Dante compone il Convivio presumibilmente fra il 1304 e il 1307 o, al massimo, fra il 1303 e il 1308, in ogni caso durante i primi anni dell’esilio. L’opera è coeva al De vulgari eloquentia ed è rimasta anch’essa incompiuta. La struttura originaria prevedeva un’introduzione generale e la presentazione ed il commento di quattordici canzoni, scritte dal poeta negli anni precedenti: ma il lavoro dell’autore si è interrotto dopo soltanto tre trattati, preceduti da un’introduzione che giustifica, fra l’altro, la scelta della lingua volgare per la trattazione di materie tradizionalmente affidate al latino. Le tre canzoni commentate, scritte dallo stesso Dante, sono: Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete, Amor che nella mente mi ragiona, Le dolci rime d’amor ch’ i’ solia.
Scritta nei primi anni dell’esilio, l’opera contiene una riflessione su quanto accaduto e su come salvare la dignità e la correttezza del proprio agire. Dante si rivolge ad un pubblico nuovo, emergente, diverso da quello accademico. Ecco perché la scelta del volgare. Alla spiegazione letterale segue quella allegorica, morale e anagogica ovvero quell’interpretazione del testo che rimanda a significati altri e superiori.
Il Convivio è componimento misto di versi e prosa, genere già noto nel mondo classico – si pensi, ad esempio al Satyricon di Petronio – e rientra nella tradizione dei commenti poetici, ma è eccezionale la circostanza di un poeta che commenta sé stesso introdotta dallo stesso Dante nella Vita Nuova. Utilizzando un tipo di commento legato all’insegnamento teologico e filosofico-medico in uso nelle università (Bologna, Parigi, Oxford) con inserimento di dubbi e questioni, il ricorso alla parafrasi e alle catene di sillogismi, l’uso dell’allegoria, Dante rivoluziona la tradizione del commento per lemmi, per parole, con riferimenti etimologici e precisazioni grammaticali e sintattiche. Nel quarto libro le considerazioni di carattere cosmologico e fisico lasciano il posto ad una netta prevalenza di tematiche etiche e politiche che danno modo all’autore di accogliere e rielaborare posizioni diverse.
Fondamentale la scelta del volgare come lingua di rango, con tutte le sue potenzialità comunicative, capace di raggiungere e perfino superare il livello del latino. Nel Convivio la similitudine poetica traduce in immagini concetti astrattamente scientifici. Ardita la contaminazione di linguaggi diversi ritrascritti in un registro del tutto nuovo e inimitabile.
Benché i primi commentatori dell’opera si affaccino già in pieno Trecento, la trasmissione del testo non fu né immediata né accurata: dei quaranta manoscritti più antichi pervenuti, solo due risalgono al secondo o al terzo quarto del Trecento, mentre gli altri sono tutti databili dalla fine del Trecento alla metà del Quattrocento. Tutti sono lacunosi e corrotti per quanto discendenti da un unico archetipo anch’esso evidentemente di cattiva qualità.
Numerose le edizioni del Convivio, antiche e moderne, possedute dalla Biblioteca Angelo Mai. La più antica posseduta, quella veneziana del 1529 per l’editore Niccolò Zoppino (segnatura: Cinq.1.762) che si rifà all’editio princeps del 1490, è caratterizzata da un frontespizio xilografico nel quale una cornice riccamente decorata racchiude al centro l’effige di Dante, visto di profilo, e il titolo L’amoroso Convivio di Dante, con la additione, & molti suoi notandi, accuratamente revisto & emendato. MDXXIX. Segue un ricco indice degli argomenti trattati. L’esemplare è legato con la Physionomia del matematico, filosofo e studioso scozzese Michael Scot pubblicata l’anno successivo, in una coperta in cartone rivestito di pergamena.
La Biblioteca possiede anche l’edizione veneziana del 1531, con lo stesso titolo, per l’editore Melchiorre Sessa (segnatura: Cinq.1.1979). La marca tipografica di quest’ultima, posta al termine del volume, raffigura un gatto con un topo in bocca, in un cerchio sormontato da corona e le iniziali «M» «S». La stessa raffigurazione è presente anche nella cornice xilografica che adorna il frontespizio caratterizzata da elementi fitomorfi, zoomorfi e antropomorfi. L’esemplare ha una coperta in pergamena floscia. Al taglio inferiore è stata impressa a mano con inchiostro l’indicazione «Convito di Dante».
E’ anche presente un esemplare di quella che è considerata la prima edizione moderna dell’opera: si tratta di un’edizione veneziana pubblicata nel 1741 da Giambattista Pasquali che recita Delle opere di Dante Alighieri. Tomo I contenente il Convito, e le Pistole, con le Annotazioni del Dottore Anton Maria Biscioni fiorentino (segnatura: Sala 3 I 5.19). Nella lettera ai lettori si avvisa che le opere contenute nel volume «si sono prese da’ miglior fonti; cioè dalle più accreditate impressioni». La prima pagina dell’opera riprende l’indicazione di autore e titolo preceduta da un elemento decorativo. La prima iniziale del testo è decorata.
Venendo a tempi più recenti, segnaliamo un’elegante edizione critica del Convivio uscita a Firenze per l’editore G. Barbèra nel 1919 (preceduta nel 1917 da un’edizione speciale in 100 esemplari, in formato più piccolo; la Biblioteca possiede la seconda edizione riveduta e corretta del 1921, segnatura: Morali 1193). Dopo l’occhietto, l’antiporta riproduce, in una fotografia in bianco e nero dei fratelli Alinari, il celebre ritratto di Dante a figura intera, dipinto da Domenico di Michelino conservato nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. Il volume, grazie all’utilizzo di un carattere piuttosto minuto e alla disposizione del testo su due colonne, riesce a contenere tutte le principali opere di Dante, compresa la Divina Commedia. Il frontespizio, oltre a presentare la marca tipografica, caratterizzata da una rosa sormontata dalla scritta «non bramo altr’esca», promette «un copiosissimo indice del contenuto». Si tratta di un indice generale, piuttosto articolato, dei nomi di persone, luoghi e cose per tutte le opere contenute nel volume. E’ il frutto del lavoro di due eminenti dantisti dell’epoca: Arnaldo della Torre e Ernesto Giacomo Parodi. Pregevole la coperta rigida telata con incisione dorata della marca tipografica al piatto anteriore e ripresa del titolo e altri elementi decorativi sul dorso. Il colore avorio della coperta contrasta con i tagli colorati in rosso.
Tra le numerose riproduzioni digitali delle opere presentate segnaliamo alcuni esemplari: L’amoroso convivio del 1529 e del 1531 presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna; Delle opere di Dante Alighieri, 1741, presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco; l’edizione Barbèra del 1919 è disponibile in Internet Archive grazie all’Università di Toronto.