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Fantasie e opere di Italo Clavino
tra i libri della Biblioteca Angelo Mai

Atrio scamozziano
28 aprile – 25 giugno 2023

In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino la Biblioteca Angelo Mai offre un percorso e un confronto con il patrimonio librario legato a una figura centrale della storia letteraria e culturale italiana del Novecento. Le opere esposte riflettono coerenze e discontinuità dell’acquisizione di romanzi e racconti, filtrati nelle case di tanti italiani sin dai tempi della scuola, e diventano l’occasione per comprendere, in controluce, le dinamiche di collezione e fruizione adottate nel secondo Novecento quando a Bergamo si avvia il Sistema polarizzato della pubblica lettura e la Biblioteca Civica affronta il delicato passaggio identitario per diverse e nuove politiche degli acquisti.

L’esposizione propone solo un saggio di una vastissima produzione, che spazia tra generi e forme, comunicando con la cultura corrente e con l’opera narrativa di più generazioni, a fianco delle quali Calvino attraversa quaranta anni di vita intellettuale, dedicando a tanti progetti editoriali un tempo non inferiore a quello concesso alla propria opera. Nella pluralità di voci si cerca – anche mediante i testi che intervallano il percorso – di far risuonare la varietà di interessi di un autore che ha ridiscusso giorno per giorno strategie e missione del mestiere di scrittore, in equilibrio scostante tra realismo e fantasia, tra cronaca e fiaba: a cavallo del secchio, dunque, come il protagonista di un racconto di Kafka con il quale Calvino chiude una celebre lezione all’insegna della leggerezza.

La vita

Italo Calvino nasce sull’isola di Cuba il 15 ottobre 1923, figlio primogenito di una coppia italiana, connotata da spirito antimonarchico e anticlericale. Il padre Mario è un agronomo sanremese attivo tra la riviera ligure di Ponente, il Messico e l’Avana. La madre Eva Mameli, di origine sarda, è la prima donna a ricoprire una cattedra di botanica generale in Italia. Dopo il ritorno nel 1925 a Sanremo, dove due anni più tardi nasce il fratello Floriano, il giovane Calvino cresce in un contesto privo d’influenza religiosa e nutre l’immaginazione con i fumetti del “Corriere dei Piccoli”, le rubriche del “Bertoldo” e la lettura di settimanali umoristici, alternati al rifugio pomeridiano nel cinematografo. L’estro libertario dell’adolescente si nutre di racconti di avventura e di mistero, tra continenti lontani e passati mai trascorsi, segnato in maniera indelebile dal Pinocchio di Collodi, il libro conosciuto «capitolo per capitolo prima di imparare a leggere», e da America di Franz Kafka, romanzo decisivo «nella letteratura mondiale del Novecento e forse non solo in quella». Nel pieno della Seconda guerra mondiale Calvino si iscrive alla facoltà di agraria, ma preferisce cimentarsi nei componimenti letterari. Renitente alla leva promossa dalla Repubblica di Salò, si avvicina al Partito comunista italiano e nel giugno 1944 si arruola nelle brigate garibaldine con il nome di Santiago. Tra alterne vicende è proprio nelle fila partigiane che conosce compagni che affiorano nella sua opera. Il reduce Calvino abbraccia gli studi in Lettere e discute una tesi dedicata a Joseph Conrad nel 1947. La frequentazione universitaria di Torino si intensifica collaborando al “Politecnico” di Elio Vittorini e affiancando Cesare Pavese presso l’editore Einaudi. Sotto l’insegna dello Struzzo lavora per trentacinque anni con innumerevoli pagine di narrativa e in veste di curatore editoriale, stilando pareri e testi di corredo, lungo un destino che indirizza grandi energie verso i «libri degli altri». La collaborazione con Einaudi si chiude solo con l’uscita di Palomar nel 1983, quando i dissesti finanziari del marchio torinese veicolano gli ultimi sforzi tra le proposte di Garzanti. Italo Calvino si spegne la notte tra il 18 e il 19 settembre 1985, dopo aver trascorso gli ultimi tempi nel quieto rifugio maremmano di Castiglione della Pescaia, dove trova sepoltura.

