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Gli antichi corali della Basilica di Santa Maria Maggiore

Bergamo – Biblioteca Civica Angelo Mai – Atrio scamozziano
Piazza Vecchia, Città Alta
7 giugno – 7 settembre 2019

Viene inaugurata giovedì 6  giugno, alle ore 20.30, nell’Atrio scamozziano, la mostra dal titolo Spiritualità, arte e musica. Gli antichi corali della Basilica di Santa Maria Maggiore, che vede l’esposizone di quattordici libri corali conservati dalla Biblioteca, i più antichi manoscritti realizzati per la cappella della Basilica. La mostra, che si protrarrà per tre mesi esatti, si svolge in voluta contemporaneità con l’analoga esposizione Parole d’oro. Libri miniati della Cattedrale di Bergamo, allestita presso il Museo e Tesoro della Cattedrale, che presenta a sua volta nove corali conservati in Archivio Storico Diocesano.

La duplice iniziativa consente per la prima volta una visione complessiva dell’insieme dei libri corali presenti in città ed è organizzata nell’ambito della più ampia e articolata proposta dal titolo Testi, melodie, colori: un convegno, che si svolge dal 6 al 9 giugno a conclusione dell’attività di restauro degli Antifonari del Capitolo della Cattedrale, pone l’attenzione sul prezioso patrimonio dei corali quali oggetti di massima espressione della cultura libraria medievale-rinascimentale; seguono quindi una serie di attività correlate quali workshop, mostre, concerti, con il fine di approfondire la comprensione di questi tesori, in modo tanto scientifico, quanto gradevole.

Ingresso libero alla mostra durante gli orari di apertura della Biblioteca. Scarica il pieghevole con il programma del convegno e la cartolina-invito alle mostre.

Spiritualità, arte e musica

Catalogo della mostra

I corali della Misericordia Maggiore di Bergamo. Manifattura di alta qualità

I libri corali esposti sono stati commissionati dal Consorzio della Misericordia Maggiore nella seconda metà del XV secolo. La responsabilità della gestione della Basilica da parte del Consorzio a partire dal 1449, ufficializzata da papa Nicolò V con la bolla del 1453, favorì la creazione di una cappella musicale di alto livello. A Bergamo l’attività di Jacopo da Balsemo e della sua bottega raggiunse notevoli livelli artistici nella realizzazione di questi meravigliosi e monumentali codici.
In essi possiamo ammirare uno dei vertici nell’arte della produzione del libro. Numerosi artisti e artigiani specializzati intervenivano per curarne ogni singolo aspetto. Innanzi tutto occorreva produrre molti fogli di pergamena di alta qualità per confezionare i singoli fascicoli: il pergamenarius sottoponeva le pelli di ovini (capre o pecore) ad un particolare trattamento di disinfezione, raschiatura, tensione, levigatura e taglio. Il committente indicava poi con precisione il progetto che sottostava alla confezione del volume in modo da determinare il numero dei fascicoli richiesti , il numero di righe per pagina mediante rigatura (a secco o a inchiostro), i margini e le spaziature per creare la mise en page, operazione quest’ultima particolarmente complessa per alternare testo e musica in relazione all’apparato decorativo. Il musicista, a partire dai tetragrammi in rosso già tracciati, provvedeva alla scrittura delle note musicali; successivamente il copista, con un’elegante grafia gotico-libraria, apponeva il testo sotto le note facendo molta attenzione alla corrispondenza sillabica con suoni e melismi e lasciando i dovuti spazi per le decorazioni. Completava la pagina il miniaturista con la realizzazione delle iniziali decorate, figurate o istoriate mediante l’uso del disegno a secco, la ripresa dei contorni a inchiostro, le ombreggiature, la stesura e brunitura della foglia d’oro, la coloritura con pigmenti di origine vegetale o minerale. La confezione dei corali si completava con l’intervento del legatore: capace di selezionare tavole di legno a misura per i piatti da decorare con cuoio e borchie metalliche agli angoli (cantonali) e al centro (umboni), egli infine chiudeva il blocco dei fascicoli mediante cucitura su telaio e apposizione di nervi, indorsatura e dorso.
È grazie alla raffinata maestria di tutti questi specialisti, unita all’attenzione e alla cura con la quale questi corali sono stati conservati nei secoli, che possiamo oggi ammirarli con gli stessi occhi con i quali li videro i cittadini del Quattrocento.

Il libro liturgico: i contenuti

Il libro liturgico è un volume che contiene i brani, testuali o musicali, destinati alla liturgia, o le indicazioni per definire la liturgia stessa seguendo un calendario che va dalla prima domenica dell’Avvento al sabato che segue la ventiquattresima domenica dopo Pentecoste. La liturgia, nel rito cattolico romano, si articola nella Messa (liturgia eucaristica) e nell’Ufficio (liturgia delle Ore). La Messa prevede a sua volta l’Ordinarium, caratterizzato da Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei e Ite Missa est o Benedicamus Domino, e il Proprium contenente Introito, Graduale, Alleluia o Tratto, Offertorio e Communio. La liturgia delle ore si suddivide invece nelle otto ore canoniche: mattutino (a partire dalle 2 di notte), lodi (alle 5 o al sorgere del sole), prima (alle 6), terza (alle 9), sesta (alle 12), nona (alle 15), vespri (al tramonto, verso le 18), compieta (prima del riposo). Le tre ore maggiori sono Mattutino, Lodi e Vespri. Nella liturgia delle ore troviamo antifone, salmi, responsori, inni e cantici.
L’anno liturgico prevede due cicli distinti: il Proprium de tempore (o Temporale) e il Proprium sanctorum (o Santorale). Il Temporale è scandito dalla memoria dei principali momenti della vita di Cristo mentre il Santorale procede in parallelo con la commemorazione dei santi nell’ordine gerarchico stabilito dalla Chiesa.
I due libri liturgici principali sono il Messale, contenente tutti i testi necessari per la celebrazione della Messa, e il Breviario, che raccoglie i testi (normalmente senza notazione) di quelle preghiere che i membri del clero e i religiosi dei vari ordini sono tenuti a recitare ogni giorno in determinate ore. I principali libri liturgici che contengono notazione musicale per il canto gregoriano sono il Graduale, con le intonazioni di tutti i testi dei canti del Messale destinati alla schola, e l’Antifonario, i cui testi, destinati al coro, sono derivati dal Breviario: l’intera comunità monastica o la schola.
Il libro liturgico, dagli antichi manoscritti medievali alle edizioni novecentesche, ha mantenuto inalterate molte delle sue caratteristiche a testimonianza di una tradizione perpetuatasi nei secoli. Nei messali quattrocenteschi e cinquecenteschi si osserva tuttavia una notevole varietà nella struttura, nelle rubriche, nelle feste in calendario, nelle preghiere, nelle letture e nei canti , che seguono le diverse tradizioni locali o le usanze dei vari Ordini religiosi: questa difformità viene a cessare quasi completamente dopo la promulgazione del testo autentico del nuovo Messale ad opera di Pio V nel 1570.

