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Venerdì 2 luglio 2021, nell’Atrio scamozziano della Biblioteca, si è aperta la mostra Fantasia e Sublime di Piranesi. Le Carceri d’invenzione.
In mostra le 16 tavole della serie completa della seconda versione delle Carceri d’invenzione, messa a disposizione da un collezionista bergamasco. La serie rappresenta una tiratura precoce dei rami (probabilmente tra la metà degli anni Sessanta ed i primi Settanta del Settecento), con caratteristiche di ‘freschezza’ delle lastre che offre ottima testimonianza dell’efficacia del segno del maestro nella sua fase matura.
A corredo delle Carceri, una bella edizione delle Osservazioni di Gio. Battista Piranesi sopra la Lettre de m. Mariette e edizioni piranesiane conservate dalla Biblioteca.

La mostra nasce dalla felice collaborazione tra collezionismo privato e Istituzione pubblica e consente il godimento di una delle celebri serie di incisioni dell’artista veneto del quale si è celebrato nel 2020 il trecentesimo anniversario della nascita. Queste celebri incisioni “invenzione di luoghi insieme inferi e architettonici: ambiti di supplizi e carceri”, realizzate in due versioni, la prima fra il 1745 e il 1750, e la seconda, ampliata e con nuove incisioni, nel 1761, esprimono uno dei vertici della sperimentazione di Piranesi.

La mostra a cura di Piervaleriano Angelini e Attilio Pizzigoni, con la collaborazione del personale della Biblioteca, è visitabile sino all’11 settembre da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 17.30, anche nel periodo 16 luglio – 28 agosto, nel quale la Biblioteca adotta tradizionalmente l’orario ridotto. Apertura straordinaria dalle 10 alle 18 anche il 26 agosto, festa di Sant’Alessandro patrono della Città.

Gli ingressi sono contingentati per un massimo di dieci persone in contemporanea.

Qui disponibile il pieghevole in italiano, in inglese e in francese.

Giovanni Battista (Giambattista) Piranesi, nasce il 4 novembre 1720, e viene battezzato l’8 novembre nella parrocchia di San Moisè a Venezia. Il padre, tagliapietre e capomastro, e lo zio materno, Matteo Lucchesi, architetto impiegato presso il magistrato delle Acque, lo indirizzano agli studi di architettura, il fratello Angelo, frate certosino, gli insegna il latino e lo appassiona a Tito Livio e alla storia di Roma.

Nel 1740, nominato «disegnatore» al seguito del nuovo ambasciatore della Serenissima Francesco Venier, si trasferisce a Roma dove entra subito in contatto con i pensionnaires dell’Accademia di Francia e con il pittore vedutista Giovanni Paolo Pannini. Il giovane Piranesi completa il suo apprendistato presso i pittori-scenografi Domenico e Giuseppe Valeriani, con Giuseppe Vasi e con Giovanni Battista Nolli; stringe amicizia con lo scultore Antonio Corradini, con il quale, intorno al 1743, visita Napoli e gli scavi di Ercolano. L’attività di formazione di Piranesi tra Venezia e Roma si prolunga dalla fine degli anni Trenta alla fine degli anni Quaranta attraverso una serie di esperienze professionali disparate e la costruzione di una fitta rete di relazioni intellettuali. Oltre ai numerosi contatti nel mondo dell’architettura lo lega a Roma la passione per lo studio delle antichità. Ben presto infatti inizia a ritrarle, incidendole e pubblicandole in un primo volume. Tra l’agosto 1745 e il settembre 1747 torna a Venezia, impegnato in lavori di rilievo (ponte di Rialto), di decorazione (con lo scultore Giovanni Maria Morlaiter, e forse con Tiepolo), di incisione (probabilmente per l’edizione dei Quattro libri di Palladio curata da Giorgio Fossati). Con il definitivo ritorno a Roma e l’apertura di una propria bottega, Piranesi si dedica in maniera totalizzante all’attività incisoria.

Dalla metà degli anni Quaranta Piranesi inizia a incidere le grandi Vedute di Roma che con le Carceri (prima versione nel 1745 e seconda nel 1761) rappresentano le sue opere più celebri, diffuse e remunerative. Il grande formato delle tavole, il taglio sempre originale e prospetticamente accattivante delle composizioni, la scelta mai scontata dei soggetti, si impongono nel panorama romano, italiano e internazionale. Dalla fine degli anni Quaranta inizia a diventare figura di riferimento nella numerosa comunità di artisti e viaggiatori stranieri presente a Roma, legata al fenomeno del grand tour.
Con l’elezione al soglio pontificio, il 6 luglio 1758, del veneziano Clemente XIII (nato Carlo della Torre di Rezzonico), si moltiplicano per Piranesi gli incarichi e i riconoscimenti ufficiali a Roma. Eletto accademico onorario di San Luca, si occupa di diversi lavori fino e, nel 1766 restaura la chiesa di Santa Maria del Priorato, che completa con l’originale sistemazione della piazza antistante, dove verrà sepolto alla sua morte avvenuta il 9 novembre 1778.