Il romanzo della Resistenza

La forma romanzo prende vita tra le mani di Calvino nell’immediato dopoguerra con Il sentiero dei nidi di ragno, già vincitore del Premio Riccione e stampato da Einaudi nel 1947, pur tra le riserve avanzate da Pavese e Vittorini. La soluzione fiabesca viene introdotta dall’autore a trattare il tema della Resistenza. Gli occhi di Pin, un bambino di dieci anni, diventano il filtro per fissare una visione della storia, come scrive Domenico Scarpa, «dove casualità e responsabilità delle scelte» si tengono «in fluttuante equilibrio». L’eco della guerra civile sopravvive nella militanza comunista dello scrittore, in anni segnati dalla raccolta dei testi di Ultimo viene il corvo e dalla collaborazione fattiva alla sezione cultura dell’ “Unità”, almeno fino allo scollamento dei rapporti con il Partito, dettato da risvolti politici interni e dalle repressioni filosovietiche in Polonia e in Ungheria. La riflessione calviniana sugli esiti letterari della Resistenza proseguirà a lungo, cristallizzandosi in forme nitide agli albori degli anni Sessanta nelle pagine di introduzione alla nuova edizione de Il sentiero dei nidi di ragno, dove l’autore traccia una sorta di bilancio sul romanzo italiano e sul contesto culturale dal quale è scaturita la generazione di Elio Vittorini e Alberto Moravia, di Natalia Ginzburg e Beppe Fenoglio. È quest’ultimo, in particolare, che compone «il libro che la nostra generazione voleva fare», scrive Calvino entusiasta, mentre instaura paralleli vertiginosi tra Una questione privata e l’Orlando furioso, e soggiunge: «è al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione, non al mio». Hemingway e Stevenson i modelli remoti, Ippolito Nievo un referente in patria, individuato tra le righe del Sentiero per primo dall’amico perduto, Cesare Pavese, che scova il cristallo di fiaba di quel libro, scritto originariamente di getto, «in un momento della vita che per i più coincide con l’estrema giovinezza».

Per disposizione di spirito

Il sodalizio con Vittorini, verso il quale Calvino era attratto dalla ricerca di «nuove braccia e nuove gambe» con cui trattenere moralità e impegno, libertà e responsabilità, prosegue con la pubblicazione de Il visconte dimezzato per la collana sperimentale dei Gettoni einaudiani nel 1952. Il romanzo di fantasia, declinato nel Seicento bellicoso contro i turchi, diventa una specie di omaggio al padre, aprendo la celebre trilogia che si chiuderà nel 1960 con la pubblicazione in forma compatta de I nostri antenati. Nel corso degli anni Cinquanta, infatti, giungono a stampa anche Il barone rampante e Il Cavaliere inesistente. È Cosimo Piovasco di Rondò, in particolare, protagonista del primo dei due libri, a lasciare traccia nell’immaginario che si verrà a costruire attorno allo scrittore, per la sua irrevocabile presa di distanza dal mondo e per la risolutezza anarchica su uno sfondo traslato di disillusioni pubbliche e private. In fondo, lo scenario personale emerge a viva forza anche nella narrativa autobiografica e nella cronaca realistica di quegli stessi anni. La forma breve prende il sopravvento in Calvino, sancita una volta per tutte nelle raccolte del decennio successivo Marcovaldo e Gli amori difficili. Per conto di Einaudi, nel frattempo, lo scrittore affianca Vittorini nell’avvio della rivista “Il Menabò” e approfondisce la conoscenza delle specificità italiche, tra filologia e folklore, rapportandosi con il mondo delle fiabe e dei dialetti chiamati, regione per regione, a dare nome e consistenza a un’immaginazione ereditaria. Dallo studio della fiaba Calvino sviluppa interesse per l’antropologia e la cosmologia, il mito e il sacro, polarizzati nella densa riflessione de La giornata di uno scrutatore del 1963. Un’analisi senza attenuanti sulla portata della scrittura, maturata a contatto con testi come Se questo è un uomo di Primo Levi, impone a Calvino un secondo esordio. Disatteso il silenzio creativo, l’autore inventa il genere letterario del «racconto cosmicomico». In esso si fondono la riflessione sull’universo e il ripristino di un primo amore, quello per il fumetto, miscelati e combinati, come già era solito fare l’uomo primitivo e come viene perpetrato nei classici, capaci di apporre alla naturalezza del «senso cosmico» lo schermo del «comico».