Canto gregoriano e notazione neumatica

Il canto gregoriano costituisce l’espressione musicale monodica di una liturgia cristiana che inizia a strutturarsi fra il IV e il VI secolo e che è debitrice di quel processo di unificazione promosso da Pipino il Breve e poi da Carlo Magno che fece nascere la tradizione del ‘canto gregoriano’, rigorosamente monodico, erroneamente attribuita al papa Gregorio Magno (Roma, 540 ca. – 604). Tale tradizione si è protratta, seppure con aggiunte, contaminazioni, ripensamenti, nuovi studi ed edizioni di varia tendenza (ad esempio l’edizione Medicea del 1614-1615), fino a tempi recenti: basti pensare al Liber usualis missae et officii, pubblicato dal 1896 fino al 1964, frutto della revisione storico-critica effettuata nell’Ottocento dai monaci del monastero di Solesmes dom Joseph Pothier e dom André Moquereau, e ufficialmente in uso nelle chiese cattoliche fino al Concilio Vaticano II.
Veicolo tradizionale del canto gregoriano è stata la notazione neumatica (da neuma = segno), nata alla fine del IX secolo per suggerire ai cantori l’andamento delle melodie da intonare che erano fino ad allora tramandate a memoria. Inizialmente prevaleva una notevole varietà grafica legata a tradizioni locali (mozarabica, gallicana, aquileiense, sangallese, metense, nonantoliana ecc.) e si verificava una assai frequente assenza di rigo musicale (neumi in campo aperto).
La possibilità di fissare in senso assoluto l’altezza dei suoni giunse con l’introduzione di una linea, prima a secco e poi rossa, in corrispondenza della nota Fa. Alla linea del Fa venne poi aggiunta la linea del Do (gialla). Successivamente si adottò il tetragramma (quattro linee rosse) che la tradizione suole attribuire a Guido d’Arezzo (inizio sec. XI). Nel frattempo anche la forma dei neumi subì un processo di progressiva standardizzazione con l’adozione di note di forma quadrata o romboidale utilizzate, singolarmente o in gruppi, per le varie sillabe del testo, definendo un sistema che fosse comprensibile non più solo per i monaci di una singola abbazia, ma per tutti i monaci e per il clero secolare. È il tipo di notazione che riscontriamo nei 14 corali quattrocenteschi oggetto della presente mostra. Particolarmente adatta per questo tipo di repertorio, essa è stata adottata nei libri liturgici con notazione fino alle edizioni novecentesche. In età medievale la notazione neumatica venne utilizzata anche per il repertorio monodico profano: la troviamo ad esempio nei codici del XIII secolo che riportano i canti della tradizione dei trovatori provenzali e dei trovieri.

Jacopo da Balsemo, miniatore

Le numerose miniature contenute nei libri corali in mostra documentano l’altissimo livello qualitativo raggiunto nella realizzazione e confezione del libro manoscritto illustrato.
Il sontuoso apparato decorativo di questi codici è riconducibile al miniatore Jacopo da Balsemo e alla sua numerosa e organizzata bottega. Nel corso della sua lunga attività, attestata a Bergamo dal 1449 al 1503, il miniatore originario del milanese è la personalità artistica dominante la produzione libraria cittadina anche grazie alla rete di relazioni con il mondo artistico e culturale bergamasco. Esemplare in tal senso il legame con l’umanista agostiniano Jacopo Filippo Foresti, autore del Supplementum chronicarum, un’opera ricca di notizie storiche su Bergamo, pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1483 e i cui esemplari furono decorati proprio dalla bottega del Balsemo. Noto per la ornamentazione di messali, breviari, antifonari e graduali, Jacopo da Balsemo fu anche incaricato della decorazione dell’esemplare ufficiale dello Statuto di Bergamo del 1453. I suoi codici e incunaboli miniati superstiti «documentano la complessità di una cultura figurativa tesa fra tradizione e aggiornamento, ma soprattutto fedele ad un’iconografia che garantiva una ricca illustrazione dei testi, in particolare quelli liturgici, consona alla sensibilità religiosa delle confraternite e degli ordini osservanti » (Marco Rossi). Grazie alla firma ‘Jacobus’ posta al f. 150v dell’Antifonario VII, che accerta l’autografia del codice, è stato possibile per gli studiosi individuare le peculiarità del suo stile radicato sulla grande tradizione tardogotica viscontea e sulla miniatura cremonese e caratterizzato da un affabile tono narrativo. La monumentalità dei corali è sottolineata nell’imponenza decorativa delle pagine miniate con ricchi fregi a volute fitomorfe policrome e iniziali con immagini di grande intensità figurativa, quasi pittorica. L’iconografia è generalmente legata ai testi liturgici con presentazione di scene bibliche e agiografiche. I tratti stilistici della produzione del primo periodo, con figure bamboleggianti, vesti rese attraverso raffinati panneggi elegantemente tardogotici, evolvono progressivamente in senso umanistico facendosi più attenti alle ambientazioni naturalistiche di ampio respiro (con intensi ocra, verdi e azzurri caratterizzati dai tipici puntolini quadrinati) ai valori spaziali e plastici che si riscontrano assai chiaramente nella decorazione del Breviario di Santa Grata databile al 1474 circa.

La Basilica di Santa Maria Maggiore

Situata in un’area al centro della vita civile e religiosa di Bergamo, la basilica di santa Maria Maggiore sorge nel 1137 a seguito della demolizione di una preesistente chiesa dedicata alla Vergine. Una chiesa battesimale dipendente dalla vicina cattedrale di san Vincenzo, oggi dedicata a sant’Alessandro, è infatti documentata per la prima volta in un testamento del 774, l’anno della cessazione del regno longobardo in città.
Costruita a pianta classica a croce greca poliabsidata, la basilica fu impreziosita nel Trecento con l’edificazione del battistero e dei superbi portali di Ugo e Giovanni da Campione. Alla metà del Quattrocento fu innalzato il nuovo campanile ad opera dell’architetto Bertolasio Moroni, mentre nel secolo successivo l’interno venne arricchito dal sontuoso coro ligneo con le tarsie di Francesco Capoferri su disegni di Lorenzo Lotto.
Il XVII secolo fu decisivo per dare alla basilica l’aspetto che ancora oggi ammiriamo: chiusura dei matronei, costruzione dei pulpiti in marmo, acquisto di arazzi fiamminghi, esecuzione degli stucchi e di nuove tele.
Dal punto di vista amministrativo già nel 1156 la basilica acquisì una propria dotazione patrimoniale ed iniziò ad essere amministrata da laici appartenenti a famiglie consolari della città, pur in subordine alle direttive della gerarchia ecclesiastica cittadina. Nel XIII secolo vi si svolgevano regolari assemblee comunali, che attestano il ruolo centrale della chiesa nella vita comunale: il laicato bergamasco riconosceva in Santa Maria Maggiore la sede e la memoria del prestigio cittadino. Parallelamente emergono i primi legami documentati con alcuni membri del Consorzio della Misericordia Maggiore (MÎA), una confraternita di laici fondata a Bergamo nel 1265, mentre la Fabbrica iniziava ad esercitare diritti sulla scelta del clero per la chiesa.
La Repubblica di Venezia, dopo la conquista della città nel 1428, confermò la chiesa come cappella della Comunità simbolo del culto civico.
Nel 1449 il Consiglio degli Anziani di Bergamo deliberò di affidare la sua amministrazione alla MÎA, per una migliore gestione anche in relazione alla scelta dei sacerdoti officianti. Ciò provocò l’opposizione del vescovo Giovanni Barozzi. Ne nacque una diatriba che trovò una soluzione definitiva solo nel 1613 quando venne deciso il trasferimento del battistero di Giovanni da Campione in cattedrale. Alla Cappella musicale, attiva dalla fine del XV secolo, si affiancarono, dal 1506, le lezioni per la formazione dei chierici della basilica, aperte anche a membri esterni, in coerenza con la vocazione all’insegnamento e alla cultura che caratterizza la MÎA almeno dal Trecento e che si protrae fino ad oggi. Il nuovo Codice di diritto canonico promulgato nel 1983 avocherà all’ordinario diocesano la scelta del priore lasciando alla MÎA l’amministrazione della Fabbrica.

