggi. Trasferitosi nel 1761 a Roma, entrò nella bottega di Anton Raphael Mengs e poi del bergamasco Stefano Pozzi, diventando membro dell’Arciconfraternita dei Bergamaschi in qualità di pittore. Non tardò a farsi sentire, in ogni caso, l’interesse specifico per l’architettura, che Quarenghi cominciò a coltivare soprattutto stringendo rapporti con artisti francesi e inglesi residenti a Roma e studiando direttamente i monumenti antichi. Il vero amore del giovane aspirante architetto era però Andrea Palladio, esponente della grande stagione del classicismo rinascimentale.

Gli anni romani, impegnati molto nel disegno, nello studio, in alcuni viaggi a Venezia, Bergamo e nel sud dell’Italia, oltre che in commissioni di rilievo minore, restarono insoddisfacenti per Quarenghi, che colse al volo l’occasione di trasferirsi a San Pietroburgo, al servizio della zarina Caterina II, nel 1779. La scelta si rivelò felice, per la sintonia instauratasi con Caterina, che fece di lui l’architetto più importante nel processo di rinnovamento impresso alla città russa e un vero protagonista nella diffusione del linguaggio neoclassico richiesto dalle corti di tutta Europa. Per quasi quarant’anni Quarenghi restò al servizio degli zar, di Caterina II, di Paolo I e di Alessandro I, dimostrando una creatività senza pari negli innumerevoli progetti e nei disegni di paesaggi, edifici e luoghi, che continuò a produrre ininterrottamente.

A San Pietroburgo Quarenghi realizzò l’Accademia delle Scienze, la Banca di Stato, il Teatro dell’Hermitage, la cappella dei Cavalieri di Malta, l’Ospedale per i poveri, l’Istituto Smol’nyj per l’educazione delle fanciulle nobili; a Tsarskoe Selo, presso San Pietroburgo, il Palazzo di Alessandro; a Mosca, dove completò il palazzo di Caterina, progettò anche le gallerie commerciali sulla Piazza Rossa; molti furono poi gli incarichi per private residenze di nobili russi o di eminenti stranieri residenti a San Pietroburgo.

Quarenghi riuscì a tornare in patria solo per un breve soggiorno fra il 1810 e il 1811, proseguendo poi la sua attività in Russia fino alla morte, nel 1817.

Sin da giovane aveva coltivato anche una grande passione per i libri e per la musica e condiviso questi interessi con bergamaschi presenti a Roma, come Pier Antonio Serassi, segretario del cardinal Furietti che, con il suo lascito, aveva dato avvio alla Biblioteca pubblica di Bergamo, attiva dal 1771. Dopo il trasferimento in Russia, sin dal 1788, Quarenghi cominciò così a far dono alla sua città e alla neonata Biblioteca di libri pregiati e di pubblicazioni contenenti i suoi progetti: è questo il caso del Théatre de l’Hermitage, edito presso l’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo (1787), con sette grandi tavole incise; è il caso anche de Le Nouveau Bâtiment de la Banque Impériale de Saint Petersbourg (1791), con otto grandi tavole incise, pubblicazione realizzata presso la Stamperia Imperiale di San Pietroburgo. Sono segnali dell’affezione verso la Città, ma anche della volontà che la Biblioteca civica divenisse luogo di documentazione del suo lavoro.

Tale volontà venne seguita dal figlio Giulio, che nel 1846 donò alla Biblioteca i due tomi di Fabbriche e disegni di Giacomo Quarenghi architetto di S. M. l’imperatore di Russia, pubblicati a Mantova nel 1843-1844, acconsentendo poi, nel 1870, all’acquisizione da parte del Comune di Bergamo, a prezzo alquanto agevolato, del primo nucleo di 535 disegni originali del padre, fra i quali alcuni piccoli album con vedute, testimoni della fase giovanile di una produzione grafica che continuò inesausta per tutta la vita del grande architetto.

Alcuni anni dopo giunse in Biblioteca il prezioso Minutario della corrispondenza di Quarenghi, per dono di Luigi Gelmini e della moglie, quindi altri 77 disegni provenienti dall’archivio del cardinale Giovanni Maria Archetti, nunzio apostolico alla Corte di San Pietroburgo a cui i disegni erano stati donati dal fratello di Giacomo Quarenghi, Francesco Maria, conferiti alla Biblioteca da Giovan Battista Camozzi Vertova. Nel 1888 arrivò un altro album donato dalla nipote di Quarenghi, Antonietta, e nel 1890 altri 24 disegni donati dal mantovano Francesco Tamassia.

La raccolta di disegni conservata dalla Mai è attualmente ordinata in 18 album contrassegnati da lettere dell’alfabeto e sigle: gli album A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, frutto della vendita di Giulio Quarenghi; l’album O, ritrovato nel 1958 in una cassa sigillata durante la seconda guerra mondiale; l’album CV (Camozzi Vertova); l’album TAM (Tamassia); l’album Stampe e disegni su cui si trova la scritta «alcuni sono attribuiti a Giacomo Quarenghi»; il disegno n. 40, dell’album n. 28, che faceva parte della raccolta Bergamo illustrata.

I temi che Quarenghi affronta nei suoi album di disegni sono i più vari: talora si tratta di ricordi personali, come in un intimo diario, che ripercorre i luoghi amati (la casa natale in Val Imagna); talora vediamo veri e propri studi delle forme architettoniche ereditate dall’antichità, trasfuse però in una luce vibrante di grande suggestione poetica; talora sono ampie vedute romane colte dall’alto, o angoli meno illustri di una Roma ormai scomparsa.

Del periodo russo, ricchissimo di progetti, a riprova della grande versatilità di Quarenghi, impegnato in tipologie di edifici spesso molto diversi per funzione e dimensione, restano anche disegni per decorazioni di interni di palazzi imperiali o nobiliari; ma soprattutto colpisce la qualità pittorica di molte vedute non destinate specificamente al lavoro progettuale e persino di pura invenzione, in cui l’architetto manifesta la mai spenta passione per la pittura, il gusto raffinato e deciso, la competenza acquisita, anche nella veste di collezionista e di esperto consigliere della corte e dei nobili russi, nella scelta di opere e di artisti.

Vedi una selezione commentata dei disegni e un’approfondimento sulla raccolta, realizzate a corredo delle mostre allestite in Biblioteca nel 2017 per la celebrazione del bicentenario della morte dell’architetto.

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