Nel 1950, preparandosi a commemorare il settecentesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri, il Governo italiano commissiona al grande pittore surrealista catalano Salvador Dalí le illustrazioni dei cento canti della Divina Commedia. L’artista inizia subito a lavorare alla realizzazione di centodue acquarelli destinati ad essere pubblicati dall’Istituto Poligrafico dello Stato: le illustrazioni vengono presentate il 14 maggio 1954 a Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma, nell’ambito della prima retrospettiva di Salvador Dalí in Italia.
La decisione di affidare ad un artista non italiano le illustrazioni della Divina Commedia è causa di polemiche molto accese sia per i costi sia per la scelta stessa di Dalì: il cambio di governo costituisce l’occasione per affidare ad un pittore italiano l’illustrazione della Commedia e per revocare il contratto tra il pittore catalano e l’Istituto Poligrafico dello Stato. Quest’ultimo aveva già sostenuto le spese per il diritto di riproduzione delle illustrazioni della Divina Commedia mentre, per quanto riguarda gli acquarelli, lo stesso accordo prevedeva che venissero restituiti al pittore dopo quattro anni. Rientratone in possesso, Salvador Dalí li vende nel 1959 all’editore francese Joseph Foret, che li pubblica a Parigi l’anno successivo con il titolo 100 aquarelles pour la Divine Comédie de Dante Alighieri par Salvador Dalí (Joseph Foret, Paris, 1960).
La pubblicazione italiana degli acquarelli avverrà solo nel dicembre 1963: presso la Scuola Grande di San Teodoro di Venezia le case editrici Adriano Salani di Firenze e Arti e Scienze di Roma organizzano una Mostra Internazionale del Libro d’Arte nella quale viene presentata l’edizione italiana della Divina Commedia illustrata da Salvador Dalí. La pubblicazione si deve a Milko Skofic, già proprietario della casa editrice Arti e Scienze che acquista, agli inizi degli anni ‘60, anche la Salani di Firenze.
Ne scaturisce una splendida edizione in sei volumi con tiratura limitata di 3044 copie. Quarantaquattro esemplari vengono impressi dall’Officina Bodoni di Verona su carta di tino del Giappone “Kaji Torinoko”; i restanti 3000 esemplari sono impressi dalla Stamperia Valdonega di Verona su carta a mano dei Fratelli Magnani di Pescia.
Giovanni Nencioni, nella sua premessa all’opera, sottolinea come sia «superfluo segnalare l’importanza dell’incontro tra la Divina Commedia e l’arte di Dalì, e l’impegno con cui il celeberrimo pittore surrealista si è applicato alla illustrazione dell’intero poema, come sarebbe arduo addentrarsi nelle ragioni e nei modi dell’incontro». Invita il lettore a tenere presente che «il contatto del testo di Dante col pennello di Dalì non è stato cogente ma sprigionante e inventivo; non rimpianga dunque la fedeltà che è solito chiedere all’illustrazione subordinata». Le immagini, che si riconducono al suo periodo “classicista”, sono infatti la trasposizione dell’opera dantesca nell’universo visionario del pittore catalano: Dalì nella Commedia ripercorre la sua evoluzione artistica, dal surrealismo dell’Inferno al misticismo del Paradiso, illustrando il testo attraverso il suo personale alfabeto simbolico e distanziandosi da qualsiasi precedente interpretazione figurativa come spiega l’artista:
«Poiché mi domandano la ragione per cui ho abbellito l’inferno con colori chiari rispondo che il romanticismo ha perpetrato l’ignominia di far credere che l’inferno fosse nero come le miniere di carbone di Gustave Dorè dove non si vede niente. Tutto ciò è falso. L’inferno di Dante è rischiarato dal sole e dal miele del Mediterraneo ed è per questo che i terrori delle mie illustrazioni sono analitici e supergelatinosi con il loro coefficiente di viscosità angelica»
A giudizio della critica, Dalì illustra il viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso reinterpretando il percorso dantesco in un’ottica psicoanalitica, ponendo al centro di ogni tavola un personaggio o un evento particolarmente significativo del canto. La rappresentazione è onirica e dissacrante: Inferno, Purgatorio e Paradiso emergono sospesi fra sogno e realtà, in un unico capolavoro, in cui all’eleganza del segno si coniuga un uso magistrale del colore. La figurazione è ironica, grottesca ed immaginifica nelle rappresentazioni dell’Inferno e del Purgatorio, mentre delicatissime e celestiali sono le rappresentazioni di Beatrice, come in un immaginario viaggio dell’artista dentro di sé. Il viaggio nell’oltre mondo dantesco è quindi interpretato in chiave metafisica e psicologica, mescolando in maniera magistrale il senso più profondo della Commedia con il senso artistico di Salvador Dalì, che mantiene la sognante atmosfera dantesca aggiungendo ad essa il suo inconfondibile tocco surrealista con le celebri figure molli, le stampelle, i corni di rinoceronte e le ossa volanti.
L’edizione Salani adotta il testo della Società Dantesca Italiana, curato da Giuseppe Vandelli per il centenario del 1921 – e poi da lui costantemente ritoccato – nello stato della decima edizione. Solo in pochi casi (citati) è adottata una lezione che appare decisamente migliore (vedi edizione commentata di Natalino Sapegno) e che tiene conto dei risultati della filologia dantesca aggiornata, in particolare degli studi di Giorgio Petrocchi. Speciale è l’ attenzione posta all’interpunzione e all’uso coerente delle maiuscole e minuscole. Anche l’eliminazione dei segni diacritici concorre a rendere più agevole e meno ambigua la lettura, modificando l’interpretazione o il ritmo. Il testo è impaginato allineato al centro, con rientro a sinistra del primo verso di ogni terzina; il primo verso di ogni canto è in carattere maiuscolo, in corpo maggiore e disposto su due righe, con iniziale colorata di altezza pari a tre righe.
Ogni canto è corredato da un acquarello a piena pagina. Furono necessari cinque anni di lavoro, dal ’60 al ’64 per incidere i 3500 legni ed imprimere in progressiva i 35 colori di ogni tavola; l’opera di incisione delle lastre in legno è stata realizzata dal Maestro Raymond Jacquet sotto la diretta supervisione dell’autore.
Le tavole sono prive di titolo e di citazioni; i riferimenti ai canti sono presenti ne “Le tavole dell’Inferno”, “Le tavole del Purgatorio” e “Le tavole del Paradiso” poste al termine dei volumi.
Il testo è a due colori, rosso per l’Inferno, viola per il Purgatorio e blu per il Paradiso. Ciascun volume è entro brossura con titolo in rosso al piatto anteriore; cartella e custodia in cartonato editoriali a motivi geometrici colorati.
Per la ricostruzione delle complesse vicende di questa edizione del poema dantesco è prezioso il saggio di Ilaria Schiaffini dal titolo La Divina Commedia di Salvador Dalí. Una storia italiana, pubblicato in “Critica del testo” XIV/2, 2011, pp. 643-674.
La Divina Commedia / illustrazioni di Dalì.- [Roma] : Arti e scienze ; [Firenze] : Salani, stampa 1963-1964. – 6 v. : 100 tav. ; 33 cm. – Ed. di 3044 esemplari di cui 44 stampati dall’Officina Bodoni di Verona. Esemplare n. 703. Collocazione: Sala 1 Cass. D 2 8/1-6.