La Cappella musicale di Santa Maria Maggiore

Discendenti dirette delle antiche scholae cantorum, le cappelle musicali delle più importanti cattedrali e basiliche italiane conoscono una vera e propria fioritura a partire dalla metà del secolo XV. Per adeguarsi alle esigenze di forza e qualità sonora imposte dall’evoluzione della polifonia e per competere nel prestigio con le grandi cappelle fiamminghe, le cappelle italiane ampliano ripetutamente gli organici al cui lustro concorre la presenza di cantori-compositori d’oltralpe di valore.
La prima menzione documentata di un insegnante di musica nella basilica di Santa Maria Maggiore risale al 29 settembre 1480, quando un non meglio identificato ‘prete Giovanni’ viene assunto perchè «debeat in cantu figurato cum aliis cantare et clericos ecclesie aptos docere musicam».
Dal 19 maggio al 27 ottobre 1483 gli succederà Franchino Gaffurio (1451-1522), umanista eccelso che, assieme a Tinctoris, è considerato il più importante teorico della musica tra Quattro e Cinquecento. A lui si devono fondamentali trattati tra i quali spiccano Theorica musicae (1492) e Practica musicae (1496).
Figure minori lo separano da Gaspare de Albertis (1490?-1560), chierico e cantore in Santa Maria Maggiore dal 1506, ordinato sacerdote nel 1514. Autore, nel 1524, di due libri di canto figurato, ancora oggi esistenti, de Albertis, nominato maestro di cappella nel 1536, manterrà la carica sino al 1554. La sua importanza storica è legata all’introduzione della nuova tecnica musicale dei ‘cori spezzati’, in anticipo su Adrian Willaert, celeberrimo maestro della Cappella Marciana di Venezia.
Giovanni Cavaccio (1556?-1626) ricoprì la carica dal 1598 alla morte: con questo musicista lo spirito della riforma tridentina diede i suoi frutti migliori anche grazie all’introduzione nel repertorio della Cappella delle composizioni della grande scuola polifonica romana.
Durante il Settecento la Cappella Musicale conosce un periodo di decadenza: bisognerà attendere l’arrivo a Bergamo di Giovanni Simone Mayr (1763-1845) in carica dal 1802 al 1845, per un suo significativo rilancio. Alessandro Nini dal 1847 al 1880 e Amilcare Ponchielli dal 1882 al 1886 e, nel Novecento, Guglielmo Mattioli (dal 1900 al 1909) e Agostino Donini (dal 1909 al 1923) dirigono la Cappella sino alla sospensione dell’attività tra il 1923 e il 1950. Si deve a Monsignor Giuseppe Pedemonti, che la diresse fino al 1994, la ricostituzione della Cappella poi affidata a Don Valentino Donella e attualmente guidata dal maestro Cristian Gentilini.

La liturgia bergamasca nei corali della Misericordia Maggiore

Lo studio di alcuni testi liturgici di cui si trova testimonianza solo nei Corali della MÎA, consente di ipotizzare l’esistenza di una liturgia locale bergamasca anteriore al Concilio di Trento, soprattutto per le feste dei santi locali o dei santi che a Bergamo erano oggetto di particolare venerazione.
Si trovano testi di uso locale per le feste di Sant’Alessandro Martire, Sant’Antonio Abbate, Santa Giustina, Santa Grata, San Martino Episcopo e Confessore, Visitazione di Maria. L’indice posto all’inizio del Corale A consente di ricostruire un calendario liturgico locale che include alcune feste assenti nel calendario romano dell’epoca o ne sposta altre in data differente.

Maggio

  • 4 S. Iacobi (san Giacomo) arcidiacono delle Chiesa di Bergamo, difensore fino al martirio dell’ortodossia cattolica
  • 5 Translationis S. Grate (santa Grata, celebrata anche il 30 agosto)

Giugno

  • 9 S. Lupi Conf. (san Lupo confessore) vescovo di Bergamo e padre di santa Grata
  • 4 S. Elisabetta Regina Port. (Portogallo) nel calendario romano 4 luglio

Luglio

  • 7 S. Romuli Ep. et Conf. (san Romolo vescovo e confessore) discepolo di san Pietro, che predicò a Bergamo per qualche tempo
  • 11 S. Iohannis Ep. et M. (san Giovanni vescovo e martire) vescovo di Bergamo. Si batté contro gli ariani e morì martire
  • 16 S. Domnonis M. (san Domneone martire, celebrato anche il 29 agosto) martire insieme alla sorella Eusebia

Agosto

  • 9 SS. Firmi et Rustici (santi Fermo e Rustico) bergamaschi martirizzati a Verona e venerati insieme a san Procolo
  • 11 S. Exterie Virg. et M. (santa Esteria vergine e martire) amica di santa Grata
  • 13 Translationis SS. Alexandri et Soc. (sant’Alessandro, celebrato anche il 26 agosto)
  • 14 S. Clare (santa Chiara) nel calendario romano 11 agosto
  • 16 S. Rochi Conf. (san Rocco confessore) pur non trattandosi di un santo locale, è oggetto a Bergamo di particolare venerazione
  • 18 S. Proiectitii M. (san Proietto martire) arcidiacono
  • 26 S. Alexandri M. (sant’Alessandro martire) patrono di Bergamo, secondo la tradizione è un marti re della legione Tebea
  • 27 S. Narni Ep. et conf. (san Narno vescovo e confessore) primo vescovo di Bergamo
  • 30 S. Grate Vidue (santa Grata vedova, celebrata anche il 5 maggio) figlia di san Lupo e legata al culto di sant’Alessandro di cui seppellì il corpo

Settembre

  • 18 S. Thome Ep. et Conf. (san Tommaso vescovo e confessore) nel calendario romano 21 settembre
  • 22 Translationis SS. Firmi et Soc. (san Fermo, celebrato anche il 9 agosto)
  • 23 Inventionis S. Vincentii M. (san Vincenzo martire) titolare dell’antica Cattedrale di Bergamo
  • 24 S. Lini Pont. Et M. (san Lino pontefice e martire) nel calendario romano 23 settembre

Ottobre

  • 1 S. Angeli Custodis (Angelo custode) nel calendario romano 2 ottobre
  • 29 S. Eusebie Virg. et M. (santa Eusebia vergine e martire) martire insieme al fratello Domneone

Dicembre

  • 9 S. Proculi Ep. et Conf. (san Procolo vescovo e confessore) vescovo di Verona, legato nel culto ai santi Fermo e Rustico
  • 14 S. Viatoris Ep. et Conf. (san Viatore vescovo e confessore) secondo vescovo di Bergamo
  • 18 Expectationis Partus B.V.M. (Attesa del parto della Beata Vergine Maria)

