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Nel 1943 l’Istituto geografico De Agostini dà alle stampe la Divina Commedia su testo critico della Società dantesca italiana. Espressa volontà dell’editore è che i versi danteschi possano salire «con l’impeto delle grandiosi sinfonie» e che la voce di Dante si faccia «intendere sola»: da ciò la scelta di commentare la Divina Commedia dando concretezza visibile al mondo dantesco attraverso l’uso della illustrazione che «mira alla sintesi dell’alto racconto e più ne fa intendere la bellezza», e non ricorrendo a note e commenti «sulle parole sui versi delle terzine», che costituirebbero «fastidiosi bisbiglii».

Le illustrazioni devono mantenere precise caratteristiche: escluse le interpretazioni personali che hanno «consumato la deformazione romantica dell’invenzione dantesca», o che hanno «ecceduto in rappresentazioni anatomiche le quali farebbero credere che (…) il mondo dantesco non accolga che una popolazione di ignudi», le «immagini vestite di sola bellezza» o legate a un verismo che «esclude i giovani dai casti incontri con l’Alighieri».

La scelta cade sul pittore e illustratore bergamasco Giovanni Battista Galizzi (Bergamo, 1882 –1963). Figlio di Luigi e Selene Scuri, entrambi pittori, Giovanni Battista si formò alla scuola dell’Accademia Carrara sotto il magistero di Cesare Tallone e successivamente di Ponziano Loverini e si perfezionò a Roma grazie all’Arciconfraternita dei Bergamaschiin Roma.
Artista fecondo, accostò alla produzione pittorica, con importanti commissioni religiose e civili, l’attività di illustratore per prodotti editoriali di pregio italiani e stranieri e quella di caricaturista e disegnatore satirico. In questa veste Galizzi partecipò a diverse esposizioni lombarde e nel 1912 presentò al Circolo artistico di Bergamo, con scanzonata ironia, i grandi pannelli con l’ illustrazione umoristica dell’Inferno di Dante che pubblicò in un quasi introvabile volume edito nello stesso anno dall’Istituto Italiano d’Arti Grafiche.

Per l’edizione De Agostini, di grande formato, nella quale ogni canto è disposto su due colonne con inizio a pagina destra e termine nella successiva pagina sinistra, Galizzi realizzò le 105 tavole a colori a piena pagina, ciascuna delle quali riporta nel margine inferiore i versi ai quali si riferisce. Il legame tra testo e immagine è enfatizzato da un curioso strumento: al volume è allegato il «Regolo per la numerazione dei versi de LA DIVINA COMMEDIA illustrata da G.B. Galizzi».

Le tavole di Galizzi, degne di un abile maestro della grande illustrazione, alternano immagini capaci di «compiacere l’occhio comune e il gusto popolare più tradizionale» a composizioni «più fantasiose e audaci» in particolare per l’Inferno dove un’espressività più dirompente ricorda le esperienze di deformazione caricaturale ed espressionista delle realizzazioni giovanili. Umberto Ronchi, in un lungo articolo di presentazione comparso su La voce di Bergamo nel gennaio del 1943, sintetizza il valore dell’opera di Galizzi «nell’aver voluto e saputo mantenere l’unità interpretativa pittorica del pensiero cristiano del Poema: e in ciò è soprattutto l’originalità assoluta e senza riscontri di questa sua opera artistica».

L’edizione della Divina Commedia illustrata dal pittore bergamasco ebbe un grande successo ed è ancora oggi facilmente reperibile sul mercato antiquario, purtroppo quasi sempre priva del volume di commento a cura di Luigi Pietrobono.

La Biblioteca Angelo Mai conserva una edizione completa di quest’opera: Dante Alighieri, La Divina commedia, nel testo critico della Società dantesca italiana, con 105 tavole a colori di G. B. Galizzi, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1943 (G.5.775); Luigi Pietrobono, Commento a la Divina Commedia illustrata da G. B. Galizzi, Milano, Edizioni Labor, 1943 (G.5.776).