L’entusiasmo giovanile di Ugo Foscolo per l’opera di Vittorio Alfieri e di Giambattista Vico accompagnò ben presto il poeta a riflettere sul binomio di poesia e religione, talvolta studiato alla luce della Commedia dantesca. Sullo scorcio del XVIII secolo, negli anni della formazione veneziana, Foscolo approfondì la propria conoscenza dell’Alighieri con la mediazione di Vincenzo Monti, arrivando a comporre un’ode A Dante, pubblicata sul «Mercurio d’Italia» nel 1796, nella quale il fiorentino viene presentato come padre e vate, ispiratore e profeta dunque del pensiero italiano. Sono gli anni in cui l’autore redige un primo e fondamentale quadro critico-estetico all’interno del proprio Piano di studi, nel quale emerge la predilezione foscoliana per la classicità greco-latina ma soprattutto la sua visione universalistica della letteratura. Di lì a poco tempo, Venezia avrebbe perso la propria indipendenza con il trattato di Campoformio e nello scrittore ionico sarebbero maturati i propositi per le Ultime lettere di Jacopo Ortis, il romanzo epistolare scritto e rimaneggiato con suggestioni romantiche e disillusioni politiche tra il 1798 e il 1802.
Incipit delle Ultime lettere di Jacopo Ortis e frontespizio del Discorso sul testo della Commedia di Dante,
accorpati nel volume del 1877 custodito in Biblioteca con segnatura Sala.24.P.5.26.
L’Ortis sarebbe tornato ben oltre al centro degli sforzi editoriali di Foscolo, considerando che la versione autoriale definitiva venne promossa a Londra solo nel 1817. Nel mezzo era intercorso un quindicennio di fervida attività letteraria, di passioni travolgenti e impegni militari e civili, durante il quale lo scrittore di Zacinto compose i Sepolcri, ideò le incompiute Grazie, tradusse versi omerici e il Viaggio sentimentale di Laurence Sterne sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico. Per allontanare da sé l’obbligo di fedeltà all’Austria, nella primavera del 1815 Foscolo lasciò l’Italia e passò per Zurigo, dove l’anno successivo venne impressa la terza edizione dell’Ortis, arricchita di una notizia bibliografica. Qui assunse temporaneamente la falsa identità di Lorenzo Aldighieri, in uno strano connubio nominale tra Lorenzo Alderani, amico e destinatario delle missive di Jacopo Ortis, e il nome di Alighieri. Nella tarda estate del 1816 il poeta giunse a Londra, dove trascorse gli ultimi undici anni della sua vita, esule e lontano dagli affetti familiari, costantemente afflitto da preoccupazioni di natura economica.
Frontespizi delle Prose (1850) e del secondo volume dei Saggi di critica storico-letteraria (1859-1862) nell’ambito
della nota edizione postuma delle opere foscoliane promossa dalla fiorentina Le Monnier a metà Ottocento.
Eppure, le vicissitudini biografiche non bastano a spiegare l’intenso lavorio dantesco cui Foscolo attese nel suo ultimo decennio inglese. L’autoesilio politico dovette senz’altro indurlo a ripensare il ruolo del poeta di fronte alla società del suo tempo, ma il ritorno a Dante coincise anche con una specifico clima culturale, quello dell’alta società londinese dell’epoca, vòlto alla riscoperta del medioevo cristiano e in anni affini a imprese di traduzione e commento ai versi della Commedia. L’immedesimazione con quello che un tempo aveva definito il ghibellin fuggiasco non era più smossa nello scrittore italo-greco dal giacobinismo della giovinezza, mentre Dante si trasformò ai suoi occhi in un modello di consolazione morale, sorretto dagli appassionati dibattiti storiografici presso i salotti della nobiltà anglosassone. Al 1818 risalgono due contributi sull’Alighieri destinati all’«Edinburgh Review» nei quali Foscolo discusse di problemi storici, gettando uno sguardo innovativo su quella terre inconnue che era la poesia medievale al tempo, sempre più acceso dalla convinzione che il testo non potesse essere disgiunto dalla realtà storica nel quale era sorto. In questo senso si spiega anche l’interesse foscoliano per i commenti secolari al poema di Dante, passati in rassegna e illustrati evidenziando l’epoca in cui visse e operò ogni singolo chiosatore. Lo scrittore non tace gli abbagli di molti dantisti, cui rimprovera eccessi estetizzanti e una mai sufficiente menzione dell’importanza dell’Alighieri per la nascita della lingua italiana.
L’Edizione Nazionale delle opere di Ugo Foscolo dedicò i due tomi del IX volume all’intero corpo degli scritti di storia e critica dantesca dell’autore tra il 1979 e il 1981, affidandoli alle cure di Giovanni Da Pozzo e Giorgio Petrocchi.
