Un aspetto particolarmente avvincente ed intrigante da indagare in relazione a Dante Alighieri è quello relativo alla fortuna delle sue opere presso gli uomini di lettere dei secoli successivi. Per Bergamo, e specificamente per la Biblioteca Angelo Mai, assume un particolare significato la considerazione avuta da Torquato Tasso per le opere dantesche sia attraverso l’analisi della produzione letteraria, per rintracciarne riprese, echi e suggestioni, sia mediante l’esame di fonti che ci restituiscono in modo più esplicito la considerazione di Tasso per il padre della letteratura italiana. Da quest’ultimo punto di vista un’evidenza particolare è data dai suoi postillati ad opere dantesche, che consentono di indagare non solo il rapporto fra i due letterati, ma anche di ricostruire, seppure in maniera parziale e approssimativa, quella che doveva essere la sua biblioteca, di per sé cangiante, caratterizzata spesso da prestiti, abbandoni, ritrovamenti e rispecchiante dunque la travagliata e avventurosa biografia di Torquato Tasso.
Un nucleo particolarmente significativo è stato individuato nel fondo Barberiniano, oggi alla Biblioteca Apostolica Vaticana, con ben 52 esemplari a stampa postillati dal letterato sorrentino, con opere di autori antichi e moderni, due dei quali relativi alla Divina commedia nelle edizioni veneziane di Giovanbattista Marchio Sessa & Fratelli del 1564, e di Pietro da Fino del 1568. Si tratta di uno spezzone della biblioteca posseduta dal poeta durante l’ultimo periodo romano. In occasione dell’importante convegno su Tasso e l’Europa, promosso dall’Università degli Studi di Bergamo, svoltosi fra il 24 e il 26 maggio 1995, fu organizzata una mostra, nell’Atrio scamozziano della Biblioteca, con l’esposizione eccezionale di ben 12 dei 52 suddetti esemplari barberiniani.: fra di essi il postillato tassiano relativo all’edizione della Commedia Sessa 1564.
Gli studi hanno portato ad identificare, in particolare, sei esemplari a stampa contenenti chiose o postille autografe (o probabilmente autografe) di edizioni del Convivio e della Commedia. Per quanto riguarda il Convivio si segnalano due esemplari, relativi ancora a edizioni veneziane: Sabio 1521 e Sessa 1531. Quest’ultimo, le cui postille tassiane erano note agli studiosi da fonti secondarie, è stato rintracciato in tempi recentissimi presso la Van Pelt Library della University of Pennsylvania di Philadelphia.
Per quanto riguarda la Commedia ci sono noti quattro esemplari postillati relativi a tre edizioni. Due di essi si riferiscono all’edizione veneziana di Gabriel Giolito de Ferrari e fratelli del 1555 (uno conservato presso la Biblioteca Angelica di Roma, l’altro presso la Medicea Laurenziana di Firenze): si tratta della prima edizione nella quale compare per la Commedia dantesca l’aggettivazione ‘Divina’ nel titolo. Gli altri due esemplari, Sessa 1564 e Da Fino 1568, appartengono, come si è detto, al fondo Barberiniano. Sull’esemplare Da Fino 1568 gli studiosi non hanno ancora fugato del tutto i dubbi sulla reale autografia delle postille, le quali sono, per altro, del tutto coerenti dal punto di vista stilistico e contenutistico con la Weltanschauung tassiana. Due esemplari di questa edizione sono anche conservati presso la Biblioteca Angelo Mai. Uno di essi ha anche una splendida legatura in marocchino con decorazioni a secco e in oro e tagli dorati e cesellati (segnatura: Cinq 4.175).
Particolarmente significativo l’esemplare Giolito 1555 della Biblioteca Angelica perché contiene annotazioni solo per i primi 24 canti dell’Inferno. Si tratta dell’esemplare che Tasso ebbe modo di analizzare durante il suo soggiorno a Pesaro e improvvisamente abbandonato in quella città allorquando fuggì alla volta di Torino sentendosi perseguitato. Gli studiosi hanno stabilito che si tratta della più remota testimonianza di Tasso postillatore di Dante: vi si trovano annotazioni, per lo più concise e discontinue, che tradiscono la sua attenzione per verbi, aggettivi, scelte lessicali e stilistiche, ma che verranno poi riprese e ampliate successivamente come è testimoniato dagli altri tre esemplari postillati superstiti con riferimenti più pregnanti in ambito linguistico, filosofico, morale. Sostantivi, aggettivi, paragoni, metafore sono studiati nel progressivo innalzarsi del livello stilistico dall’Inferno al Paradiso.
Fra i primissimi studiosi che si sono occupati esplicitamente dell’influenza di Dante su Tasso, e che si sono preoccupati di rintracciare le relative fonti documentarie, va segnalato Pierantonio Serassi, il quale, nella sua Vita di Torquato Tasso pubblicata per la prima volta a Roma nel 1785, e del quale la Biblioteca Mai conserva un prezioso esemplare, vi fa esplicito riferimento.
