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Grazie a un ricco patrimonio di testi scientifici, la Biblioteca Civica Angelo Mai offre per Bergamoscienza 2016 una mostra di opere manoscritte e a stampa antiche e moderne, di periodici e documenti archivistici che raccontano la storia della farmacopea erboristica e della medicina naturale.

L’uso di erbe e piante officinali è legato a nomi importanti della medicina e al progressivo perfezionamento di una strumentazione atta a trattare al meglio i principi attivi delle sostanze vegetali. La lunga storia della  farmacopea naturale si ritrova negli antichi erbari, nei trattati farmaceutici, nelle opere di divulgazione generale e nei documenti archivistici e a stampa legati al territorio bergamasco. Per questa mostra, sono stati selezionati esemplari interessanti anche da un punto di vista iconografico, le cui immagini accurate documentano sia l’aspetto scientifico del corretto riconoscimento delle singole erbe in natura, sia la varietà delle tecniche decorative utilizzate. Esempio straordinario della felice unione di sapere botanico e splendore delle illustrazioni è il codice di Antonio Guarnerino, noto con il titolo Herbe pincte, redatto nel 1441 nell’ambito della scuola medica dell’Università padovana.

Le piante della salute. Tra storia, botanica e scienza

La cognizione degli effetti benefici o nocivi delle sostanze vegetali presenti nell’ambiente naturale risale alla preistoria, ma l’incapacità di comprenderne i meccanismi curativi porta spesso le prime comunità a immaginare interventi soprannaturali di tipo magico e divino. E’ la civiltà greca, intorno al 500 a.C., a dare un apporto notevole alla conoscenza delle erbe officinali: Ippocrate attribuisce alle malattie cause naturali e prescrive rimedi vegetali; Aristotele si interessa di botanica e di scienze naturali; Teofrasto, autorità per eccellenza fino a tutto il Medioevo, aggiunge in un giardino ateniese semi di piante medicinali; Galeno, medico greco-romano il cui pensiero domina in Occidente fino al Rinascimento, espone la sua dottrina  anche in trattati di farmacologia. Nei secoli che vedono la prima diffusione del cristianesimo, lo studio dei farmaci cade in abbandono poiché la malattia è trattata solo con la preghiera, ma a partire dal VI secolo si afferma, grazie al monachesimo, una farmacopea empirica che trae dagli ‘orti dei semplici’ i composti curativi per le più diverse affezioni. Già dal VII secolo medici arabi traducono dal greco le principali opere della classicità, realizzando compendi di medicina, chirurgia e farmacologia, mentre in Occidente scienza, stregoneria e magia ancora si mescolano nella medicina popolare e nella farmacopea professionale. Il IX secolo vede lo sviluppo della Scuola Salernitana, il maggior centro europeo di studi medici che, fondendo le culture greco-romana ed ebraico-araba e applicandole in una prassi di cura quotidiana, elabora una nuova cultura farmacologica e fitoterapica che domina tutto il Medioevo. Nel Rinascimento, ‘età dell’oro’ per gli erboristi, i grandi viaggi esplorativi nelle Indie e nel continente americano contribuiscono al progresso scientifico nella conoscenza e nell’uso delle piante officinali.

