E’ il 21 di marzo del 1402 quando i copisti Pietro de Nibiallo da Como e Pietro de Berardi iniziano, su fogli di pergamena di riuso (palinsesti), la stesura manoscritta della Commedia di Dante con il commento in latino di Alberico da Rosciate che oggi, a 619 anni di distanza, offriamo ai lettori. Il Commento è contenuto nel celebre Codice Grumelli, conservato dalla Biblioteca Mai alla segnatura Cassaforte 6.1.
Custodito in una cassetta di legno di noce, il codice si presenta esternamente confezionato in una legatura bergamasca coeva, ma di riuso, in assicelle coperte in marocchino marrone decorato a secco con quattro cantonali a bottone, impreziositi da volute fogliate e rosette, e con al centro dei piatti un umbone circolare provvisto di una dicitura in caratteri gotici. Anche il decoro a tabula ansata, il nodo moresco e le contrograffe in uso nelle legature bergamasche suggeriscono una realizzazione orobica della coperta nonostante le differenti provenienze geografiche degli elementi metallici.
Il codice è formato da 408 carte, di mm 314 x 207, e contiene il testo commentato della Commedia (alle carte 2r-396v) in scrittura gotica per i testi e corsiva per il commento con semplici iniziali in rosso ed una sola iniziale filigranata in rosso, giallo, blu e bruno. Lo scritto, composto a piena pagina per il testo e per il commento della prima cantica, è disposto in colonna per il testo e in riga intera per le altre due cantiche.
La redazione è avvenuta tra il 21 marzo e il 7 settembre del 1402 per mano di Pietro de Nibiallo da Como e di Pietro de Berardi che lasciano la propria ‘firma’ in diversi punti del codice: in particolare si segnalano la firma e data alla c. 397r dove «Petrus 1402» è inscritta in un cerchio, e la chiusa a c. 397v «Liber iste inceptus fuit scribere de anno 1402 in mense marcii die 21 huius mensis et finitus fuit eodem anno de mense septembris die 7 mensis ipsius, qui et scriptus quid per me P(etrus de Berardis), cuius est liber, et quid per Petrum de Nibiallo Cumanum».
I fogli dal 397 a 400 contengono: Credo di Iacopo della Lana; Epitaphium Dantis di Menchinus de Mezano; Sonetti dei sette peccati, di Fazio degli Uberti; O comedia del doctor sovrano, sonetto anonimo; un Capitolo di Iacopo Alighieri ed uno di Bosone da Gubbio; Tal par che cum passi lenti vada chi va ben tosto, componimento anonimo.
Sono presenti numerosi e semplici disegni a penna, raffigurazioni astronomiche, una tavola da gioco, elementi geometrici, tra i quali spicca un interessante Minotauro al centro di un labirinto. Coloriti a tempera invece uno stemma della famiglia della Scala e alcune aquile in nero su fondo aureo.
Il codice, a lungo conservato presso i conti Pedrocca Grumelli, è stato donato alla Biblioteca Civica nel 1872, con il divieto assoluto di alienarlo come si legge in una nota a c. 1v: «La sottoscritta, interpretando le intenzioni del benemerito di lei marito, conte Fermo Pedrocca Grumelli, fa oggi consegna del presente codice alla Biblioteca della città di Bergamo, con la proprietà del comune di Bergamo, e con la proibizione allo stesso di alienarlo o di altrove disportarlo. Bergamo, 24 maggio 1872. Contessa Degnamerita Albani vedova Pedrocca Grumelli».
Il manoscritto è stato recentemente digitalizzato nell’ambito del progetto Illuminated Dante Project (IDP) nato in seno al gruppo di ricerca di Filologia Italiana dell’Università di Napoli ‘Federico II’ e che si propone, in prospettiva delle attuali celebrazioni, di allestire un archivio online e un database codicologico e iconografico di tutti gli antichi manoscritti della Commedia di Dante provvisti di immagini che intrattengano relazioni col testo del poema. Presto sarà pertanto consultabile sul sito dell’IDP.
Il codice Grumelli è il testimone fondamentale per la seconda redazione del Commento a Dante di Alberico da Rosciate e l’unico per Inferno e Purgatorio.
