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Antologia di illustrazioni dalle raccolte della Biblioteca

Biblioteca Civica Angelo Mai
Atrio scamozziano

Piazza Vecchia 15
25 maggio – 3 settembre 2018

La mostra presenta un’antologia di illustrazioni di paesaggi, realizzate dal ‘500 a oggi, tratte dalle raccolte iconografiche e dai libri a stampa della Biblioteca Civica Angelo Mai. Il percorso espositivo si compone di due ezioni: nella prima si possono ammirare descrizioni paesaggistiche che rispondono alla cifra della realtà; nella seconda, llustrazioni di paesaggi fantastici o simbolici nei quali prevale la componente soggettiva ed emozionale degli artisti. Sono esposti, inoltre, vedute di Bergamo e cabrei del territorio, realizzati tra i secoli XV e XVIII, che ci restituiscono paesaggi urbani e naturali secondo il gusto di ciascuna epoca.

L’immagine e la parola sono da sempre le due forme comunicative con le quali l’uomo descrive il paesaggio: dagli antichi manoscritti ai libri a stampa moderni, dunque, l’illustrazione è il compendio più usuale e immediato per descrivere l’idea da trasmettere al pubblico dei lettori e degli studiosi.
Con la bellezza che solo i grandi artisti riescono a cogliere e a restituire, le vedute esposte presentano, allo stesso tempo, elementi naturali e antropici: monti, fiumi, laghi, colline e pianure, spesso uniti a elementi architettonici frutto dell’attività dell’uomo il quale, intervenendo negli scenari della natura da spettatore o da protagonista, li ha modificati fin dall’antichità a proprio vantaggio, pratico ed estetico.
L’antologia si compone di due sezioni che propongono, rispettivamente, rappresentazioni obiettive e analitiche del paesaggio, minuziosamente disegnato, inciso e, a volte, colorato, e illustrazioni di paesaggi fantastici o simbolici nei quali prevale la componente soggettiva ed emozionale degli artisti.

Che cos’è il paesaggio?

Breve storia di una parola…
Per ‘paesaggio’ si intente una “porzione di territorio considerata dal punto di vista prospettico o descrittivo, per lo più con un senso affettivo cui può più o meno associarsi un’esigenza di ordine artistico ed estetico”. (Giacomo Devoto – Gian Carlo Oli, Dizionario della della lingua italiana, 1971).
Per l’epoca classica, il termine paesaggio, a noi oggi familiare, non è noto.
Se nella lingua greca la parola di riferimento che indica il processo del divenire di tutte le cose esistenti (che nascono, vivono, muoiono) e quindi la natura in tutti i suoi aspetti, può essere φύσις (phýsis), nella lingua latina l’uso di più locuzioni indica la componente geografica – situs loci, situs regionis, situs terrarum – mentre la componente estetica è significata dalla perifrasi amoenitates locorum.
Per l’epoca moderna, Sebastiano Vassalli ci ricorda che “la parola italiana paesaggio e i suoi equivalenti nelle principali lingue europee: il francese paysage, da cui l’italiano deriva, l’inglese landascape, il tedesco landschaft, lo spagnolo paisaje, nascono tardi e conservano tutte un’ambiguità di fondo tra le due componenti semantiche, quella naturalistico ambientale e quella estetica”.

… e dei suoi significati
“Per quanto corrente, da tempo il termine appare carico di connotazioni culturali e più in particolare artistiche: è la natura vista attraverso lo sguardo umano, trasformata dall’azione e dall’occhio dell’uomo. (Enciclopedia Einaudi, 1980).
Un minimo comune denominatore fra i vari significati conferiti all’idea di paesaggio dalle discipline che più sovente usano questo termine, può essere così enunciato: “l’insieme della realtà visibile che riveste o compone uno spazio più o meno grande intorno a noi: cioè una realtà materiale che si sostanzia in forme, in fattezze visibili, rivestite di colori, e non di rado si esprime anche in suoni e odori”. (Enciclopedia Italiana, VI Appendice, 2000).
Il più vecchio significato della parola paesaggio si permea di un valore estetico che emerge in modo chiaro in epoca rinascimentale fin dal XV e XVI secolo. ‘Paesaggio’ è espressione del sentimento di piacere o dispiacere che suscita la natura, ammirata per le forme e i colori, in composizioni equilibrate e armoniche o imponenti.
A questa interpretazione del termine si affianca, dagli inizi del XIX secolo, la nuova accezione di ‘paesaggio naturale’ che combina i dati e le situazioni delle strutture morfologiche, del clima e della vegetazione.
“Negli ultimi cinquant’anni – ma con una gestazione che si compie fra le due guerre e ha come culla la Francia (Marc Bloch, Roger Dion) – una terza interpretazione del termine paesaggio è maturata presso i cultori di discipline storiche. Per costoro il paesaggio è la materializzazione di quella fiumana di processi storici che si risolvono nell’organizzazione territoriale: cioè il prodotto, in termini di materica edificazione, della storia”.
‘Paesaggio’ è un termine polisemico. Tuttavia, l’interpretazione che gli conferiscono i cultori di discipline storiche è, nella comparazione con le altre, la più complessa e fluida e forse la meglio disposta a investire di sé – e in certo modo a girare loro intorno – e coordinare le altre due, quella estetica e quella naturalistica. (Enciclopedia Italiana, VI Appendice, 2000).
Nella legislazione italiana la categoria concettuale e giuridica di «beni culturali ambientali», ha legato il paesaggio (anche urbano) al patrimonio archeologico e storico-artistico sottoponendolo dunque a tutela con il Codice dei beni culturali e del paesaggio emanato nel 2004.