Nel XVI secolo, Paracelso, alchimista, astrologo, medico e filosofo svizzero, sviluppa la ‘teoria delle  segnature’, secondo la quale il potere curativo delle piante è associato alla corrispondenza tra la forma della pianta stessa e le  parti del corpo umano. Egli intuisce che dai vegetali si possono estrarre e isolare  principi attivi che hanno una maggior efficacia curativa. Paracelso fonda una nuova disciplina, la iatrochimica, che prevede la cura delle malattie mediante l’uso di sostanze minerali e di prodotti chimici: è l’antenata della moderna chimica farmaceutica. Con l’istituzione delle prime cattedre universitarie di botanica sperimentale a Padova e a Bologna (1533-1539), sorge la necessità di avere a disposizione esemplari di piante essiccate per insegnare agli allievi come riconoscere le piante officinali e medicinali. Per allestire gli erbari didattici, vengono reintrodotti ‘orti dei semplici’ a Pisa, Padova e Firenze. Mentre l’elenco delle piante si arricchisce, nuovi strumenti d’osservazione – quali il microscopio e il refrigeratore – e lo sviluppo della biochimica permettono di riconoscere e isolare i principi attivi delle piante medicinali in base ai componenti chimici che esse contengono. Con il successivo processo di industrializzazione nascono le grandi industrie chimiche europee e i farmaci di sintesi diventano un prodotto commerciale. In questi ultimi decenni la fitoterapia, che era stata messa in ombra dal diffondersi dei farmaci di sintesi, è riscoperta, sia come metodo integrativo da affiancare alla terapia tradizionale, sia come rimedio più blando, con meno controindicazioni ed effetti collaterali. Oggi dunque, ancor più di un tempo, il medico, il farmacista, l’erborista, devono avere specifiche conoscenze non solo farmacologiche e tossicologiche, ma anche di tipo erboristico per poter utilizzare efficacemente a fini curativi piante, arbusti e fiori.

Strumenti della farmacia

Gli strumenti usati fino a tutto il Medioevo sono di tipo empirico. Innanzitutto il mortaio, di diverse dimensioni, forme e materiali, strumento principe della farmacia per ridurre le sostanze in polvere, tanto da diventarne spesso il simbolo. I mortai di grandi dimensioni, propri delle spezierie nelle quali si trattano ingenti quantità di sostanze, sono spesso corredati da accessori che ne rendono più agevole l’uso e sollevati da terra con un apposito e robusto supporto in legno in modo da facilitare l’uso del pestello. Per ottenere polveri particolarmente uniformi e fini si usano mortai in porfido o altre pietre dure accuratamente levigate. Mentre si conservano antichi mortai in bronzo di valore artistico, fusi con particolare cura da abili maestri e spesso datati, firmati e sontuosamente decorati, ancor oggi si utilizza questo strumento per le preparazioni erboristiche. Nelle spezierie, trovano posto accanto al focolare il vasellame in terracotta e vetro, gli apparecchi di distillazione, i crivelli, i filtri, i torchi, i recipienti in rame stagnato per contenere, decantare e riscaldare le sostanze vegetali. Dalla fine del XVI secolo, con l’ingresso della chimica in farmacia, i cristallizzatori, i distillatori, gli alambicchi e i refrigeratori diventano i nuovi strumenti, in vetro o in rame, funzionali alle nuove necessità. Un ulteriore progresso della strumentazione farmaceutica avviene nel corso del XIX secolo durante il quale si allestiscono laboratori chimici di tutto rispetto e macchine per la produzione semi industriale di sciroppi, soluzioni alcoliche, capsule, compresse, pomate; a fine secolo si aggiungono autoclavi, filtri in ceramica, stufe a secco, soffierie e infilatrici. L’attuale crescente richiesta di prodotti naturali o personalizzati favorisce il recupero di un’attività di preparazione galenica, supportata da attrezzature moderne ed efficienti, mirata alla produzione di estratti fitoterapici per le cure naturali.