Nato a Rosciate (Bergamo) attorno al 1290 da famiglia di giudici e notai, Alberico compì gli studi giuridici a Padova. A Bergamo, dal secondo decennio del ‘300, oltre che alla professione forense dedicò il suo tempo alla vita pubblica cittadina e agli studi. Fu rappresentante della sua città nell’atto di dedizione di essa a Giovanni di Boemia e riformatore degli statuti bergamaschi in senso favorevole alla signoria viscontea per la quale svolse diverse ambascerie. Compì pellegrinaggio a Roma con la famiglia nell’anno giubilare 1350, morì a Bergamo il 14 settembre del 1360. Famoso giurista, il suo Commento alla Commedia, oggetto continuo di studio da parte dei filologi, riflette in molte parti la sua profonda cultura documentata dall’elenco dei libri che possedeva offerto nel testamento del 1345.
Il progetto originario del suo lavoro letterario è esplicitato dallo stesso Alberico in una nota posta in calce al suo commento: «Hunc comentum totius comedie composuit quidam dominus Iacobus de la lana Bonominesis, licentiatus in artibus et theologia, qui fuit filius fratyris Filippi de la Lana, ordinis Gaudentium, et fecit in sermone vulgari Tusco. Et quia tale ydioma non est omnibus noum, ideo ad utilitatem volentium studere in ipsa comedia transtuli de vulgari Tusco in grammaticali scientia litteratorum ego Albericus de Roxiate».
In un’età dominata dai volgarizzamenti, Alberico da Rosciate compie dunque un’operazione culturalmente considerevole che ha per l’area italiana importnti precedenti, tutti volti alla traduzione latina, per facilitare la lettura e la comprensione di testi volgari. Gli studiosi hanno individuato due redazioni del suo lavoro: in una prima fase egli si limitò a tradurre in latino le parole del Commento di Iacopo della Lana sia letteralmente, sia attraverso sintesi; successivamente Alberico operò sul proprio testo apportando migliorie lessicali e sintattiche e arricchendolo di nuovi particolari originali, non presenti nel commento di Iacopo della Lana, che gli derivavano dalle sue letture per giungere, nella seconda redazione, a corredare l’Inferno e il Paradiso di una spiegazione decisamente letterale.
La composizione del Commento copre un arco temporale che va dal 1336 al 1342:
• Per l’Inferno il termine post quem del 1336 è certo. Nel prologo a Inf. XII, dedicato alle sette ereticali, si accenna al decretale Benedictus deus, emanato da papa Benedetto XII appena eletto, appunto nel 1336, per placare le polemiche a proposito della visione beatifica. Il termine ante quem può essere considerato il 1350, anno nel quale Alberico si reca a Roma per il Giubileo.
• Per il Paradiso, la chiosa a Par. XIX 127-129 cita il sovrano angioino Roberto come quondam e ciò spingerebbe la data del testo di Alberico successivamente al 1343, anno della morte di Roberto d’Angiò.
Le fonti del giurista bergamasco si ritrovano principalmente nei testi di diritto canonico e giuridico mentre grandi assenti sono i classici che si limitano a qualche citazione dalle Epistole di Seneca, a qualche esametro virgiliano e a briciole ovidiane. Ampia la conoscenza della Bibbia e del patrimonio della letteratura latina medioevale di opere quali la Historia destructionis Troie di Guido delle Colonne (opera composta tra il 1272 e il 287), la Vita Scholastica di Bonvesin de la Riva (morto nel 1313) e qualche testo storico, come la Cronica Marchie Trivixiane di Rolandino da Padova, elaborato tra il 1260 e il 1262. Certamente noto ad Alberico l’Inventarium universi orbis Bartholomei de Osa, opera enciclopedica perduta di Bartolomeo de Osa, morto nel 1340, segretario del Cardinale Guglielmo Longhi attivo a Bergamo e Avignone. L’opera di Bartolomeo in sedici libri venne composta negli ultimi anni di sua vita ed era una cronaca dalle origini del mondo ai suoi tempi.
Il Commento di Alberico non solo documenta la fortuna trecentesca della Commedia, iniziata come noto all’indomani della morte di Dante grazie alle trascrizioni commentate, ma è celebre anche perché cerca di offrire una spiegazione letterale a tutti o quasi i versi del capolavoro.
Del Commento di Alberico da Rosciate si conserva un altro codice, anch’esso di fattura bergamasca, alla Biblioteca Laurenziana di Firenze (Codice Laurenziano Plut. 26, sin 2).