Incisore, editore, topografo, architetto, decoratore, polemista, mercante, instancabile lavoratore dalla personalità vulcanica e dal carattere carismatico, Piranesi, viene celebrato e avversato dai contemporanei. Oltre all’immensa produzione di opere a carattere antiquario, di Vedute di Roma e di straordinarie invenzioni di strutture di inusitata grandiosità, vanno ricordati i suoi contributi di carattere teorico, e la decisa presa di posizione in favore della superiorità della civiltà romana in palese polemica con il programma rigorista e filoellenico di Winckelmann e Mariette che andava riscoprendo la purezza del linguaggio architettonico greco. Le Osservazioni di Gio. Battista Piranesi sopra la Lettre de M. Mariette aux auteurs de la Gazette littéraire de l’Europe, il cui frontespizio è qui riprodotto da un bell’esemplare di proprietà della Biblioteca, ne sono una significativa testimonianza. 

Giovanni Battista Piranesi è figura d’artista e incisore che dall’epoca e dagli ambiti nei quali esercitò allora la propria influenza e fascinazione ha travalicato i secoli, e reca vivo e affascinante spunto di riflessione ancora oggi. La sua vastissima produzione di rappresentazioni e reinterpretazioni della grandiosità di Roma antica, insieme al suo contributo alla espansione della cultura antiquaria del secondo Settecento (comprese le relative polemiche) è ineguagliabile, e ha fatto della sua personalità un tema di continuo approfondimento.

Nel panorama dei suoi numerosissimi volumi con incisioni un posto particolare nella storia della cultura, e non solo di quella artistica, spetta a queste sue stampe dedicate ad una invenzione di luoghi insieme inferi e architettonici: ambiti di supplizi e carceri. La storia artistica ed editoriale di questi sorprendenti fogli è complessa, ma merita di essere riassunta per comprendere meglio quanto qui si osserva.
Una prima redazione delle lastre va datata intorno al 1747-1750, ancora nel segno di una tradizione incisoria di impronta veneziana. Radicale invece è la rivisitazione dei rami prima del 1761, allorché ne apparve l’edizione definitiva qui in mostra. La dilatazione delle strutture architettoniche (con le relative sbalorditive incongruenze), la maturazione tecnica dal punto di vista incisorio (che accanto al rinforzo della tecnica dell’acquaforte vede l’uso del bulino per accentuare la forza del nero), oltre all’aggiunta di due nuove tavole (nn. 2 e 5), ne modificano e potenziano radicalmente l’impatto, e danno avvio a una ancora inesausta esegesi, ed a numerosissime reinterpretazioni moderne.

Questa serie completa della seconda versione delle Carceri d’invenzione qui esposta è stata messa a disposizione da un collezionista bergamasco, e rappresenta una tiratura precoce dei rami (probabilmente tra la metà degli anni Sessanta ed i primi Settanta del Settecento), dunque con caratteristiche di ‘freschezza’ delle lastre che offre ottima testimonianza dell’efficacia del segno del maestro nella sua fase matura.

TAVOLA 1 (frontespizio) Interno di prigione

Il frontespizio della seconda edizione delle Carceri varia sostanzialmente l’immagine dell’edizione precedente attraverso l’amplificazione dei piani, la dinamicità dell’insieme e la funzione strutturale del titolo nel gioco delle architetture dalle quali risulta inglobato e che lo assorbono senza limitarne il campo.

 

TAVOLA 2 Arcate, torri, frontone e, in primo piano, supplizio di un condannato

Insieme alla tavola 5 viene realizzata da Piranesi per l’edizione del 1761 e appartiene alla maturità  dell’artista. Lo spazio infinitamente dilatabile è organizzato attorno allo spettacolare incrocio di due diagonali che destrutturano il rapporto pieni-vuoti, interno-esterno. L’accumulo di frammenti antichi e l’effetto del ‘fuori scala’ reinventano la rappresentazione dell’antichità da veduta a visione.

 

TAVOLA 3 Grandi archi poggiati su un pilastro con una finestra a inferriata, a sinistra una forca


Lo spazio è posto in rotazione perpetua attorno a un grande pilastro circolare protagonista della scena. La tecnica incisoria, nella quale la punta metallica è utilizzata come una penna, accentua gli effetti di chiaroscuro e la sensazione di pericolo e pena.

 

TAVOLA 4 Grande arcata attraversata da funi, nello sfondo arco con fregio di figure scolpite, bracieri e torce

Gli effetti di suggestione e di mistero sono prodotti dalla frammentazione delle direttrici e dal gioco delle diagonali. Gli strumenti di tortura posti alla base dell’immagine esplicitano e accentuano il senso tragico della raffigurazione.

 

TAVOLA 5 Fuga di arcate, catene, cordami e una lanterna. In primo piano leoni e figure varie in bassorilievo

Come la tavola 2 viene realizzata per l’edizione del 1761. Anche in questa incisione si ritrovano, nella concezione delle architetture e nei particolari delle antichità e delle figure che pongono in dialogo le conoscenze archeologiche, le molte testimonianze antiche visibili a Roma e gli studi di prospettiva e di scenografia di Piranesi. 