Le piante officinali

Le piante officinali impiegate nella medicina antica sono quasi sempre spontanee, di campo o di bosco, mentre più raramente sono usate le piante coltivate, di giardino o di orto. L’uomo ha attribuito da sempre poteri curativi e benefici alle erbe, agli arbusti e agli alberi che si sviluppano  nell’ambiente circostante, espressioni della forza vitale e quasi spirituale della natura. Il più antico erbario medico è compilato in Cina intorno al 3000 a. C.; anche nell’Antico Egitto e fra i popoli della Mesopotamia fonti scritte e iconografiche testimoniano la conoscenza approfondita delle piante medicamentose. Le erbe medicinali che maggiormente ricorrono negli erbari, sono la bardana, la camomilla, l’equiseto, la menta, l’ortica, la ruta, la salvia; tra gli alberi e gli arbusti sono presenti l’alloro, il biancospino, il gelso, il ginepro, il vischio, la rosa canina, il salice, il sambuco, il tiglio, la mandragola. Tutti sono utilizzati per ‘preparati galenici’, composti che prendono il nome da Galeno di Pergamo. La cultura medica araba si avvale di conoscenze chimiche che prevedono l’aggiunta di sostanze minerali ad erbe e piante officinali; si apre a Bagdad la prima farmacia e nei bazar si acquistano composti richiesti anche dalle scuole mediche che si vanno affermando in Europa. In Occidente, il monacus medicus medievale seleziona sementi e si tiene in contatto con altri monasteri per la coltivazione di nuove piante; i collegi dei medici e dei farmacisti pubblicano i primi ricettari di farmacopea in volgare. All’inizio del Cinquecento, Paracelso intuisce che dai vegetali si possono estrarre e isolare principi attivi e sviluppa la teoria della ‘segnatura’, secondo la quale le piante curative porterebbero, già nella loro forma, i segni caratteristici delle loro proprietà. Dal XVI secolo, sono via via riconosciuti e isolati nuovi principi attivi e le piante officinali sono oggi classificate e utilizzate in base ai componenti chimici che contengono.

Opere esposte

  • Inventario della bottega dello speziale Antonio Raspi redatto a Bergamo il 7 dicembre 1776 dal notaio Carlo Maria Oprandi. Archivio storico del Comune di Bergamo, Sezione Antico Regime, serie Miscellanea, anno 1776
    Il documento contiene l’inventario dettagliato della bottega di uno speziale bergamasco nella seconda metà del Sette-cento. Nel lungo elenco figurano numerosi estratti e radici di piante officinali, come l’estratto di papavero, di genziana e di persicaria maculata e la radice di malva e di ciclamino, e diverse varietà di spezie, come il cardamomo, la curcuma, la cannella e lo zafferano. Una parte dell’inventario è riservata agli attrezzi della bottega, tra cui un alambicco con coperchio di rame, una bilancia d’ottone, un cucchiaio di ferro e sei spatole d’ottone. Infine sono nominati i contenitori necessari per la conservazione e la preparazione delle sostanze: vasi di maiolica, bicchieri di cristallo e ampolle.
  • Basilius Besler (Norimberga, 1561 – 1629), L’herbier des quatre saisons ou Le jardin d’Eichstätt, Preface de Pierre Gascar, textes de Gerard G. Aymonin, Parigi, Citadelles, 1988. G 5 231
    Il nome di Besler, botanico, farmacista, collezionista nonché tipografo, si lega indissolubilmente allo Hortus Eystettensis, fastoso giardino di Eichstätt, in Baviera, che egli aveva contribuito a realizzare su incarico del principe vescovo Johann Konrad von Gemmingen, appassionato botanico.
    Il giardino è descritto con estrema chiarezza nel monumentale Hortus Eystettensis (qui esposto in edizione moderna con il titolo Herbier des quatre saisons) pubblicato nel 1613 in 300 esemplari. Tra le 850 pagine che illustrano 1084 piante, raffigurate quasi sempre a grandezza naturale e con ricchezza di dettagli, Besler inserì, con l’aiuto di vari incisori, 367 calcografie in formato imperiale, incise su rame e acquarellate a mano.
    Nella sua opera, Besler confeziona il più moderno erbario del suo tempo catalogando 349 specie tedesche, 209 dell’Europa meridionale e sud-orientale, 63 asiatiche, 9 africane e 23 americane; organizzate secondo l’ordine delle stagioni e, rispecchiando fedelmente lo stato della flora prima dell’arrivo massiccio delle specie da oltreoceano.