Paesaggi reali

Il Civitates Orbis Terrarum, atlante delle Città del mondo curato da Georg Braun (Colonia, 1541-1622) è frutto di un progetto editoriale che si configurò come la raccolta più completa di viste panoramiche, mappe e commenti testuali di città del mondo pubblicata durante l’età moderna. L’opera, edita in sei volumi tra il 1572 e il 1617 e ristampata più volte in diversi paesi, offre molte immagini “a volo d’uccello”, una prospettiva che rappresenta il paesaggio con un angolo visuale di 45° dall’alto. Fu portata a compimento da un vasto gruppo di collaboratori guidati da Georg Braun, cartografo e canonico della cattedrale di Colonia: i disegni originali furono realizzati da vari autori, in particolare da Joris Hoefnagel, pittore fiammingo che visitò molti paesi per comporre le sue viste panoramiche; la maggior parte delle piastre per la stampa furono incise dall’artista tedesco Frans Hogenberg; anche il cartografo Abraham Ortelius, autore del Theatrum Orbis Terrarum, del quale il Civitates è ideale completamento, partecipò assiduamente ai lavori. I testi latini che accompagnano le immagini, scritti in gran parte da Braun, sono di natura descrittiva e si riferiscono alla storia, alla geografia e agli aspetti sociali ed economici di ogni città.

 

Con la raccolta Urbis Venetiarum Prospectus Celebriores, il disegnatore e incisore Antonio Visentini (Venezia, 1688-1782) realizza con la tecnica dell’acquaforte un catalogo figurato di 38 vedute di Antonio Canal (il Canaletto; Venezia, 1697–1768) facenti parte della collezione del console britannico Joseph Smith. Nell’opera grafica come nei dipinti, la città lagunare è raffigurata nei suoi elementi architettonici e naturalistici: palazzi che si rincorrono leggeri sulle acque luminose del Canal Grande, perfette prospettive che si dissolvono in cieli sereni… I luoghi, tuttavia, pur colti nella loro materiale soggettività, non si limitano a documentare il volto settecentesco della città ma restituiscono le suggestioni più profonde dell’artista.

 

Nelle ‘Invenzioni di paesaggio’ dell’architetto Giacomo Quarenghi (Rota d’Imagna, Bergamo, 1744 -San Pietroburgo, 1817) il paesaggio naturale è lo scenario per lo studio architettonico. Nei disegni sono evidenti sia la formazione scientifica sia l’anima artistica del maestro: Quarenghi indulge in particolari estetici che stupiscono lo spettatore, immergendolo in un ambiente naturale che, pur senza precise connotazioni realistiche, ingentilisce la nitidezza delle sue progettazioni.

Le opere esposte rappresentano una significativa campionatura del repertorio impiegato dall’architetto nei propri disegni di paesaggi e architetture e mostrano elementi figurativi che consentono di identificare il paesaggio ideale con il paesaggio italiano.

