Tra le edizioni italiane della Commedia pubblicate nel primo Ottocento e conservate in Biblioteca, spicca l’edizione in tre tomi stampata a Bologna nel 1826 dai tipografi arcivescovili Luigi Gamberini e Gaspare Parmeggiani che, a detta di alcuni bibliografi, riprodurrebbe, con frontespizio aggiornato, l’edizione, sempre bolognese ma più datata, del 1819-1821. Acquisiti dalla Biblioteca nel 1865 con il legato testamentario dei F.lli Carlo e Giuseppe Bravi, i tre volumi sono conservati alla segnatura storica del Salone (P.9.2), rilegati in unico tomo.
L’edizione si apre con una Vita di Dante scritta da Paolo Costa, letterato, poeta e filosofo ravennate (1771-1836). A quanto si legge nell’Enciclopedia Dantesca, questa biografia, apprezzata dall’accademico della Crusca Fruttuoso Becchi con le parole: «Va ella innanzi a tutte [le precedenti biografie] così per l’energia dello stile come per la profondità dei pensieri», ebbe un’ottima fortuna editoriale e fu riproposta per anni in edizioni successive. Costa è inoltre autore delle «brevi e chiare note» che accompagnano le terzine dantesche e delle appendici che corredano ogni cantica.
Se l’aspetto fisico dei libri può illuminarci riguardo al valore, al prestigio, alla grandezza di un autore – come ha insegnato lo storico Lucien Febvre – questa edizione bolognese è degna testimone del padre della letteratura italiana e del suo capolavoro. Infatti, la preziosità bibliografica di questa stampa della Commedia si deve proprio alla sua particolare bellezza formale, ottenuta grazie a scelte tipografiche eleganti e raffinate. Le pagine, in formato importante (in-4° grande, di 33 cm) e in carta velina bianchissima, accolgono l’opera di Dante in una mise en page di rara nitidezza: al margine destro figurano le brevi note redatte da Paolo Costa; al margine sinistro sono indicati i nomi dei luoghi e la condizione delle genti; a precedere ogni canto, sono apposti una tavola in rame che illustra un contenuto specifico o un personaggio del canto stesso e l’argomento composto in terza rima da Gaspare Gozzi, con funzione riassuntiva. Infine, i gruppi testuali di ciascuna pagina sono stampati in caratteri differenti per tipo e grandezza, in ragione della loro funzione, e tale accorgimento rende tanto più dinamica la pagina e agevole la scelta del lettore.
Questa edizione bolognese è nota con l’appellativo di ‘Macchiavelliana’ poiché fu curata dall’abate Filippo Macchiavelli con lo scopo di far conoscere gli intagli su rame dello zio Giovanni Giacomo Macchiavelli (Bologna, 1766 – Roma, 1811). E’ infatti arricchita da 101 tavole già «inventate ed intagliate» dall’artista tra il 1806 e il 1807. Giuliano Mambelli, bibliografo e redattore degli Annali di bibliografia dantesca, scrive che in questa edizione i rami di Macchiavelli furono ritoccati per ordine della Curia, «onde toglierne la nudità» e registra come nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna ne esista un esemplare con tavole doppie, ossia con le incisioni originali e con i rami ritoccati.
Ugo Foscolo espresse apprezzamento per il corredo iconografico della ‘Macchiavelliana’. Nella sua edizione londinese della Commedia (Rolandi, 1843), precisamente nelle Notizie e pareri diversi intorno a forse duecento codici, e alla serie delle edizioni della Commedia di Dante, paragonando queste tavole a quelle dell’edizione di Firenze, stampata all’insegna dell’Ancora nel 1819 (pure in-folio e in carta velina), delle prime scrisse che «hanno più vita, e più maestria d’arte che non quei piazzosi che adornano l’edizione fiorentina».
Nell’illustrazione è raffigurato un passaggio del canto III del Paradiso: nel Cielo della Luna, dove risiedono le anime di coloro che, senza colpa, mancarono ai voti fatti, Dante incontra Piccarda Donati.