  • Antonio Guarnerio, Herbe pincte. Codice MA 592 della Biblioteca civica di Bergamo, a cura di Giovanni Silini, prefazione di Angelo Stella, introduzione di Vera Segre, note testuali e linguistiche, glossario di Giuseppe Polimeni, Gorle, Iniziative culturali, 2000. G 4 3124.
    Si espone la riproduzione facsimilare del manoscritto, allegata al volume.Il codice di Antonio Guarnerino (o Guarnerio), noto con il titolo Herbe pincte, è un erbario con illustrazioni popolari che rappresenta tuttavia un notevole esempio della cultura medica padovana sviluppatasi nell’ambito dell’Università durante il XV secolo. A carta 44 il pittore stesso si firma e si dichiara autore delle rappresentazioni delle erbe, apponendo la data, abbastanza precoce per la tradizione degli erbari, del 1441: “Iste herbe pincte sunt per me magistrum Antonium Guarnerinum filium olim Bonaventure de Padua et fuerunt pincte ad honorem et individue Trinitatis patris et Filii et Spiritus Sancti in millesimo quatorcentesimo quadraiesimo primo decimo octavo iulii in civitate Feltrina”. La prima parte del manoscritto è dedicata a 74 piante (rimedi semplici) illustrate in scene figurate; la seconda contiene 150 disegni di piante presentate secondo i cosiddetti ‘schemata’ botanici italiani: già preparate per l’erbario e senza alcun effetto naturalistico. Il testo è scritto in volgare e la probabile area di provenienza del codice è Feltre; nel secolo XIX il volume compare in un inventario dei libri posseduti dal medico bergamasco Luigi Carrara (Bergamo, Bblioteca Civica Angelo Mai, AB 208).
  • Antonio Guarnerio, Erbolario bergomense, 1441 a.D. Codice λ 1°, 3 della Biblioteca civica di Bergamo, testo di Gabriele Mandel, edizione d’arte a cura di Ketto Cattaneo, Milano, Inverni Della Beffa, 1971. ANG. 4 411.
    Questa edizione d’arte che riproduce alcune tavole dell’erbario bergamasco compilato da Antonio Guarnerio, è stata tirata in 3.000 copie numerate contenenti 24 tavole in facsimile, a colori. Il testo introduttivo è curato da Gabriele Mandel, già docente di Scienze grafiche al Politecnico di Torino. Le tavole di quest’edizione facsimilare sono di qualità tanto elevata da poter essere scambiate per gli originali.
  • Hortus siccus pisanus. L’erbario settecentesco della biblioteca di Castiglion Fiorentino, edizione a cura di Leonardo Mangionami, Montepulciano, Le Balze, 2005. G 4 3811.
    Il manoscritto Hortus siccus pisanus, attribuito a Liborio Tommasini e conservato nella Biblioteca Comunale di Castiglion Fiorentino, è una testimonianza diretta dell’interesse settecentesco per gli studi botanici.
    Nel secolo dei Lumi il desiderio di una conoscenza organizzata e approfondita sostiene e orienta l’interesse per le discipline naturalistiche: grazie agli studi correlati di botanica e medicina, le piante officinali e i loro usi terapeutici sono testimoniati sia in erbari, libri in cui le piante sono descritte e illustrate con precisione, sia in orti sicci, cioè testi in cui la descrizione è corredata da piante essiccate, imprescindibili alla conoscenza diretta delle erbe finalizzata alla speculazione scientifica.
  • Aulo Cornelio Celso (14 a.C. circa – 37 d.C. ca.), Aurelii Cornelii Celsi Medicinae liber primus incipit, Venezia, Giovanni Rosso, 1493. Inc. 3 12.