Annunci e presagi del mondo

La morte di Vittorini nel 1966 conclude l’esperienza de “Il Menabò”, mentre il trasferimento di Calvino a Parigi favorisce l’incontro con gli ambienti culturali francesi del tempo, in particolare con quel «gruppo che nessuno sa che esista», l’OuLiPo, aggregatosi attorno a Raymond Queneau, del quale lo scrittore italiano appronta la traduzione de I fiori blu nel 1967. L’anno seguente, in spirito di contestazione, rifiuta il premio Viareggio assegnatogli per Ti con zero, rinunciando ai palcoscenici letterari e preferendo la ricerca nell’alveo della tradizione, tra Ariosto e Leopardi. L’interesse editoriale di Calvino si orienta sulle forme brevi dell’Ottocento narrativo, culminando nell’ideazione per Einaudi della collana Centopagine, che porta testi poco noti di grandi scrittori europei nelle case degli italiani. Con simile intento Calvino collabora ad antologie destinate al mondo della scuola e narra sotto una nuova veste l’Orlando furioso. La ricerca calviniana si compone, pertanto, di tasselli variegati a ridosso degli anni Settanta e la sua personalità creativa prende a riflettersi nelle amate carte dei tarocchi: una e plurima, come quella di «un giocoliere o illusionista che dispone sul suo banco da fiera un certo numero di figure» in una moltiplicazione di effetti e di voci. L’esito più significativo in tal senso è forse rappresentato da Le città invisibili, pubblicato dopo lunga gestazione nel 1972. La descrizione cosmopolitana di realtà immaginarie non è che un espediente attraverso il quale fare i conti con le proprie identità. Il rientro in Italia viene a coincidere per Calvino con il ritorno alla stampa quotidiana, dapprima presso il “Corriere della Sera” di Piero Ottone e, più tardi, sulle pagine de “la Repubblica” dell’antico compagno di banco Eugenio Scalfari. Sui giornali si plasmano i nuclei salienti di buona parte delle sue opere a venire: da Palomar ai saggi raccolti nella Collezione di sabbia, fino alle considerazioni sparse e poi remiscelate nelle Lezioni americane. L’irrequietudine calviniana si espande sino a toccare il teatro, la musica e la pittura; una sete inesauribile spinge lo scrittore in viaggio per il mondo, pur senza straniarlo da drammi intimi o civili, come la scomparsa della madre o il delitto Moro. Nell’estate del 1979 prende corpo definitivo l’«iper-romanzo» Se una notte d’inverno un viaggiatore.

In viaggio tra le fiabe

[…] in ogni storia che abbia un senso si può riconoscere la prima storia mai raccontata e l’ultima, dopo la quale il mondo non si lascerà più raccontare in una storia.

Forte di una giovinezza intensa e consapevole del proprio ruolo, Italo Calvino si immerge nella lettura del panorama fiabesco italiano alla metà degli anni Cinquanta. Il percorso dura poco più di due anni, tra il 1954 e il 1956, e viene intrapreso senza riserve, fino a «spogliarsi d’ogni partito preso». La stessa fiaba può essere messa a nudo secondo lo scrittore, ricavando oltre il «suo scheletro invariante» un giardino di specificità sociali, storiche e geografiche che trasformano la collana Le fiabe italiane in un viaggio attraverso il Bel Paese. La forma narrativa più rappresentativa del mondo agricolo trova nell’impresa einaudiana – e più precisamente nella selezione e fissazione di duecento testi da parte del suo acuto censore – una specifica legittimazione, proprio agli albori di quel ventennio di crescita economica connotato da una forte omologazione dei costumi. Il terreno della fiaba diventa, per giunta, il trampolino decisivo nella parabola che mette Calvino in contatto con il grande pubblico, fatto di lettori a cui lo scrittore tende la mano, indulgendo in invenzioni e omissioni, trasportando con enfasi o smorzando l’incanto all’occorrenza, nel rispetto supremo per l’«economia nel sistema». Tra le molte opzioni che possono capitare in sorte a «quel corrivo lettore» di Calvino, il viaggio nel mondo fiabesco è letto da Mario Lavagetto come «banco di prova di principi ancora indeterminati, ma che riceveranno più tardi una rigorosa formulazione teorica», perché «non c’è salvezza, non autentica invenzione che all’interno della regola».

