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Nell’Italia unificata di fine Ottocento sorse l’esigenza di costruire un patrimonio letterario comune alla nazione e legittimato dalle istituzioni politiche del paese, partendo da alcuni tra gli autori più significativi della nostra storia culturale. Da questa spinta nacquero le Edizioni Nazionali, che trovarono una prima realizzazione con l’edizione completa delle opere di Galileo Galilei (1890-1909). Ben più travagliati furono i percorsi relativi ai testi di Niccolò Machiavelli, Giuseppe Mazzini e Francesco Petrarca, dei quali venne promossa l’Edizione Nazionale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Nel novero di questi letterati colpisce l’assenza di Dante Alighieri, poeta della patria che lo stesso Mazzini ebbe a definire «monumento dell’intelletto nazionale». Questo si spiega con i tempi imprevedibili di analisi delle lezioni e di ricostruzione filologica che i testi di Dante, e la Commedia anzitutto, avrebbero richiesto ai più eminenti dantisti e agli storici della letteratura italiana del tempo. Già nel tardo Settecento si era imposta una discussione sulla pubblicazione dell’opera completa dell’Alighieri, un dibattito tornato in auge in occasione del VI centenario della nascita nel 1865, quando le singole città italiane diedero prova di memoria e di riconoscenza al sommo poeta, come fece Bergamo, dove venne promossa la stampa de L’illustrazione del codice dantesco Grumelli dell’anno 1402, edita dalla Tipografia Pagnoncelli, dando risalto a quella che pochi anni dopo, nel 1872, avrebbe significato una tra le più prestigiose acquisizioni della Biblioteca Civica.
Sorta nel 1888 a Firenze con il compito istituzionale di realizzare un’edizione critica delle opere di Dante, la Società Dantesca Italiana rinnovò gli auspici nel 1913, in vista delle celebrazioni per il VI centenario dalla morte del poeta. Di fatto, le difficoltà oggettive dell’impresa cui si volle attendere e l’incombenza della Grande Guerra fecero svanire il progetto iniziale, che prevedeva l’edizione di 15 volumi entro il 1921. Nacque, in questo modo, un’editio minor, il cosiddetto Dante del Centenario, una pubblicazione delle opere dantesche con testi accertati, ma privi di corredo filologico e di commento storico.

(Qui sopra: la seconda edizione, pubblicata presso la Società Dantesca Italiana nel 1960, del testo critico e completo de Le opere di Dante, ritorno al contributo che Michele Barbi e gli altri eminenti studiosi d’inizio Novecento avevano offerto all’edizione del 1921, nota come Dante del Centenario).

Questa iniziativa avrebbe ulteriormente rallentato i lavori dell’Edizione Nazionale, il cui primo volume vide la luce nel 1932, con l’uscita della Vita Nuova, curata da Michele Barbi per l’editore fiorentino Bemporad, ma sostanzialmente affine al testo già pubblicato presso la milanese Hoepli nel 1907. Da questo momento, complice la scomparsa di alcuni eminenti studiosi del panorama italiano quali Pio Rajna e lo stesso Michele Barbi e l’imminenza di una durissima stagione per il paese, i lavori sarebbero andati incontro a una lunga sosta. Giova in questo frangente ricordare che proprio negli anni Trenta l’impresa venne affiancata da piani editoriali affini, come quello dell’editore Le Monnier, affidato inizialmente al Barbi e ancora attivo negli anni Sessanta con la supervisione di Vittore Branca. Nel dopoguerra altre operazioni di questo tipo presero avvio e nuovi editori accarezzarono l’idea di pubblicare l’opera dantesca completa, salvo poi ritrarsi, forse poco convinti dalla complessità del lavoro e dalla possibile risposta del mercato a più iniziative mirate nella medesima direzione.
Solo dal 1957 le operazioni per l’Edizione Nazionale vennero riavviate sotto l’egida di Gianfranco Contini e l’affidamento del piano editoriale alla casa editrice Mondadori portò alla pubblicazione, nel 1965, della Monarchia, curata da Pier Giorgio Ricci, e alla ristampa anastatica del De vulgari eloquentia edito da Pio Rajna presso Le Monnier nel 1896. Il testo, infatti, conservava il pregio di essere un’incrollabile applicazione del metodo lachmanniano, pur venendo etichettato come una semplice appendice all’Edizione Nazionale del trattato sulla lingua di Dante che sarebbe sopraggiunta. In effetti, all’inizio del Novecento furono rinvenuti nuovi codici testimonianti l’opera dantesca, al punto che lo stesso Rajna apportò modifiche al testo nel 1921 e ancora vi attese negli ultimi anni di vita. La ricostruzione venne proseguita dall’allievo Aristide Marigo e trovò compimento in un’edizione del 1938 presso Le Monnier. L’Edizione Nazionale del De vulgari eloquentia avrebbe dovuto fare la sua comparsa partendo dall’opera del Marigo, opportunamente rivista da Pier Giorgio Ricci e da Francesco Mazzoni, ma i lavori rimasero allo stadio di bozza quando il contratto presso Mondadori scadde nel 1984.