    Nelle pagine aperte, si leggono numerose indicazioni fitoterapiche relative all’apparato digestivo. Celso, enciclopedista e medico romano, fu profondo conoscitore di Ippocrate. Della sua opera principale, il De artibus, è giunto a noi solamente il Trattato sulla medicina (dietetica, farmacologia, chirurgia) che contiene tutte le conoscenze greche e romane dei suoi tempi. La possibilità di apprendere in un latino elegante e semplice un’arte che tradizionalmente era tramandata in greco, favorì una grande diffusione della sua opera che dominò con autorevolezza la didattica medica romana fino all’arrivo di Galeno. Rimasto pressoché ignoto durante il Medioevo, il Trattato fu trovato da papa Niccolò V e pubblicato nel 1478.
  • Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, mis en ordre & publie par m. Diderot … & quant a la partie mathematique, par m. D’Alembert …, Livorno, 1770-1779, 33 volumi (17 vv. di testo più 4 di supplemento, 11 vv. di tavole. più 1 di supplemento). Recueil de planches…, Planche 102: Histoire naturelle. Salone H 10 26
  • Ippocrate (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C., termine post quem), Hippocratis Coi De morbis popularibus liber primus una cum tribus commentarijs Galeni, Hermanno Cruserio Campensi interprete…, Parigi, presso il Collegio della Sorbona, con i tipi di Gérard Morrhius, 1531. Cinq. 4 587.
    Il De morbis popularibus fa parte del Corpus Hippocraticum, una collezione di circa settanta opere che trattano vari temi – tra i quali spicca la medicina – scritte in greco antico nel corso di vari secoli e aggregate tra di loro in un’epoca imprecisata. Il Corpus presenta contenuti davvero innovativi, tanto da far considerare Ippocrate il fondatore della scienza medica, avendo egli conferito per la prima volta carattere autonomo e specifico ad una pratica fino ad allora empirica.
  • Lemery Nicolas (Rouen 1645 – Parigi 1715), Farmacopea universale che contiene tutte le composizioni di farmacia le quali sono in uso nella medicina…, Venezia, Giovanni Gabriele Hertz, 1720. Sala 41 B 10 1.
    Accanto al frontespizio, un’antica ricetta manoscritta per la preparazione di un infuso fitoterapico redatta al verso dell’ultima carta. Lémery  fu uno dei maggiori esponenti della chimica francese di fine ‘600. Quale apotecario del re e proprietario di una famosa farmacia parigina, ebbe modo di fare importanti osservazioni sperimentali e insegnare la chimica con grande successo, sia ai farmacisti sia ai nobili e ai borghesi. Il Cours de chymie (1675), la Pharmacopée universelle (1697), il Traité universel des drogues simples (1698) e il monumentale Traité de l’Antimonine (1707) sono le sue opere maggiori.
  • Matteo Selvaggio (sec. XVI), Liber pandectarum medicinae, Venezia, Boneto Locatello, ed. Ottaviano Scoto, 1498. Inc. 1 47.
  • Arnaldo da Vilanova (sec. XVI),, Tractatus de virtutibus herbarum, Venezia, Cristoforo Pensi, 1502. Cinq. 3 923.
  • Teofrasto (Ereso, 371 a.C. – Atene, 287 a.C.), De historia plantarum, libri 9. et decimi principium. De causis, siue generatione plantarum, libri 6. Theodoro Gaza interprete. Cum eorum omnium quae his Theophrasti libris continentur, indice, Basilea, eredi Andreas Cratander, 1550. Cinq. 6 704.
    Tra le opere del filosofo e botanico greco discepolo di Aristotele, rivestono grande importanza due ampi trattati botanici. Nel primo, Storia delle piante, sono classificate oltre cinquecento piante, divise in alberi, frutici, suffrutici, erbe; nel libro IX sono classificate, per la prima volta nell’antichità, droghe e medicinali con il loro annesso valore terapeutico.
    I due testi costituiscono il più rilevante contributo allo studio della botanica fino a tutto il Medioevo; per questo motivo, alcuni studiosi hanno soprannominato Teofrasto ‘Padre della tassonomia’.