 

TAVOLA 6 Archi e volte, nel centro figurine attorno a un fumo bianco, a sinistra una grossa carrucola

L’architettura d’invenzione, pur nella genericità priva di specifici elementi di connotazione, è tuttavia totalmente ‘romana’. La grande nuvola di fumo bianco acquisisce nell’edizione del 1761 identità propria e autonoma.

 

TAVOLA 7 Passerelle, ponti levatoi in controluce, scale a spirale, una garitta, fascio di corde appese ad una puleggia

Lo slancio ascensionale della composizione è dettato dal grande pilastro centrale attorno al quale si snoda la scala circolare e che raccorda gli incroci delle passerelle. Punto di massima tensione è il ponte mobile diviso in due e sospeso nel vuoto tramite grosse funi.

 

TAVOLA 8 Scalone con trofei alla base entro alte arcate, due bandiere accoppiate, figure

Anche in questo carcere torna il ponte ligneo con spuntoni. La composizione è fortemente policentrica e sembra dilatare all’infinito la concatenazione delle architetture.

 

TAVOLA 9 Portale ciclopico, sovrastato da una grande struttura circolare, oltre la quale si vedono travature e fumo

Nonostante i pochi elementi in gioco la composizione crea un effetto di inquietudine amplificato dalla giustapposizione dell’architettura della poderosa porta con lo sfondato soprastante che sembra risucchiare la luce.

 

TAVOLA 10 Grande arco, gruppo di condannati incatenati ad un patibolo, catene e lampada. Passerelle con figure

L’inquadratura attraverso un’arcata, diffusa nel vedutismo del secondo Settecento, è un espediente per indirizzare la percezione verso lo spazio centrale della vastissima sala nella quale irrompe la drammatica piattaforma con le figure incatenate.

 

TAVOLA 11 Quattro garitte agli angoli di un’arcata, travi, cordami

 

Questa lastra subisce le maggiori trasformazioni rispetto a quella dell’edizione precedente e definisce il passaggio dalle ambiguità spaziali alla totale assenza di spazialità riconducibili alla realtà. Tutti gli elementi concorrono a dilatare infinitamente gli spazi e la percezione dell’insieme.

 

TAVOLA 12 Scale, strumenti di tortura, archi con inferriate, monumento funebre

Questa tavola consente di apprezzare gli effetti di luce ottenuti da Piranesi con il nuovo trattamento incisorio della lastra: la radicalizzazione dei contrasti luce-ombra rende abbacinanti i bianchi che si contrappongono alla densa materia del controluce e accentua i valori espressivi dell’immagine.

 

TAVOLA 13 Grossi archi di pietra congiunti da travature, catene, inferriate. In alto ruota con aculei, finestra ovale con inferriata, a sinistra lampada che pende da una forca

Protagonista della composizione è la luce abbagliante che proviene da sinistra, che segna l’uscita dal mondo infero caratterizzato dagli strumenti di tortura, e si dilata nello spazio aperto in un susseguirsi di elementi architettonici.

 

TAVOLA 14 Prospettiva di volte, passerelle, scale, pilastri

La tavola presenta una potente incongruenza spaziale nel gioco e nel rimbalzo degli elementi architettonici. Inconsueto per Piranesi maturo è invece un pittoricismo più tradizionalmente scenografico.

 

TAVOLA 15 Pilastro centrale con bassorilievo a figure e quattro mascheroni con anelli

La dinamicità dello spazio e dell’architettura, insieme al chiaroscuro, raddoppiano la percezione spaziale e la forza evocativa della composizione. La grandiosità e assertività delle forme e delle strutture architettoniche evocano direttamente l’antica Roma.

 

TAVOLA 16 Passerella vista dal basso appoggiata ad un grosso pilastro a sinistra. Al centro stele con due teste in una nicchia e la scritta “Impietati et malis artibus”, dietro, colonne con iscrizioni

La composizione è un manifesto dei nuovi contenuti alla base dell’edizione del 1761 e legati a Roma antica. Non solo lo spazio fisico si fa psichico, ma il legame con i valori e i temi dell’architettura dell’antica Roma esplicitano la posizione di Piranesi (in contrapposizione con Winckelmann e Mariette) nel dibattito contemporaneo sulla classicità tra sostenitori della superiorità dell’architettura romana su quella ellenica.

 

Mostra a cura di
Piervaleriano Angelini e Attilio Pizzigoni

con la collaborazione di
Maria Elisabetta Manca
Francesca Giupponi
Giuseppe Redolfi

Un progetto di
Comune di Bergamo
Giorgio Gori, Sindaco
Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura
Massimo Chizzolini, Dirigente Direzione cultura, BGBS23, reti di quartiere, sport ed eventi
Maria Elisabetta Manca, Responsabile Biblioteca Civica Angelo Mai e Archivi storici

Progetto grafico
Dario Carta

Si ringraziano:
Maria Cristina Rodeschini, Simone Longaretti
(Fondazione Accademia Carrara – Bergamo)
Amministrazione comunale di Mogliano Veneto
Angelo Zennaro

Le sedici tavole delle Carceri d’invenzione
di G. B. Piranesi sono della Collezione Attilio Pizzigoni

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