La storia dei corali della MÎA

Il primo documento a noi noto relativo ai Corali della MÎA si trova nel primo di una serie di volumi di inventari dei beni della Basilica di S. Maria Maggiore. Alla fine del primo inventario, del giugno 1449, come ultima voce, aggiunta da una mano differente da quella che ha redatto la parte precedente dell’inventario, si legge: «Item unum Anti phonarium novum pulcherrimum et magnum, completum in voluminibus octo, in sacristia et in cimergia». Il 19 dicembre 1468 la MÎA incarica due esperti di stimare «miniaturas factas per magistrum Iacobus da Balsemo… quae miniaturae sunt super libros magnos existentes in cimergia». Appare quindi quasi certo che gli otto Antifonari della MÎA siano stati realizzati fra il 1449 ed il 1468.
Una decina di anni dopo, nell’inventario del 1479 vengono registrati per la prima volta tre Graduali (gli attuali Corali A, B e C). Nel 1480 viene consegnato a Jacopo da Balsemo un «Liber Gradualis qui est foliorum 42 integrorum», mentre nel 1489 venne nominato un incaricato «ad videndum et intelligendum mercedem magistri Jacobi da Balsemo miniatoris, occaxione miniature Gradualium seu Antiphonarium ecclesie et factam rationem saldandum». Il lavoro era quindi concluso e si doveva provvedere al pagamento. Già nell’inventario del febbraio 1489, in effetti, troviamo registrati come presenti tutti e quattro i Graduali (compreso il Corale D) e anche un Kyriale (una parte dell’attuale Corale L). La realizzazione dei Quattro Graduali e della parte più antica del Kyriale può quindi essere collocata fra il 1479 ed il 1489.
Il 25 febbraio 1542, la MÎA stipula un contratto con il «Magistrum Hieronimum de Novaria » che «sia tenuto a fare tutte le lettere grandi et piccole de lo Hymnario de li colori belli et fini de la beleza de li altri libri de la giesa nostra. Item anchora debba fare tutte le litere così grandi como picole de uno Te Deum laudamus et di tre Pater et del resto de li hymni restano a notare nel dito Hymnario». Il «Te Deum laudamus et di tre Pater» costituiscono oggi una parte del Corale L. Il primo inventario che registra la presenza del Corale Hymni è quello del 1571 e quindi si può collocare la realizzazione del Corale fra il 1542 ed il 1571.
Nel 1637, fu terminata la parte più recente del Corale L, come si legge nella sottoscrizione presente a f. 91: «Anno a Partu Virginis MDCXXXVII». Attualmente il Corale è quindi costituito da una parte databile fra il 1479 ed il 1489, una parte databile fra il 1542 ed il 1571 e una parte del 1637.

I quattordici corali esposti

ANTIFONARIO I: Antiphonarium Commune Sanctorum
Codice membranaceo di cc.198, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, testo in latino, miniature di Jacopo de Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore delle feste di tutti i Santi appartenenti a specifiche categorie (martiri, pontefici, vergini…).
Dimensioni: mm 550 x 360. Rigatura a inchiostro. Al piatto anteriore etichetta con scritta: «Antiphonar. Commune Sanctorum». Alla fine del codice si trovano tre carte non numerate ed è inserito un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature. Come gli altri Antifonari del Consorzio della Misericordia di S. Maria Maggiore, il codice è stato realizzato tra gli anni 1449-1468. In un’aggiunta successiva alla stesura all’inventario dei beni mobili di S. Maria Maggiore del 1449 si legge: «Item unum Antiphonarium novum pulcherrimum et magnum completum in voluminis octo, in sacristia et in cimergia», mentre nel successivo inventario del 1479 compare la citazione degli otto Antifonari.

f. 139v: Cantori attorno ad un corale
Iniziale miniata: I («In dedicatione templi»). Oro a foglia e tempera. Il gruppo dei cantori è disposto attorno a un corale sorretto da un leggio. La scena è inquadrata in uno spazio architettonico, prospetticamente delimitato da due colonne turchine in primo piano e chiuso nel fondo da una parete poligonale arancione che suggerisce lo spazio absidale, illuminato da finestre e completato da vele turchine con piccoli puntini quadrinati bianchi. I cantori sono colti nella spontaneità dei gesti e descritti con minuzia nei volti, nei capelli e nel panneggio elegante delle vesti.

f. 136r: Esempio di correzione
Dalla fine del quarto rigo musicale si nota la correzione del testo. Alla pagina viene anche aggiunto un rigo: è l’unica pagina dell’antifonario con 6 righi musicali.

f. 76v: Spazio vuoto per miniatura che non è stata realizzata
Il soggetto della miniatura avrebbe dovuto essere un pontefice martire (Confessoris pontificis).

ANTIFONARIO II: Antiphonarium Proprium Sanctorum secundum a S. Andrea Ap. ad Apparitione S. Michaelis Archangeli
Codice membranaceo di cc.291, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle feste di specifici Santi da S. Andrea Apostolo all’ Apparizione di San Michele Arcangelo.
Dimensioni: mm 550 x 355. Numerazione antica a inchiostro nero al centro del margine esterno che si affianca a un’altra numerazione antica a inchiostro bruno. Rigatura a inchiostro. Presenza di un solo richiamo a c. 180v al centro del margine inferiore. Testo in latino. Ornamentazione: iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura coeva in assi coperte in pelle con borchie, placche centrali e cantonali. Al piatto anteriore etichetta con scritta «Antiphonarium sanctorum proprium a S. Andrea apostolo ad apparitionem S. Michaelis Arcang. II». Su molte carte sono presenti i timbri della «Congregazione di Carità di Bergamo», «MÎA Archivio musicale Cappella di Santa Maria Maggiore» e «MÎA». Inoltre a c. 290v e all’interno del piatto posteriore si trovano i timbri «Pio Istituto Musicale Donizetti» e «MÎA 1901». All’inizio del codice si trova una carta non numerata ed è inserito un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature.

f. 3v: Gesù chiama alla vocazione Simon Pietro e Andrea
Iniziale miniata: D («Dum perambularet Dominus»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno è raffigurato Gesù che chiama alla vocazione Simon Pietro e Andrea. Miniatura incompleta. Possiamo osservare in dettaglio la tecnica esecutiva: il disegno preparatorio a inchiostro bruno, l’uso del chiaroscuro, una parte della foglia d’oro già stesa e la stesura delle diverse campiture di colore. Di particolare interesse il disegno dei particolari naturalistici e dei volti accuratamente delineati quasi certamente dalla mano del maestro.

f. 182v: San Giorgio, San Giovanni Battista e San Lorenzo
Iniziale miniata: B («Beatus vir»). Oro a foglia, tempera e penna. A sinistra S. Giorgio con armatura, lancia nella destra e scudo nella sinistra; al centro S. Giovanni Battista con vello e mantello rosa, cartiglio nella destra e croce nella sinistra; a destra S. Lorenzo con la palma nella sinistra; foresta sullo sfondo. La miniatura di questa pagina non è stata completata. Ciò offre la rara opportunità di osservare in dettaglio il disegno preparatorio.

f. 229r: Santa Grata con il capo di Sant’Alessandro
Iniziale miniata: B («Benedicta matrona Sancta Grata»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno S. Grata in abito rosa e mantello nero con l’interno giallo e velo bianco, reca la testa di S. Alessandro; la figura è collocata su terreno ocra con erbe e sassi, ai cui margini si estende una fitta foresta. Fondo turchino con decorazioni a puntini quaternati e profilature a smerlo in bianco.