  • Otto Brunfels (Magonza, 1488 – Berna, 1534), Herbarum vivae eicones ad naturae imitationem, tt. II-III, Strasburgo, Iohann Schott, 1532-1536. Cinq. 6 681.
    Le opere di botanica di Otto Brunfels, medico e botanico tedesco, segnano un vero progresso rispetto alle precedenti.
    Le illustrazioni sono reali e non una servile copia delle opere antiche. Linneo lo definì “padre della botanica moderna” e gli dedicò un genere botanico delle solanacee chiamandolo Brunfelsia.
    Nel suo Herbarum vivae eicones, che comparve in tre tomi illustrati da Hans Weiditz (allievo di Dürer), le piante sono rappresentate in modo realistico e con le loro imperfezioni; i testi sono ispirati alle opere di Dioscoride.
  • L’erbario essiccato di Domenico Coscarelli (Capua 1804) del Museo Correale di Terranova, a cura di Mario Russo. Catalogo della mostra tenuta a Sorrento nel 2006, Museo Correale di Terranova, Sorrento, Nicola Longobardi, 2006. G 4 4337.
  • Biblioteca Medicea Laurenziana, Piante e fiori nelle miniature laurenziane, secc. 6.-18. Firenze, 5 aprile-10 giugno 1986, Catalogo a cura di Guido Moggi e Mario Tesi, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 1986. G 3 7472.
  • Claudio Galeno (Pergamo 130 d. C. – 200 d. C. circa), Recetario de Gaglieno optimo e probato a tutte le infirmità che acadeno a homini & a donne de dentro & di fuora alli corpi humani traduto in vulgare per maestro Zuane Saracino medico excellentissimo ad instantia de lo Imperatore, Milano, Niccolò Gorgonzola, 1519. Cinq. 3 751.
    A Galeno sono attribuite oltre 400 opere di anatomia, patologia, terapia, diagnostica e prognostica, commentari agli scritti ippocratici, filosofia e grammatica. Le più note tra quelle pervenute sono il Methodus medendi, che riassume il sistema galenico, e l’Ars medica.
    Il suo complesso sistema dottrinale ha dominato la medicina occidentale per tredici secoli: soltanto nel Rinascimento, si cominciò, con grande cautela a metterlo in discussione. Dal suo nome deriva la Galenica, l’arte praticata dai farmacisti  per preparare i medicamenti.
  • Garcia da Orta (Castelo de Vide, 1501 – Goa, 1568), Due libri dell’historia de i semplici, aromati, et altre cose; che vengono portate dall’Indie Orientali pertinenti all’uso della medicina, Venezia, Francesco Ziletti, 1582. Cinq. 2 367.
    Garcia de Orta, botanico portoghese e medico in India, descrisse nel 1543, primo tra gli occidentali, il morbo del colera e introdusse in Europa, nel 1548, la coltivazione del limone. Nel 1563 pubblicò i suoi Coloquios dos simples e drogas he cousas mediçinais da India, tradotta poi in latino da Carolus Clusius nel 1567.
  • Philipp Müller (Friburgo in Brisgovia, 1585-1659), Miracula chymica, et mysteria medica, Rouen, Jean Berthelin, 1651. Locatelli 1 254.
    Trattato farmaceutico che include una sezione dedicata alla pietra filosofale e alla sua trasmutazione. Le illustrazioni presentano la ‘torre filosofica’, uno degli strumenti indispensabili al filosofo-medico per ottenere i ‘miracoli chimici’, e alcune ricette fitoterapiche ovvero ‘misteri medici’.
  • Pietro Andrea Mattioli (Siena, 12 marzo 1501 – Trento, 1578), Commentarii, in libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei, de medica materia. Adiectis quam plurimis plantarum & animalium imaginibus, eodem authore, Venezia, officina Erasmiana, presso Vincenzo Valgrisi, 1554. Cinq. 7 726.