L’occasione per un’interpretazione risolutiva dell’autore sulla forza della poesia dantesca sembrò aprirsi con la sottoscrizione di un contratto nel 1824 con l’editore Pickering, cui Foscolo si prestò a fornire dai quattro ai sei volumi annui di edizione e commento dei classici della letteratura italiana. Le premesse dovettero apparire convincenti, considerato che con l’arrivo del 1825 il letterato consegnò alle stampe la sua edizione commentata del Decameron di Boccaccio, sorretta da un ampio saggio inaugurale. Un’operazione analoga sarebbe spettata alla Commedia, il cui testo debitamente chiosato sarebbe sopraggiunto a tappe dopo la pubblicazione del Discorso sul testo della Commedia di Dante, in cui confluirono e vennero approfonditi i temi già cari al Foscolo degli ultimi anni. Deluso, tuttavia, dalla scarsa cura tipografica con cui l’editore fece circolare il Discorso, il letterato non avrebbe visto realizzati i quattro volumi comprensivi delle tre cantiche, lasciando allo stadio di bozze la propria edizione dell’Inferno. L’apporto foscoliano si dimostrò rilevante anche in tal senso, per l’uso di una tradizione filologica salda e da poco fissatasi nell’edizione romana di Baldassarre Lombardi, opportunamente vagliata e intersecata con lezioni minori, come quelle dettate da due codici passati per le sue stesse mani. A testimonianza di questa e di altre peculiarità del dantista resta l’edizione londinese della Commedia illustrata da Foscolo che Giuseppe Mazzini diede alle stampe presso Pietro Rolandi nel 1842.
Incisione con la tomba di Foscolo a Turnham Green, dove le spoglie del poeta riposarono per oltre quaranta anni, riprodotta in antiporta al secondo volume dell’edizione dei Saggi di critica storico-letteraria del 1862.
Prefazione firmata da un italiano all’edizione mazziniana della Commedia illustrata da Ugo Foscolo,
qui riprodotta nel terzo volume delle Prose letterarie di Le Monnier del 1850.
Pur di fatto compilata, specie per le chiose inerenti il Purgatorio e il Paradiso, dallo stesso Mazzini, quest’ultima veste della Commedia ha il pregio di raccogliere le correzioni e i ripensamenti dell’ultimo biennio della vita dello scrittore ionico. Per le mani di Mazzini passò, infatti, non solo il corpo preparatorio con il testo dell’Inferno, ma anche l’esemplare della prima edizione del Discorso sopra il testo della Commedia fittamente postillato da Foscolo medesimo e oggi conservato presso la Biblioteca Labronica di Livorno. La riflessione sul primato poetico di Dante e sulla potenza religiosa del suo messaggio, in grado di travalicare ben oltre le contingenze politiche e le avversità personali, accompagnò il poeta di Zacinto fino agli ultimi giorni, tanto che lo stesso Mazzini lo indica come «il lavoro che costò ad Ugo la vita» nel settembre del 1827.
Prima e quarta di copertina del primo volume dell’edizione Vanelli del Discorso sopra la Commedia di Dante
e il sottostante frontespizio, seguito dalla dedica dell’opera all’amico inglese Hudson Gurney.
Proprio in concomitanza con la scomparsa di Foscolo, la stamperia Vanelli di Lugano, già promotrice di un’edizione dei Saggi sul Petrarca e della traduzione del Viaggio sentimentale di Sterne tra il 1824 e il 1825, propose una nuova edizione del Discorso sopra il testo della Commedia. Si tratta, nei fatti, di un’opera più simile a una ristampa che a un autentico ripensamento librario del testo. Risalta, ad esempio, la piena aderenza del frontespizio al modello originario, modificato per il solo riferimento alla tipografia e alla data di impressione. Scompare una nota che Pickering appose in apertura a giustificare le numerose sviste ortografiche, giustificate dall’assenza dell’autore alle prove sui torchi, qui rimpiazzata da un altro piccolo schema degli errori trascorsi nell’originale. Le differenze nei caratteri tipografici sono più evidenti per cifre e punteggiatura, mentre l’impaginazione si differenzia sin dall’apertura del testo. La stampa ticinese ebbe senz’altro il pregio di favorire per prossimità una lettura italiana del Discorso, preambolo a una proposta dantesca che Foscolo concepì anzitutto a beneficio degli italiani, non accontentandosi delle mode letterarie inglesi che pure l’editore aveva inteso sfruttare.
Frontespizi dei due volumi de Il secolo di Dante,
commento storico arricchito delle illustrazioni foscoliane nella seconda edizione del 1830.
Da questo momento le illustrazioni storiche di Foscolo sul poema dell’Alighieri avrebbero preso a circolare rapidamente, irrobustendo opere come Il secolo di Dante, il commento dedicato da Ferdinando Arrivabene alla Commedia, giunto a seconda stampa nel 1830. Più in generale, altre occasioni di associazione tra l’esule fiorentino e il cantore delle sacre sponde sarebbero giunte con l’onda mazziniana, perdurando per l’intero Risorgimento. Nella seconda metà del XIX secolo, non pochi lettori dell’Ortis sarebbero rimasti suggestionati dall’epigrafe posticcia, retorica ma certamente calzante, che in alcune edizioni del tempo apriva il romanzo con i celeberrimi versi danteschi:
[…] libertà va cercando, ch’è sì cara, | come sa chi per lei vita rifiuta (Purg, I, 71-72).
I due volumi dell’edizione luganese del Discorso sul testo della Commedia di Dante (prima edizione Pickering) sono consultabili in Biblioteca con segnatura Salone.Loggia.Q.2/6-7. Per una versione criticamente aggiornata e cronologicamente documentata di questo e degli altri studi su Dante il rimando indispensabile è ai due tomi del volume IX dell’Edizione Nazionale delle opere di Ugo Foscolo, disponibili in lettura con segnatura Sala.4.N.5.1/9/1-2.
Tra le numerose edizioni del Foscolo presenti in Biblioteca si segnala per precocità e completezza il volume di Prose e versi nella prima impressione milanese di Giovanni Silvestri del 1822 (segn. Salone.Cassapanca.3.4.38). L’opera in due volumi di Ferdinando Arrivabene Il secolo di Dante, nella seconda stampa con le illustrazioni storiche del poeta, è consultabile con segnatura Salone.Q.3/43-44.