ANTIFONARIO III: Antiphonarium Proprium Sanctorum Tertium a S. Iohanne Baptista ad Nativitatem Beate Marie Virginis
Codice membranaceo di cc.259, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle feste di specifici Santi da S. Giovanni Battista alla Natività di Maria Vergine.
Dimensioni: mm 345 x 365. Numerazione antica a inchiostro nero al centro del margine esterno, mancante alle cc. 86-105 e 191-239. che si affianca a un’altra numerazione nell’angolo superiore destro. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte in pelle con borchie e placche centrali e cantonali. Al piatto anteriore è incollata un’etichetta con la scritta «Antiphonarium Proprium Sanct. a S. Johanne Baptista usque ad nativitatem beate Marie Virginis III». Su tutte le carte si trova il timbro «MÎA», mentre all’interno del piatto anteriore si trovano i timbri «Pio Istituto musicale Donizetti», «MÎA Archivio Musicale», «Cappella di S. Maria Maggiore», «Congregazione di Carità», «MÎA 1901». All’inizio dell’opera sono inseriti un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature e due carte non numerate.

f. 189v: Sant’Alessandro
Iniziale miniata: D («Diebus nobis advenit»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno dell’iniziale Sant’Alessandro, patrono di Bergamo, a figura intera, in veste di soldato romano con un vessillo recante un giglio rosso. Il Santo si staglia trionfante in paesaggio dominato da un prato ascendente con alberi stilizzati, al margine del quale scorrono acque turchine, dominato da due città turrite.

f. 222r: Sant’Agostino in contemplazione
Iniziale miniata: I («Invenit se Augustinus»). Oro a foglia e tempera. Colonna rosa con elemento fitomorfo, fogliami in vermiglio e verde, nastro azzurro con decorazione bianca su campo aureo sagomato. Nel campo interno S. Agostino è inginocchiato su terreno a balzi con colline sullo sfondo. In alto a destra Dio circondato da raggi luminosi su fondo turchino con decorazione a puntini quaternati e profilature a smerlo bianco.

f. 59v: San Paolo predica alle folle
Iniziale miniata: Q («Qui operatus est Petro»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno S. Paolo in abito verde e manto vermiglio si rivolge alla folla assiepata ai suoi piedi.

ANTIFONARIO IV: Antiphonarium Proprium Sanctorum Quartum a Nativitate Beate Marie Virginis ad S. Andream Ap.
Codice membranaceo di cc. 178, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle feste di specifici Santi dalla Natività di Maria Vergine a S. Andrea Apostolo.
Dimensioni: mm 545 x 365. Numerazione antica a inchiostro rosso al centro del margine esterno che arriva sino alla c. 46, che si affianca a un’altra numerazione antica a inchiostro bruno nell’angolo superiore destro. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: una pagina con fregio, iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura coeva in assi coperte in pelle. Presenza di placche di bronzo, centrali e cantonali, e di borchie. All’esterno del piatto anteriore è incollata un’etichetta con la scritta «Antiphonarium Proprium Sanct. a nativitate b.M. V. ad S. Andream apostolum III». A tutte le carte timbro della «MÎA», mentre all’inizio e alla fine dell’opera si trovano i timbri «Congregazione della Carità», «MÎA 1901», «MÎA Archivio Musicale Cappella di Santa Maria Maggiore». All’inizio dell’opera si trova un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature.

f. 78v: San Francesco riceve le stigmate
Iniziale miniata: F («Franciscus ut in publicum»). Oro a foglia e tempera. Il Santo, inginocchiato su un prato verde con erbe, sassi, e alberi da frutto dominato da un edificio turrito, è colto nell’attimo nel quale riceve le stigmate, da Gesù Cristo che si staglia, circondato da ali rosse, nel cielo, turchino e illuminato da puntini quaternati bianchi, come fosse in croce. In basso a sinistra, San Francesco siede nella caverna erbosa e tiene la mano destra alzata. Colpisce il carattere fortemente realistico della raffigurazione.

f. 127r: San Martino e il povero
Iniziale miniata: H («Hic est Martinus»). Oro a foglia e tempera, in rosa, con decorazioni fitomorfe e geometriche in bianco su fondo aureo. Nel campo interno S. Martino a cavallo avvolge con metà del suo mantello il povero. Sfondo di prato con erbe gialle e sassi, colline; fondo turchino con decorazioni a puntini bianchi quaternati e profilature a smerlo in bianco.

f. 4r: Natività della Vergine
Iniziale miniata: H («Hodie nata est»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno spaccato di abitazione con finestre a bifora polilobate, S. Anna in manto rosso seduta su panca lignea, a sinistra donna in abito viola e velo bianco regge con la sinistra la Madonna in fasce e con la destra tocca acqua in un catino posto al centro della porta d’ingresso. Altre due donne sono in secondo piano. Colline verdi con erbe gialle; in alto fondo turchino con puntini quaternati e profilature a smerlo bianco.

ANTIFONARIO V: Antiphonarium de Tempore quintum ab Adventu ad Octavam Epiphanie
Codice membranaceo di cc. 310, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle Domeniche e delle feste principali dell’anno liturgico dalla prima domenica di Avvento all’ottava dell’Epifania.
Dimensioni: mm 540 x 385. Numerazione antica a inchiostro al centro del margine esterno. Presente un’altra numerazione a inchiostro nell’angolo superiore destro. Richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: una carta con fregio, iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate; presenza di oro e turchino. Legatura coeva in assi coperte in pelle, con placche di bronzo, centrali e cantonali, e borchie. All’esterno del piatto anteriore compare una scritta su etichetta «Antiphonarium de tempore ab Adventu ad octavam Epiphaniae V». Su tutte le carte troviamo il timbro «MÎA». All’inizio e alla fine dell’opera si trovano i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di Carità» e «MÎA Archivio Musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio del testo si trova un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature e una carta non numerata.

f. 4v: Re David a colloquio con Dio
Iniziale miniata: A («Aspitiens a longe»). Oro a foglia e tempera. Nastri in carminio foderati di foglia e tempera avvolti attorno a bastoni d’oro, fogliami e fiori verdi e turchini. L’asta della lettera A suddivide il campo in due ordini: in basso è Re David, abbigliato sontuosamente con una veste turchina bordata di pelliccia, fascia e mantello bordato d’oro. Inginocchiato su un terreno sassoso che ha nel fondo una cortina di alberi dai frutti rossi, regge un lungo cartiglio e rivolge lo sguardo a Dio Padre benedicente con la mano destra e con il globo celeste nella sinistra. Collocata nell’ordine superiore, la figura di Dio, è posta a destra entro un ampio cielo turchino illuminato da puntini bianchi quaternati.

f. 155v: Natività di Cristo
Iniziale miniata: H («Hodie nobis»). Oro a foglia e tempera. Costituita da nastri rosa con decorazioni in bianco terminante in fogliame su fondo aureo e nero. Nel campo interno S. Giuseppe seduto addormentato, al centro la madonna inginocchiata in adorazione del Bambino che si trova in un grande cesto; alle sue spalle il bue e l’asino. Sullo sfondo colline marroni e fondo turchino.

f. 212r: Strage degli innocenti
Iniziale miniata: C («Centum quadraginta quattuor milia»). Oro foglia e tempera. Al centro Erode a cavallo; ai lati soldati con elmi e spade sguainate trafiggono bambino. Dietro a loro la folla. In primo piano corpi di fanciulli uccisi e figura di madre in abito verde seduta a terra con bambino sulle ginocchia. Fondo paesistico.