    Prima edizione latina dei Discorsi o Commentari di Pietro Andrea Mattioli, umanista e medico, al De materia medica di Dioscoride. Mattioli tradusse l’opera dal greco e la completò con i risultati di una serie di ricerche su piante dalle proprietà ancora sconosciute all’epoca. I Discorsi, opera fondamentale sulle piante medicinali, sono stati un vero punto di riferimento per scienziati e medici per diversi secoli.
  • Castore Durante (Gualdo Tadino, 1529 – Viterbo, 1590), Herbario nuovo con figure che rappresentano le vive piante, che nascono in tutta Europa, & nell’Indie orientali & occidentali. Con versi latini, che comprendono le facoltà de i semplici medicamenti…, Roma, Bartolomeo Bonfadino  e Tito Diani, 1585. Cinq. 7 124.
    Prima edizione dell’Herbario nuovo di Castore Durante, medico, botanico e poeta del Rinascimento. Presenta una collezione di piante medicinali dell’Europa e delle Indie Orientali e Occidentali, illustrate da Leonardo Parasole da Norcia; ciascuna specie include “nome, forma, loco, qualità, virtù” in italiano e latino. L’erbario fu integrato e ripubblicato in 11 edizioni italiane, un’edizione tedesca e una spagnola e le ristampe proseguirono per oltre centotrenta anni.
  • Erbari e iconografia botanica. Storia delle collezioni dell’Orto botanico dell’Università di Torino, a cura di Franco Montacchini, Torino, Allemandi, 1986. Veneg. 4 24.
  • Di sana pianta: erbari e taccuini di sanità. Le radici storiche della nuova farmacologia, Catalogo della mostra tenuta a Padova nel 1988, Modena, Panini, 1988. G 4 953.
  • Fabio Colonna (Napoli, 1567-1650), Bianchi, Giovanni (1693-1775), Fabi Columnae Lyncei Phytobasanos cui accessit Vita Fabi et Lynceorum notitia adnotationesque in Phytobasanon Iano Planco Ariminensi auctore…, Firenze, Pietro Gaetano Viviani, 1744. Sala 2^ loggia O 7 4.
    Contiene Plantarum aliquot antiquorum delineationibus magis rispondentium Historia Fabio Columna auctore.
    Fabio Colonna studiò giovanissimo latino e greco, quindi si laureò in giurisprudenza. Costretto da una precaria salute ad abbandonare l’attività in campo giuridico, si dedicò a studi eruditi su testi antichi di medicina, quindi di botanica e di storia naturale. Con la pubblicazione dei suoi primi lavori, raggiunse tra i naturalisti una tale notorietà da essere accolto tra i primi iscritti all’Accademia dei Lincei di Napoli.
  • Fuchs, Leonhart  (Wemding, Baviera 1501-Tubinga, 1566), Plantarum effigies, è Leonartho Fuschio, ac quinque diuersis linguis redditae. Effigies des plantes par Leonarth Fusch, auec leurs noms en cinq diuerses langues, Lione, Balthazar Arnoullet, 1549. Cinq. 1 1093.
    Fuchs è annoverato tra i padri fondatori della botanica tedesca ed è uno dei principali rappresentanti del neo-galenismo; scrisse oltre 50 volumi tra libri e trattati che gli diedero grande fama. Del 1543 è il New Kreüterbuch (Nuovo libro delle essenze) opera che descrive oltre 400 piante europee e più di 100 piante esotiche, accompagnate da 511 xilografie.
    Nella piccola cinquecentina esposta, le illustrazioni sono corredate da nomenclatura plurilingue.
  • Rivista italiana. Essenze, profumi, piante officinali, olii vegetali, saponi. Periodico mensile illustrato-tecnico e di difesa professionale per le industrie della profumeria-liquoreria-confetteria-farmacia-drogheria, Milano, 1939-1962. Sala 23 picc. 53.