Nel frattempo era venuta alla luce l’opera più attesa dell’intera Edizione Nazionale, con la pubblicazione tra il 1966 e il 1967 dei quattro volumi con i quali Giorgio Petrocchi fornì La Commedia secondo l’antica vulgata, con le tre cantiche precedute da un’introduzione motivante le scelte filologiche adottate dal curatore in un’impresa tanto vasta e complicata. Partendo dal celebre monito recentiores non deteriores, Petrocchi optò per un’edizione del capolavoro di Dante costruita sui testimoni dei tre decenni intercorsi tra la morte del poeta e il lavoro sul testo di Giovanni Boccaccio, egli stesso editore della Commedia, in una stagione di forte interesse per l’opera, ma nella quale la tradizione prese inesorabilmente a contaminarsi. Per allargare il raggio d’azione e dare conto dei manoscritti recenziori della Commedia con le debite varianti, il curatore annunciava un ulteriore spoglio, questa volta dei testimoni successivi, ma il lavoro non venne condotto a termine. Seguì la pubblicazione delle opere Il Fiore e il Detto d’Amore, presentate sin dal frontespizio come attribuibili a Dante Alighieri, edite per diretta mano di Gianfranco Contini nel 1984, giusto in tempo per la sopraggiunta scadenza del contratto con Mondadori, prima del passaggio del successivo piano per l’Edizione Nazionale a Le Lettere. Nel 1994 l’editore fiorentino propose una stampa riveduta della Commedia del Petrocchi, affiancata l’anno seguente dall’uscita del Convivio, curato da Franca Brambilla Ageno in un’edizione critica poderosa, composta di un volume introduttivo diviso in due tomi e del volume con la proposta del testo dantesco, frutto di una ricerca trentennale di cui la studiosa aveva offerto anticipazioni e aggiornamenti in corso d’opera.

L’Edizione Nazionale di Dante è proseguita nel 2002 con la stampa delle Rime, filologicamente accertate da Domenico De Robertis in un lavoro monumentale, concretizzatosi in tre volumi suddivisi in cinque tomi, dove il curatore ha dato accuratamente conto del materiale documentario raccolto sin dagli anni Cinquanta, classificando gli oltre 150 testimoni su cui appoggia quest’opera, che nel terzo volume offre i testi danteschi e quelli a Dante attribuibili, aggiungendovi quelli dei suoi corrispondenti e una breve serie di componimenti di attribuzione incerta. Lavori recenti sono, inoltre, le nuove edizioni cui sono stati sottoposti la Monarchia, nel 2009, e il Fiore e il Detto d’amore, nel 2011. Per quanto riguarda il celebre trattato politico di Dante la nuova curatrice, Prue Shaw, è ripartita dal lavoro di Ricci per l’edizione del 1965, aggiungendo lo spoglio di due nuovi manoscritti della Monarchia rinvenuti nell’ultimo cinquantennio e apportando significative modifiche allo stemma codicum dell’opera. Si tratta di un testo, peraltro, non più disponibile in commercio nell’edizione Mondadori da molto tempo, così come per il Fiore e il Detto d’amore editi negli anni Ottanta da Gianfranco Contini. In questo caso, la nuova veste ai poemetti è stata approntata da Paola Allegretti, che ha aggiunto apparati, indici e una piccola enciclopedia.


È fresca di annuncio la pubblicazione in tre volumi di una nuova Edizione Nazionale della Commedia, sempre presso Le Lettere e a cura di Giorgio Inglese, basata sui progressi di oltre un cinquantennio di esegesi e cultura dantesca intercorso tra la prima edizione del Petrocchi e i giorni nostri, con una ridefinita classificazione dei testimoni che tiene conto delle più recenti e cospicue acquisizioni. L’auspicio è quello che il corpus delle opere dantesche pubblicate dall’Edizione Nazionale e dalla Società Dantesca Italiana prosegua assicurando l’approdo nelle biblioteche di quei testi che ancora mancano all’appello di questo smisurato progetto, come le Epistole, le Egloghe, la Questio de aqua et terra, oltre al caso tuttora irrisolto di un’effettiva rielaborazione sul testo del De vulgari eloquentia. Si tratterebbe di aggiungere nuovi, importantissimi contributi in una stagione di consistente fermento cartaceo attorno alla figura dell’Alighieri. In questo senso è opportuno ricordare il lavoro congiunto di filologia e critica per la definizione in tre volumi delle Opere dantesche presso i Meridiani Mondadori, uno sforzo in cantiere dal 2011 e destinato ad accompagnare la ben nota Commedia a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, punto di riferimento per appassionati e studiosi sin dagli anni Novanta. Si aggiungano, inoltre, le iniziative meritorie della Salerno Editrice, attraverso la pubblicazione della Nuova Edizione Commentata delle Opere di Dante, voluta dal Centro Pio Rajna di Roma, e il Censimento e l’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi, con i quali il filtro di Dante ci conduce alla conoscenza delle interpretazioni e del pensiero dei tanti chiosatori che si sono affastellati nel corso dei secoli a venire e già nei decenni successivi a quel settembre di settecento anni fa, quando Dante morì poco dopo aver terminato il suo più mirabile prodigio. Un nome tra gli altri, quello di Alberico da Rosciate, rimanda a Bergamo e, ancora più precisamente, alla nostra Biblioteca Civica, tra le pagine del Codice Grumelli, dove troviamo il primo commento integrale e in volgare alla Commedia, quello di Iacomo della Lana, per come venne rielaborato in latino dal giurista bergamasco, in una redazione su cui l’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi potrà garantire nuovi punti fermi.