ANTIFONARIO VI: Antiphonarium de Tempore sextum a Dominica secunda post Epiphaniam ad Dominicam Passionis
Codice membranaceo di cc. 293, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle Domeniche e delle feste principali dell’anno liturgico dalla seconda domenica dopo l’Epifania alla domenica delle Palme.
Dimensioni: mm 560 x 380. Numerazione antica a inchiostro rosso al centro del margine esterno. Richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: una carta con fregio, iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte in pelle con borchie, placche in bronzo centrali e cantonali. All’esterno del piatto anteriore si trova un’etichetta con la scritta «Antiphonarium de tempore a dominica 2a post Epiphaniam ad dominicam Passionis VI». A tutte le carte si trova il timbro «MÎA». All’inizio e alla fine si trovano i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di Carità» e «MÎA Archivio Musicale Cappella S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera sono inseriti un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature e una carta non numerata.

f. 165v: Ritorno del figliol prodigo
Iniziale miniata: E («Ecce nunc tempus»). Oro a foglia e tempera. Le due figure occupano il primo piano del campo della lettera: il giovane, inginocchiato su un terreno sassoso, tiene in mano un cappello rosso; di fronte, sulla soglia di un edificio, il padre, la cui figura sottile ed elegante, drappeggiata in vesti dai morbidi panneggi, domina proporzionalmente la scena. La rara iconografia è caratterizzata da una forte componente narrativa e per la tipologia del paesaggio: collinare con alberi dai frutti rossi e città merlata alla sommità.

f. 260r: Dio e Mosè presso il roveto ardente
Iniziale miniata: L («Locutus est Dominus»). Oro e foglia a tempera. Lettera in rosa con decorazioni fitomorfe e profilature in bianco su fondo aureo sagomato e profilato a penna nera. Nel campo interno Dio e Mosè presso il roveto ardente. Mosè a sinistra in mantello rosa e veste verde, a destra Dio in abito rosa e manto azzurro indica albero dai frutti rossi il cui tronco è già avvolto dalle fiamme. Sfondo paesistico con terreno avvolto dalle fiamme; fondo turchino con decorazione a puntini quaternati e profilature a smerlo bianco.

f. 225v: Giuseppe e i fratelli che congiurano contro di lui
Iniziale miniata: V («Videntes Joseph»). Oro a foglia e tempera. A sinistra edificio, gruppo di quattro figure maschili, a destra Giuseppe in abito ocra con fascia e borsa in azzurro e copricapo rosso. Sfondo paesistico con terreno ocra, sassi e gruppo di alberi. Fondo con decorazione a puntini quaternati e profilature a smerlo bianco.

ANTIFONARIO VII: Antiphonarium de Tempore septimum a Dominica Passionis ad Ascensionem
Codice membranaceo di cc. 259, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle Domeniche e delle feste principali dell’anno liturgico dalla domenica delle Palme alla festa dell’Ascensione.
Dimensioni: mm 560 x 360. Numerazione antica a inchiostro rosso al centro del margine esterno. Richiami e numero d’ordine dei fascicoli al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: una carta con fregio, iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte con pelle con presenza di borchie cantonali e centrali. All’esterno del piatto anteriore si trova un’etichetta con la scritta «Antiphonarium de Tempore a dominica passionis usque ad Ascensionem». Su tutte le carte si trova il timbro «MÎA». Sulle prime e ultime carte si legge «MÎA 1901», «Congregazione di carità», «MÎA Archivio Musicale Cappella di s. Maria Maggiore» e «Pio Istituto Musicale Donizetti». All’inizio dell’opera si trova un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature. Alla c. 150v si legge la scritta «IACOBUS», firma del Balsemo: riconosciuta autentica dagli studiosi, è l’unica che compare in tutti gli antifonari e graduali della MÎA.

f. 150v: Le tre Marie al Sepolcro
Iniziale miniata: A («Angelus Domini»). Oro a foglia, argento in polvere e tempera. Nel margine inferiore del ricco fregio che incornicia la pagina, su un cartiglio, si trova la firma del miniatore: IACOBUS. La lettera A è composta da elementi architettonici con una torre per l’asta sinistra e un arco gotico che inquadra la scena biblica. Il gruppo delle tre donne, con vesti e manti colorati, occupa la sinistra del campo, al centro è l’angelo bianco con ali turchino, verde e rosa, seduto sul sepolcro aperto. Il paesaggio nel quale le figure sono immerse è di forte impatto naturalistico con fiori, erbe e l’ampia volta turchina illuminata da piccoli punti quaternati bianchi.

f. 82v: Cristo sul Monte degli Ulivi
Iniziale miniata: I («In monte oliveti»). Oro a foglia e tempera. Tortiglione rosa e turchino su campitura con bordo aureo. All’interno Cristo con nimbo crocesignato, tunica vermiglia e manto turchino è inginocchiato mentre in cielo gli appare l’angelo con veste vermiglia e ali turchine, rosa e verdi, che regge nelle mani un calice d’oro. Ambiente paesistico con prato, alberi e cielo turchino.

f. 106r: Gesù abbandonato dai discepoli
Iniziale miniata: O («Omnes amici mei dereliquerunt me»). Oro a foglia e tempera. Cristo si palesa con nimbo crocesignato, tunica rosa e manto turchino. A sinistra sono i discepoli. Ambiente con terreno roccioso, albero con frutti vermigli, cielo turchino con profilatura a smerlo e piccoli punti quaternati bianchi.

ANTIFONARIO VIII: Antiphonarium de Tempore octavum a vigilia Ascensionis ad Dominicam XXIV post Pentecosten
Codice membranaceo di cc.306, 1449-1468, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Contiene i canti utilizzati per la celebrazione della liturgia delle ore in occasione delle Domeniche e delle feste principali dell’anno liturgico dalla domenica delle Palme alla festa dell’Ascensione.
Dimensioni: mm 550 x 370. Numerazione antica a inchiostro nell’angolo superiore destro a cui si affianca un’altra numerazione settecentesca a inchiostro nero al centro del margine esterno. Presenza di richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte in pelle con borchie, placche centrali e cantonali. All’esterno del piatto anteriore c’è un’etichetta su cui si legge «Antiphonarium de Tempore a vigilia Ascensionis ad dominicam 24 post Pentecostes. VIII». A tutte le carte si trova il timbro «MÎA», mentre sulle prime e ultime carte vi sono i timbri: «MÎA 1901» , «Congregazione di Carità» e «MÎA Archivio Musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera si trovano due carte non numerate e un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature.

f. 3v: San Bernardino – Ascensione di Cristo
Iniziale miniata: P («Post Passionem suam»). Oro a foglia e tempera. La lettera è caratterizzata nell’asta da un nastro avvolto attorno a un lungo stelo verde, il ductus presenta una nicchia rosata entro la quale è posta la figura di S. Bernardino con la sfera aurea all’interno della quale si intravvede il monogramma IHS. Nel campo interno, l’Ascensione di Cristo innanzi agli apostoli inginocchiati è ambientata in un paesaggio con montagne rocciose dominato da un cielo ingiallito da bagliori che circondano la figura divina.

f. 114v: Profeta Samuele
Iniziale miniata: P («Preparate corda vestra»). Oro a foglia e tempera. Il profeta è in piedi con abito rosa e mantello vermiglio coll’interno ocra e un cartiglio in mano. Sfondo di prato, colline ed abitazione; fondo turchino con decorazione a puntini quaternati e profilature e smerlo in bianco.

f. 203r: Sofferenza di Giobbe
Iniziale miniata: S («Si bona suscepimus»). Oro a foglia e tempera. Giobbe con il corpo coperto di piaghe, avvolto in mantello vermiglio con interno turchino.