    La rivista contiene un’interessante rubrica sulle piante officinali che propone articoli di medici, botanici, chimici e farmacisti.
  • La salute nelle campagne per gli uomini, gli animali e le piante: rivista mensile illustrata, Cremona, 1923-1929. Sala 30 83.
    Tra i vari articoli, il periodico offre alle famiglie contadine  alcune pagine dedicate alle piante medicinali. Nel numero esposto è descritta la Belladonna, in modo particolare nelle sue potenzialità nocive.
  • Ferdinando Cazzuola, Le piante utili e nocive agli uomini e agli animali che crescono spontanee e coltivate in Italia. Con brevi cenni sopra la coltura, sopra i prodotti e sugli usi che se ne fanno. Ad uso di tutte le scuole del Regno d’Italia, Torino, Loescher, 1880. ExCav 2 553.
  • Caterina Kolosimo, Il libro delle piante magiche. Alberi parlanti erbe dell’ immortalità, profumi e magie. Il primo manuale sul mondo vegetale occulto. Coll. 22 773.
    Dall’Indice: Alambicchi vegetali; Le erbe dell’immortalità; Fitologia, zodiaco e alchimia; Abete, agrifoglio e vischio; Flora marziana.
  • Almanacco sanitario, Periodico mensile illustrato-tecnico e di difesa professionale per le industrie della profumeria-liquoreria-confetteria-farmacia-drogheria…, Milano, 1939-1962. Sala 23 picc. 53.
  • Per una storia della farmacia e del farmacista in Italia, v. 6, Milano e Lombardia, testi di Carlo Cipolla, Andrea Russo, Dante Zanetti; fotografie di Stefano Monetti, Bologna, Skema, 1992. P 4 8/6.
    A piena pagina, una fotografia della farmacia aperta a Bergamo, in Città Alta, alla fine dell’Ottocento e ancor’oggi funzionante con gli arredi storici.
  • Gabriele Prezati  (m. 1509), Tractatus valde utilis flagellum Dei intitulatus subtilissimi artius & medicine doctoris d. Magistri Gabrielis Preciati Bergomensis; de preseruatione ac curatione pestis, Pavia, Giacomo Pocatela e Bartolomeo Morandi, 1504. Cinq. 2 1795.
    Scritto in caratteri gotici, questo breve Tractatus descrive, nel 4° capitolo, i rimedi curativi – molti dei quali erboristici – in caso di peste. Tuttavia, nel capitolo terzo, aggiunte al testo a stampa, si trovano due pagine che riferiscono di un rimedio ‘fideistico’: “Recipiat candela supra qua fuerit cantata missa in nocte nativitatis Domini Nostri Iesu Christi … quod preservat a tali demonio pestifero”.
  • Collegio dei Medici (Bergamo), Pharmacopoea Collegii medicorum Bergomi, rationem componendi medicamenta vsitatiora complectens. Altera editio non solum pharmacopoeis, sed etiam medicis, & philiatris…, Bergamo, Comino Ventura, 1581. Cinq. 6 36.
    Questa Pharmacopoea, redatta dal Collegio dei medici bergamaschi a tutela degli stessi professionisti e dei loro pazienti, si compone di ben undici sezioni tematiche – Sciroppi, Succhi medicati e decotti, Pillole, Polveri, Antidoti…- e copiosi indici. Nella parte finale, è presente un dizionario che riassume, per ciascuno degli elementi vegetali, minerali o animali indicati nella Pharmacopoea, le proprietà curative e le modalità di utilizzo.

Bergamo, Biblioteca Civica Angelo Mai, Atrio scamozziano, 3 – 31 ottobre 2016

Curatori delle mostra: Mario Casirati,  Mino Colombo, Marcello Eynard, Armando Grasso, Luca Guaschetti, Lorenza Maffioletti, Gabriella Manna, Francesca. Marchesi, Maurizio Mossali, Laura Rossini, Gabriella Tabeni, Laura Taricco