Opere esposte

Vetrina 1

  • Italo Calvino, I libri degli altri, a cura di Giovanni Tesio, con una nota di Carlo Fruttero, Torino, Einaudi, 1991 (G 3 6116)
  • Italo Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di Luca Baranelli, con introduzione di Claudio Milanini, Milano, Mondadori, 2000 (G 1 10183)
  • Italo Calvino, Mondo scritto e mondo non scritto, a cura di Mario Barenghi, Milano, Mondadori, 2002 (G 1 11145)
  • Italo Calvino, Tra idee e fantasmi, in “La fiera letteraria”, a. XLII, n. 43, 26 ottobre 1967 (Sala 23 700)
  • “Il Menabò”, n. 10, Torino, Einaudi, 1967 (Sala 23 672)
  • Elsa de’ Giorgi, Ho visto partire il tuo treno, con prefazione di Roberto Deidier, Milano, Feltrinelli, 2017 (G 1 17802)
  • Franz Kafka, America, traduzione di Alberto Spaini, Milano, Mondadori, 1964 (Sala 19 S 4 126)testo

Vetrina 2

  • Giovanni Falaschi, Italo Calvino fra «realismo» e «razionalismo», in “Belfagor”, n. 4, luglio 1971 (Sala 23 487)
  • Francesco Grisi, Italo Calvino e le formule matematiche, in “Idea”, a. XXIV, n. 1-2, gennaio-febbraio 1968 (Sala 23 596)
  • Claudio Marabini, Scrittori negli anni Sessanta. Italo Calvino, in “Nuova Antologia”, a. CII, fasc. 2003, novembre 1967 (Sala 23 257/2)
  • Gian Paolo Prandstraller, La fantasia di Italo Calvino, in “Comunità”, a. XX, n. 137, maggio-luglio 1966 (Sala 23 184)

Vetrina 3

  • Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, con prefazione dell’autore alla seconda edizione, Milano, Mondadori, 2002 (G 1 11072)
  • Italo Calvino, Ultimo viene il corvo, Torino, Einaudi, 1969 (Sala 41 C 5 39)
  • Carlo Annoni, Italo Calvino: la resistenza tra realtà e favola, in “Vita e pensiero”, a. LI, n. 12, dicembre 1968 (Sala 23 559)
  • Giovanni Falaschi, La resistenza armata nella narrativa italiana, Torino, Einaudi, 1976 (Coll. 1 262)
  • Beppe Fenoglio, Una questione privata e Un giorno di fuoco e altri racconti, Milano, Garzanti, 1965 (Sala 19 Z 3 71)
  • Cesare Pavese, Prima che il gallo canti, Torino, Einaudi, 1949 (G 1 17798)
  • Elio Vittorini, Uomini e no, Milano, Bompiani, 1945 (G 2 10142)

Vetrina 4

  • Italo Calvino, Gli amori difficili, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11124)
  • Italo Calvino, Il barone rampante, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11127)
  • Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, Milano, Mondadori, 1994 (G 1 11128)
  • Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11125)
  • Italo Calvino, Il visconte dimezzato, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11126)
  • Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore, Torino, Einaudi, 1963 (Sala 40 L 2 49)
  • Italo Calvino, La speculazione edilizia, Milano, Mondadori, 1994 (G 1 11117)
  • Italo Calvino, Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972 (Coll. 142 28)
  • Italo Calvino, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11383)
  • Italo Calvino, Ti con zero, Torino, Einaudi, 1968 (Coll. 142 31)
  • Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 1960 (G 2 28219)

Vetrina 5

  • Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1970 (Coll. 74 11)
  • Per l’Ariosto, Milano, Marzorati Editore, 1976 (Tassiana N 3 50)
  • Ludovico Ariosto, Orlando furioso, prefazione e note di Lanfranco Caretti, Torino, Einaudi, 1966 (Coll. 26 75)
  • Honoré de Balzac, I piccoli borghesi, nota introduttiva di Italo Calvino, traduzione di Luciano Tamburini, Torino, Einaudi, 1981 (Sala 3 Y 3 39)
  • Edmondo De Amicis, Amore e ginnastica, nota introduttiva di Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1971 (Coll. 53 6)
  • Henry James, Daisy Miller, nota introduttiva di Italo Calvino, traduzione di Francesco Mei, Torino, Einaudi, 1971 (Coll. 53 5)
  • Guy de Maupassant, Pierre e Jean, nota introduttiva di Italo Calvino, traduzione di Gioia Zannino Angiolillo, Torino, Einaudi, 1971 (Coll. 53 3)
  • Raymond Queneau, I fiori blu, traduzione di Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1967 (Coll. 142 237)
  • Raymond Queneau, I fiori blu, traduzione di Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1984 (G 1 8368)
  • Thérèse de Saint Phalle, Italo Calvino cherche dans les étoiles le point de vue de Sirius, in “Le Figaro Litteraire”, n. 116, 11 agosto 1968 (Sala 23 370)
  • Robert Louis Stevenson, Il padiglione sulle dune, nota introduttiva di Italo Calvino, traduzione di Nini Agosti Castellani, Torino, Einaudi, 1973 (Coll. 53 24)
  • Lev Tolstoj, Due ussari, nota introduttiva di Italo Calvino, traduzione di Agostino Villa, Torino, Einaudi, 1973 (Coll. 53 28)