CORALE A: Graduale A Commune Sanctorum
Codice membranaceo di cc. 231, 1479-1489, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Il Corale contiene il Commune Sanctorum cioè testi e melodie dei canti per la celebrazione delle Messe in onore dei Santi di tutto l’anno liturgico. Degna di nota la presenza di canti relativi alle feste di santi locali (in particolare Sant’Alessandro e Santa Grata) che testimoniano l’esistenza di una liturgia locale anteriore al Concilio di Trento.
Dimensioni: mm 510 x 360. Numerazione originale a cifre romane e inchiostro rosso al centro del margine esterno, a cui si aggiunge una doppia numerazione in cifre arabe nella seconda metà del margine esterno. Presenza di richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. All’inizio del codice si trova un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature, mentre alla fine sono inseriti quattro fogli non numerati. Ornamentazione: iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte in pelle, borchie centrali e cantonali. Al piatto anteriore si trova un ‘etichetta con la scritta: «A Graduale commune sanctorum». Il timbro «MÎA» si trova su tutte le carte, mentre all’inizio e alla fine dell’opera si trovano i timbri «Congregazione di Carità di Bergamo» e «MÎA Archivio Musicale della Cappella di S. Maria Maggiore».

f. 10r: Presentazione al tempio di Gesù Cristo
Iniziale miniata: S («Suscepimus»). Oro a foglia e tempera. La scena è ambientata in un fondo turchino con profilature bianche a smerlo e puntini quaternati, chiuso da un paesaggio collinare: in primo piano, a destra, la Madonna porge Gesù a Simeone per la circoncisione, a sinistra tre figure femminili. Sull’altare, posto al centro, un trittico con due santi laterali e la Crocifissione centrale. L’iniziale si prolunga nel margine contiguo con fogliame in diversi colori.

f. 64r: Sant’Alessandro Martire
Iniziale miniata: C («Celebris nobis advenit lux»). Oro a foglia e tempera. In rosa con sottili decorazioni fitomorfe bianche su fondo aureo sagomato e profilato a penna nera; nel campo interno, su fondo turchino con profilature a smerlo e decorazione a puntini quaternati in bianco, S. Alessandro a mezza figura, giubba rossa bordata di ermellino e abito di broccato verde, aureola in testa, palma nella destra e vessillo al giglio di Francia di rosso nella sinistra.

f. 96r: S. Grata con la testa di S. Alessandro
Iniziale miniata: G («Gaudeamus omnes in Domino»). Oro a foglia e tempera. In rosa con sottili decorazioni fitomorfe bianche e fogliame verde su fondo aureo sagomato e profilato a penna nera; nel campo interno, su fondo turchino con profilature a smerlo e puntini quaternati, S. Grata con la testa di S. Alessandro: S. Grata a mezza figura in abito viola e manto nero foderato di verde regge su di un panno la testa di S. Alessandro. L’iniziale si prolunga con fogliame rosa, bacche auree profilate a penna nera ed elemento floreale a calice in turchino.

CORALE B: Graduale B de tempore a prima Dominica Adventus ad tertiam Dominica Quadragesimae
Codice membranaceo di cc. 179, 1479-1489, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Il Corale contiene il Proprio de Tempore cioè testi e melodie dei canti per la celebrazione delle Messe delle Domeniche e delle altre festività religiose dalla prima domenica di Avvento alla seconda domenica di Quaresima.
Dimensioni: mm 545 x 395. Numerazione antica a cifre romane in inchiostro rosso al centro del margine esterno che si associa a un’altra numerazione successiva a matita rossa in cifre arabe nella stessa posizione. Presenza di richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: un fregio a piena pagina; iniziali istoriate, figurate e filigranate. Presenza di turchino. Su tutte le carte si trova il timbro «MÎA»; mentre sulle prime e ultime carte si leggono i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di Carità», «MÎA Archivio Musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera è inserito un foglio dattiloscritto con l’indice delle miniature e una carta non numerata.

Legatura antica
Assi coperte di pelle, con placche di bronzo centrali e cantonali fissate ai piatti con borchie, lamine ai bordi. All’esterno del piatto anteriore etichetta con scritta di mano settecentesca.

f. 1r: Re Davide
Iniziale miniata: A («Ad te levavi animam meam»). Tempera. Zoofitomorfa, in rosa, verde, turchino, su campitura esterna turchina. Nel campo interno Re David inginocchiato e orante, con veste verde, sopravveste lilla e manto giallo rivolto verso Dio Padre, che appare in alto a destra; sfondo paesistico con colline verdi, cielo turchino e stelle bianche. Nel margine inferiore del fregio la Madonna della Misericordia simbolo della Congregazione della Misericordia Maggiore.

f. 5r: Motivi decorativi fitomorfi
Iniziale decorata: P («Populus Syon»). Tempera. Parzialmente consunta. In lilla, su campitura esterna turchina; nel campo interno, sul fondo turchino, fogliame verde con frutto vermiglio. L’iniziale si prolunga nel margine contiguo con due grandi foglie d’acanto in verde e vermiglio.

CORALE C: Graduale C de tempore a III Dominica Quadragesimae ad Sabbatum Sancto
Codice membranaceo di cc. 214, 1479-1489, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Il Graduale C contiene il Proprio de Tempore cioè testi e melodie dei canti per la celebrazione delle Messe delle Domeniche e delle altre festività religiose dalla terza domenica di Quaresima al Sabato Santo.

f. 7r: Motivi decorativi fitomorfi
Iniziale decorata: I («In deo laudabo verbum»). Oro a foglia e tempera. Foglie d’acanto in vermiglio, oro, verde e turchino. Esempio di iniziale operata che si ritrova in altri tre fogli del codice con il caratteristico prolungamento fitomorfo nel margine contiguo.

Legatura antica
Assi coperte di pelle, con placche di bronzo centrali e cantonali fissate ai piatti con borchie; lamine ai bordi. All’esterno del piatto anteriore etichetta con scritta di mano settecentesca.

f. 1r: Re Davide
Iniziale miniata: O («Oculi mei semper ad Dominum»). Oro a foglia e tempera. Fitomorfa, in rosa, azzurro e verde, con due medaglioni aurei con pietra preziosa al centro contornata di perle. Nel campo interno, su fondo turchino con piccoli punti quadrinati bianchi, Re Davide punta l’indice della mano sinistra verso il proprio occhio con allusione allo sguardo fisso di Dio. Il re indossa un farsetto verde, sul quale porta una veste turchina e una sopravveste vermiglia con collo d’ermellino.