Infatti, nell’appendice dedicata al Catalogo de’ manoscritti, dell’Edizioni, e delle Traduzioni in diverse lingue dell’Opere di Torquato Tasso, Serassi propone vari riferimenti a postillati tassiani da lui identificati. In particolare alle pagine 538-539 segnala l’esemplare Giolito 1555 «fregiato di postille dal nostro grand’Epico», allora presso la Libreria Giordani di Pesaro, il codice della Biblioteca Chigiana con la trascrizione delle annotazioni tassiane allo stesso esemplare e, sempre nella Libreria Giordani, un esemplare del Convivio: si tratta di quello relativo all’edizione Sessa 1531 ritrovato recentemente negli USA, come si è detto. Serassi riferisce anche dell’annotazione sul frontespizio: «postillato dal Tasso nel 1578».
Qui l’edizione della Vita di Torquato Tasso di Serassi.
La Biblioteca Mai conserva un esemplare a stampa in tre volumi di un’importante edizione storica della Divina Commedia con la proposta, in calce, delle chiose e postille tassiane riprese dagli esemplari Sessa 1564 e Da Fino 1568 e delle trascrizioni delle annotazioni dell’esemplare Giolito 1555 della Biblioteca Angelica, al tempo dato per perduto, presenti in manoscritti del fondo Chigi (quello segnalato da Serassi) e Barberini.
Si tratta di un’edizione del 1830: Dante Alighieri, La Divina Commedia postillata da Torquato Tasso, Pisa, Didot, 1830 (segnatura: Tassiana I 7.22/1-3).
L’esemplare è stato donato dall’avvocato Luigi Locatelli, il quale, fra il 1922 e il 1932, omaggiò la Biblioteca Civica di Bergamo della sua ricca collezione di edizioni di opere di Torquato e Bernardo Tasso o d’argomento tassiano, per oltre 1100 esemplari, e delle migliaia di schede di una Bibliografia tassiana, da lui elaborata in un ventennio di ricerche, volta al censimento delle edizioni tassiane presenti nelle biblioteche di tutto il mondo e corredata da numerose annotazioni, a tutt’oggi consultata dagli studiosi tassisti.
L’edizione pisana del 1830 è di pregevole fattura come ci si aspetta da un editore della statura di Firmin Didot, noto per la creazione di nuove forme di caratteri e per il progresso tecnico nell’arte tipografica. Vi compaiono i ritratti a piena pagina, in calcografia, di Dante e di Tasso.
Viene dichiarata una tiratura di 166 copie in carte di vario pregio e una in pergamena.
La lettera ai lettori è firmata da Giovanni Rosini, poeta, romanziere, drammaturgo e accademico, noto soprattutto per aver scritto il romanzo La monaca di Monza, pubblicato nel 1829, ma anche autore di alcuni drammi fra i quali proprio un Torquato Tasso nel 1832.
Nella lettera riferisce di aver riportato a piè di pagina tutte le dichiarazioni o osservazioni tassiane mettendo in corsivo le frasi e le parole che particolarmente impressionarono Torquato Tasso: «S’incontreranno pure qua e là poche varie lezioni proposte, che meritano d’esser considerate; come di considerazione degnissime mi sembrano le altre poche avvertenze, dalle quali apparisce quel che l’ingegno del Tasso trovava d’umano talvolta nei versi del divino poeta».
Segue un contributo del curatore Luigi Maria Rezzi A Giovanni Rosini professore d’eloquenza nella Università di Pisa, con il quale si entra nel merito delle numerose allusioni alla Commedia nella Gerusalemme liberata che tradiscono un attento studio del poema dantesco da parte del Tasso. Si citano studiosi precedenti che già avevano affrontato la questione del rapporto di Tasso con Dante e fra questi Pierantonio Serassi, del quale si riportano le osservazioni in merito ai postillati. Si dà quindi conto delle fonti a stampa e manoscritte considerate, contenenti le postille tassiane.
L’anno successivo questa edizione verrà riproposta per il volume XXX delle Opere di Torquato Tasso con le controversie sulla Gerusalemme, poste in miglior ordine, Pisa, Capurro, 1821-1833.
L’edizione Pisa 1830 è la prima a proporre un diretto confronto fra diversi postillati tassiani alla Commedia. Il suo pregio è quello della facile consultazione e dell’agile confronto, pagina per pagina, fra le postille e le chiose in relazione al testo dantesco.
Il difetto, agli occhi degli studiosi e dei filologi di oggi, riguarda i criteri di restituzione delle annotazioni tassiane che presentano qui parecchi adattamenti, come lo scioglimento delle abbreviazioni, la modernizzazione dell’uso della punteggiatura, l’evidenza di alcune omissioni. Per di più l’edizione scelta per il testo della Commedia non è fra quelle postillate dal Tasso, ma l’edizione degli Accademici della Crusca (Firenze, Domenico Manzani, 1595, che fu più volte ripresa e ristampata con emendamenti anche nei primi decenni dell’Ottocento). Manca anche qualsiasi nota esplicativa che dia conto dei criteri adottati.
Questa edizione si configura quindi oggigiorno più come significativa e pregevole testimonianza storica che come reale fonte di studio.