Paesaggi fantastici e simbolici

Nel Settecento si impone l’illustrazione libraria a piena pagina e le opere a carattere letterario si presentano con un allestimento iconografico meno vincolato al testo. La rappresentazione del paesaggio tende a interpretare, sul piano creativo e immaginifico, la dinamica poetica o sacra, artistica o speculativa che si intende trasmettere al lettore. L’ambientazione delle scene descritte assume un carattere simbolico: la natura si fa evocatrice di sentimenti, emozioni e vissuti dei protagonisti delle trame narrate. L’esempio più noto è la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso illustrata con incisioni tratte dai disegni di Giambattista Piazzetta (1638-1754) direttore a Venezia dell’Accademia di pittura e tra i maggiori interpreti della corrente chiaroscurale. Pubblicata a Venezia nel 1745 da Giovanni Battista Albrizzi, l’opera è immediatamente riconosciuta come un capolavoro dell’editoria europea: il rapporto tra il tema epico e l’immagine figurata, inserita in una natura densa di simbolismi, testimonia il gusto arcadico e barocco di un’epoca.

Nell’Ottocento, Gustave Doré (Strasburgo,1832–Parigi, 1883) illustra opere letterarie di indiscusso valore: sia i capolavori di autori classici (Dante, Ariosto, Rabelais, Cervantes, Milton, La Fontaine) sia i testi dei letterati a lui contemporanei (Balzac, Gautier, Poe, Coleridge, Tennyson).
Quella di Doré, pittore, disegnatore e incisore, è un’arte della messa in scena che, nella ricerca della massima intensità dell’immagine, vuole rappresentare un sentimento religioso e un rispetto panico per la grande scena della natura, le sue foreste, le montagne, le rocce a picco e gli orridi, i mari in tempesta… Il fitto tratto e il forte chiaroscuro dei paesaggi immaginati dall’artista moltiplicano all’infinito i punti di vista grazie alla profondità dei piani prospettici, panoramici o frontali e sottolineano, in tal modo, l’inquietudine e la passionalità dei protagonisti, avvolti in una natura che amplifica i loro sentimenti, secondo la cifra distintiva del Romanticismo.

Dagli anni ’80 del Novecento, il paesaggio è un tema centrale nelle opere grafiche e pittoriche di Tullio Pericoli (Colli del Tronto, Ascoli Piceno, 1936). “Quelli di Tullio Pericoli sono paesaggi altamente soggettivizzati […] lontananze d’orizzonte e riprese ravvicinate, al rallentatore, si nutrono di uno stesso vocabolario di colori fortemente materici, di delicate incisioni che li attraversano come solchi, di simmetrie accennate e negate. Si sovrappongono così, intrecciandosi senza sforzo, la dimensione naturalistica e quella astratta e convenzionale della rappresentazione; ma anche l’approccio geografico-mappale e quello storico- narrativo, e perfino (auto) biografico: le stesse geometrie raccontano per strati storie di sovrapposizioni di tempi, di coltivazioni, di momenti, di persone, di terre. Alludono a una grammatica del vivere, a un modo d’intendere il paesaggio che fu il potente riflesso di quegli uomini e del loro costruire una società, una cultura”. Salvatore Settis, Pitture di terre, in: Tullio Pericoli, Opera incisa, Bergamo, 2014.

Illustrare la città e il territorio

Vedute e mappe si presentano come una sintesi felice di abilità artistiche (in particolare il disegno e l’incisione) e di conoscenze cartografiche, agrimensorie e pittoriche. Le vedute propongono non solo immagini della Città nel suo svolgimento storico ma fissano anche le concezioni culturali di ciascuna epoca nonché le suggestioni, i gusti e i criteri di rappresentazione prediletti dagli artisti e dai committenti nel corso dei secoli. Dalle vedute essenziali e quasi simboliche dei secoli XV e XVI fino alle vedute settecentesche ampiamente descrittive, le raffigurazioni di Bergamo e del suo territorio ci restituiscono sia paesaggi urbani, con piazze, schiere di case lungo le vie e mura, sia naturali, con campagne coltivate, filari di alberi, colline.

I cabrei nascono invece come strumento manoscritto di inventariazione dei beni delle amministrazioni ecclesiastiche e laiche e sono il prodotto delle misurazioni territoriali degli agrimensori. Il paesaggio naturale viene reso nei suoi tratti essenziali, per individuare le potenzialità produttive dei terreni, delimitarne i confini e dunque sancire giuridicamente le diverse proprietà. I disegni e i simboli grafici che differenziano l’utilizzo e i vari tipi di colture dei singoli appezzamenti e le rappresentazioni dettagliate delle tipologie di edifici posti all’interno dei possedimenti, si accompagnano a decorazioni allegoriche, fregi, stemmi, personaggi pittoreschi.

Bergamo, Biblioteca Civica Angelo Mai, Atrio scamozziano
25 maggio – 3 settembre 2018
lunedì – venerdì: 8.45 – 17.30, sabato: 8.45 – 13.00
Mostra a cura di
Rossella Chiodero e Lorenza Maffioletti