CORALE D: Graduale D de tempore a Dominica Paschae ad ultimam Dominicam post Pentecosten
Codice membranaceo di cc. 218, 1479-1489, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Jacopo da Balsemo e bottega. Il Graduale D contiene il Proprio de Tempore cioè testi e melodie dei canti per la celebrazione delle Messe delle Domeniche e delle altre festività religiose da Pasqua all’ultima domenica dopo Pentecoste.
Dimensioni: mm 540 x 395. Numerazione originale a inchiostro rosso al centro del margine esterno. Presenza di richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: una carta con fregio; iniziali istoriate, figurate, decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura antica in assi coperte in pelle con borchie e placche centrali e cantonali. Il corale D compare per la prima volta con incipit ed explicit nell’inventario dei beni mobili della Basilica di S. Maria Maggiore di Bergamo nel 1489. All’esterno del piatto anteriore è incollata un’etichetta con la scritta «Graduale de Tempore a dominica Pasche ad ultimam dominicam post Pentecostem D.». Su tutte le carte è riportato il timbro «MÎA», mentre all’inizio e alla fine del testo si trovano i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di carità», «MÎA Archivio Musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera è inserito un foglio dattiloscritto con indice delle miniature e una carta non numerata.

f. 1r: Cristo Risorto
Iniziale miniata: R («Resurrexi et ad huc tecum sum alleluya»). Oro a foglia e tempera. Cristo a figura intera con vessillo crocesignato nella mano destra è sopra il sepolcro chiuso; ai suoi piedi un soldato, con elmo e corazza, ha accanto un grande scudo rosso con la scritta S.P.Q.R. L’asta della lettera in lilla è costituita da una torre rotonda di quattro piani. Di straordinaria vivezza la resa del paesaggio collinare, degli alberi e del grande cielo solcato da nuvole bianche.

f. 52v: Ascensione
Iniziale miniata: V («Viri Galilei quod admiramini»). Oro a foglia e tempera. Nel campo interno l’Ascensione: Gesù, con veste bianca, ascende al cielo, mentre in basso, dietro un monte, sono visibili alcune teste di apostoli, con lo sguardo rivolto verso l’alto. Sfondo di cielo turchino con piccoli punti quadrinati bianchi.

f. 62r: Pentecoste
Iniziale miniata: S («Spiritus Domini replevit orbem terrarum»). Oro a foglia in polvere e tempera. Nel campo interno la Pentecoste: in alto, entro alone di raggi aurei, la colomba dello Spirito Santo; in basso le fiammelle discendono su Maria e sugli apostoli. Maria indossa una veste vermiglia con ricami d’oro, soggolo bianco e manto azzurro con fodera verde.

CORALE HYMNI: Hymni
Codice membranaceo di cc.188, 1542-1571, notazione neumatica quadrata su tetragramma rosso, miniature di Gerolamo da Novara. Il Corale contiene gli Inni utilizzati nella liturgia delle ore durante tutto l’anno liturgico.
Dimensioni: mm 570 x 410. Numerazione antica a inchiostro al centro del margine esterno sino alla c. 38, a cui segue una numerazione recente. Rigatura a inchiostro. Testo in latino. Ornamentazione: iniziali decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura coeva in assi coperte in pelle con lamine e borchie. All’esterno del piatto anteriore è incollata un’etichetta ottocentesca con la scritta «Hymni». Il 25 febbraio del 1542, la MÎA stipulò un contratto con Gerolamo da Novara per decorare un «Hymnario» che gli studiosi ipotizzano facesse parte originariamente del Corale L. Dell’Innario si ha notizia a partire dal 1571 e quindi la sua esecuzione può essere inserita nell’arco temporale compreso tra il 1542 e il 1571. Su tutte le carte si trova il timbro: «MÎA», mentre all’interno dei piatti si trovano i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di Carità», «MÎA Archivio musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera è inserito un foglio dattiloscritto con l’indice delle iniziali filigranate. All’interno del piatto anteriore è incollato un foglio membranaceo con contenuto religioso del XIII secolo.

f. 134v: Motivi decorativi fitomorfi
Iniziale decorata: A («Ave Maris Stella»). Oro in polvere e tempera. L’iniziale in verde, rosso e blu, che si delinea su fondo a fregi e meandri geometrici in oro e bianco, si prolunga nel margine contiguo con fogliame in verde, rosso e oro.

f. 181v: Motivi decorativi fitomorfi
Iniziale decorata: I («Iste confessor Domini»). In blu, rosso, grigio su fondo filigranato a motivi geometrici in bianco e verde. L’iniziale si prolunga nel margine sinistro con volute fitomorfe in verde, rosso e blu.

f. 184r: Motivi decorativi fitomorfi
Iniziale decorata: V («Vincentii»). In rosso e oro in polvere su fondo blu a motivi fitomorfi bianchi. L’iniziale si prolunga nel margine sinistro con volute fitomorfe in verde, rosso e blu.

CORALE L: Cantoria continens Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei et Symbola diversa per tempora infra annum
Codice membranaceo di cc.118, sec. XV-XVII, notazione neumatica quadrata su tetragramma o pentagramma rosso, miniature di Gerolamo da Novara. Il Corale contiene le parti dell’Ordinario della Messa per tutto l’anno liturgico (Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei, Credo).
Dimensioni: mm 465 x 335. Numerazione moderna errata a inchiostro nell’angolo superiore destro fino alla c. 105 che si affianca a una seconda numerazione preesistente. Presenza di richiami al centro del margine inferiore. Rigatura a inchiostro. Testi in latino. Ornamentazione: iniziali decorate e filigranate. Presenza di oro e turchino. Legatura coeva in assi coperte in pelle con borchie, placche centrali e cantonali. Nell’inventario dei beni mobili di S. Maria Maggiore del febbraio 1489 compare un Kyriale, probabilmente la parte quattrocentesca del Corale L. La parte cinquecentesca dello stesso Corale (cc. 92r-114v) apparteneva forse all’Innario. Nel 1637 fu terminata un’altra parte del Corale L, come si legge nella sottoscrizione a c. 91r. All’esterno del piatto anteriore è incollata un’etichetta con la scritta «Cantoria continens Kyrie, Gloria, Sanctus etc., Agnus Dei et simbola diversa per tempora infra annum L.». Su tutte le carte si trova il timbro «MÎA», mentre all’inizio e alla fine dell’opera si leggono i timbri «MÎA 1901», «Congregazione di Carità», «MÎA Archivio musicale Cappella di S. Maria Maggiore». All’inizio dell’opera è inserito un foglio dattiloscritto con l’indice delle iniziali decorate.

f. 12r: Kyria de feria cum Sanctus et Agnus Dei
Iniziale filigranata: K («Kyrie eleyson»). Oro in polvere e tempera. Sono nove in questo codice le iniziali filigranate su due righe. Le diverse coloriture sono variamente combinate alternando i colori rosso, turchino, oro, verde, viola. I motivi geometrici a tratto sottile si prolungano nei margini.

f. 13v: Kyria de feria cum Sanctus et Agnus Dei
Iniziale filigranata K («Kyrie eleyson») in rosso e turchino.

f. 22r: In sollemnitate beate Marie Virginis
Iniziale filigranata: C («Credo in unum Deum») in turchino.