Vetrina 6

  • Italo Calvino, Cosmicomiche vecchie e nuove, Milano, Garzanti, 1984 (G 2 2472)
  • Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Torino, Einaudi, 1979 (Galleria Cass. 3 M 8 37)
  • Italo Calvino, Palomar, Torino, Einaudi, 1983 (G 2 630)
  • Italo Calvino, Romanzi e racconti, 3 voll., a cura di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, Milano, Mondadori, 1992 (G 1 6116)
  • Italo Calvino, Sotto il sole giaguaro, Milano, Garzanti, 1986 (G 1 2372)

Vetrina 7

  • Italo Calvino, Collezione di sabbia, Milano, Garzanti, 1984 (G 2 2369)
  • Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Mondadori, 1993 (Cumin. 1 825)
  • Italo Calvino, Saggi 1945-1985, 2 voll., a cura di Mario Barenghi, Milano, Mondadori, 1995 (G 1 9129)
  • Marco Belpoliti, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996 (G 2 16353)
  • Marco Belpoliti, Settanta, Torino, Einaudi, 2001 (G 2 16354)
  • Carla Benedetti, Pasolini contro Calvino. Per una letteratura impura, Torino, Bollati Boringhieri, 1998 (G 1 9677)
  • Alberto Carli, L’occhio e la voce. Pier Paolo Pasolini e Italo Calvino fra letteratura e antropologia, Pisa, Edizioni ETS, 2018 (G 2 24980)
  • Gian Carlo Ferretti, Le capre di Bikini. Calvino giornalista e saggista 1945-1985, Roma, Editori Riuniti, 1989 (G 2 8217)

Vetrina grande

  • Italo Calvino, Fiabe italiane, Torino, Einaudi, 1956 (Coll. 140 24)
  • Italo Calvino, Fiabe italiane, prefazione di Mario Lavagetto, Milano, Mondadori, 2001 (G 1 10396)
  • Italo Calvino, Fiabe italiane, Milano, Mondadori, 1993 (G 1 11141)
  • Italo Calvino, Racconti fantastici dell’Ottocento, 2 voll., Milano, Mondadori, 1983 (Sala 40 U 10 33)
  • Italo Calvino, Sulla fiaba, Torino, Einaudi, 1988 (G 1 4634)
  • Italo Calvino, Sulla fiaba, Milano, Mondadori, 1996 (G 1 11146)
  • Italo Calvino, Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York, Parma, Franco Maria Ricci, 1969 (G 5 845)
  • Giambattista Basile, Il Pentamerone, 3 voll., traduzione e introduzione di Benedetto Croce, con prefazione di Italo Calvino, Bari, Roma-Bari, Laterza, 1974 (Coll. 57 298)
  • “Bertoldo”, a. I, n. 13, 25 agosto 1936 (Sala 33 380)
  • Fiabe africane, a cura di Paul Radin, con prefazione di Italo Calvino e traduzione di Adriana Motti, Torino, Einaudi, 1955 (G 2 11574)
  • Gabriele Mandel, I tarocchi dei Visconti, Bergamo, Monumenta Longobardica, 1974 (Sala 40 K 8 65)
  • Inchiesta sulle fate. Italo Calvino e la fiaba, a cura di Delia Frigessi, con prefazione di Cesare Segre e illustrazioni di Raffaello Fiumana, Bergamo, Lubrina Editore, 1988 (G 3 3420)

Mostra a cura di Marco Carobbio

Comune di Bergamo
Giorgio Gori, Sindaco
Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura
Elena Pasini, Dirigente Direzione Cultura, BGBS23, Sport, Eventi, Partecipazione e Commercio
Maria Elisabetta Manca, Responsabile Biblioteca Civica Angelo Mai e Archivi storici

Si ringraziano
Martina Verdelli
Le ragazze e i ragazzi del Laboratorio di restauro Angelo Borella