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In un’epoca di straordinaria vivacità culturale quale fu l’Ottocento italiano, tra influenze romantiche e impulsi risorgimentali, un ruolo primario spettò a Niccolò Tommaseo (1802-1874). Nato in Dalmazia da genitori italiani, egli si distinse per pluralità di interessi: tessitore di vividi sodalizi intellettuali, letterato indomito nei rapporti con i propri editori, autore di dizionari di incrollabile prestigio e lettore vorace di Dante e della sua Commedia. I suoi primi contatti con l’Alighieri, in particolare, sembrano avere radici precoci, con letture e chiose adolescenziali che attestano il giovane Tommaseo assiduo frequentatore dei testi danteschi, tanto da dedicarvi alcune prove mentre muove i primi passi da giornalista. Inizia, così, attorno ai vent’anni la grande incetta di materiale che prenderà ad abbondare nel periodo fiorentino, successivo alla formazione padovana in compagnia di Antonio Rosmini e al passaggio da Milano con la conoscenza e l’amicizia di Alessandro Manzoni. Incorso nella censura austriaca, nel 1834 Tommaseo lasciò la Firenze dei sodali Giovan Pietro Vieusseux e Gino Capponi e si trasferì in primo esilio a Parigi, dove la sua meditazione dantesca e la rilettura della Monarchia contribuirono a stimolare una vasta produzione letteraria e, soprattutto, a completare la stesura della prima redazione del suo commento alla Commedia.

Nacque così la prima edizione del suo commento al poema dantesco, stampata in tre volumi dalla Società del Gondoliere a Venezia nel 1837. Già completa è qui la disamina dei versi dell’Alighieri, frutto della stagione da esule che si concluse solo con l’amnistia del 1839 e il seguente decennio che Tommaseo trascorse nella città lagunare. Furono anni in cui mutarono profondamente i presupposti esistenziali e scientifici dell’autore, culminati nel nuovo, secondo esilio a Corfù dal 1849 e nell’acuta e persistente malattia agli occhi. Contemporanea al definitivo ritorno in patria, prima a Torino e poi stabilmente a Firenze, la seconda redazione del commento venne impressa dall’editore milanese Giuseppe Rejna nel 1854 compattando le tre cantiche in un unico volume. Significativa è la mole delle citazioni e dei riferimenti ai testi biblici e al pensiero cristiano e medievale aggiunti nel tempo intercorso tra le due edizioni, tanto che la seconda veste del commento sostanzialmente raddoppia il corredo approntato negli anni Trenta. Un peso notevole è assunto dalla Summa teologica di Tommaso d’Aquino, ma più significativamente a mutare è la disposizione delle parti interne all’opera. Le note stesse vengono siglate per indicarne la natura eminente e distinte tra letterali (L), storiche e letterarie (SL) e filosofiche (F), ciascuna associata alla propria terzina di riferimento tra quelle progressivamente numerate. I canti danteschi sono preceduti dall’argomento, che esplicita i nodi e i versi salienti di quel singolo tratto di percorso del poeta, e chiusi da testi di approfondimento, vere e proprie monografie in breve in cui si esaminano significati e simboli del dettato di Dante o si offre un excursus su singoli temi cari alla Commedia.

Sempre a Milano, questa volta per i tipi di Francesco Pagnoni, nel 1865 prese vita la terza edizione del commento alla Commedia. Considerata la versione definitiva, Tommaseo vi modificò ben poco dell’apparato e dei contenuti allestiti per l’edizione precedente, limitandosi a cassare e riscrivere pochi testi. Persino il proemio ricalca perfettamente quanto esposto nel 1854 e ripetuta è la presenza di ampie introduzioni alla vita, al tempo e all’opera dell’Alighieri. Di contro, è ripristinata la scansione dei tre regni ultramondani in altrettanti volumi. Vennero, inoltre, ad aggiungersi alcuni scritti, a chiusa di ogni cantica e talvolta disseminati tra un canto e l’altro, cui contribuirono dantisti ed eruditi del tempo. È il caso delle osservazioni astronomiche intorno all’anno del viaggio poetico di Dante, allegate da Giuseppe Antonelli all’Inferno, e delle considerazioni del medesimo sulle dimensioni della montagna del Purgatorio. In questo vasto piano Tommaseo inserì le note ereditate da Giovita Scalvini e le proposte maturate da Celestino Cavedoni, ma anche traduzioni e studi storici propri, composti svariati anni prima, come Il sacco di Lucca redatto nel 1834 e annesso al volume dedicato alla prima cantica, un breve saggio in cui l’autore ripercorre in forma di racconto il tremendo saccheggio della città toscana per mano di Uguccione della Faggiuola con la complicità del fuoruscito Castruccio Castracani nel 1314. A ulteriore integrazione, per questa edizione fu predisposto un ampio corredo iconografico attorno al quale il curatore dell’opera si mantiene silente e lascia che a parlare sia la nota introduttiva dell’editore. Per questa ragione rimane nebulosa, allo stato attuale, la genesi concettuale di queste immagini, così come incerti i nomi di alcuni tra gli incisori, che operarono per quadri di esatto richiamo alle terzine dantesche apposte in calce alla raffigurazione. Un nome certo, espresso a lato del ritratto di Dante che inaugura in antiporta il primo volume, è quello di Federico Faruffini, pittore milanese dedicatosi all’acquaforte e artefice di tre delle prime incisioni illustranti passi dell’Inferno.

Il tipografo Pagnoni pubblicò con nuova foggia la Commedia curata da Tommaseo nel 1869, sempre in tre volumi ma con un sensibile calo nelle dimensioni dell’opera. Privi delle appendici di approfondimento storico-letterario della versione antecedente, i testi conservano il robusto apparato di note e i brevi saggi di fine canto, comprensivi delle compilazioni di Giuseppe Antonelli. Muta drasticamente il corpo delle incisioni a corredo dei canti, con un rinnovamento delle immagini e dei riferimenti alle terzine dantesche ivi effigiate. A differenza della Commedia pubblicata quattro anni prima, l’edizione del 1869 fu stampata con protesta e disappunto del curatore, insoddisfatto per la scarsa considerazione e la conseguente esclusione dei nuovi risultati critici cui era pervenuto nei Nuovi Studi su Dante, pubblicati anch’essi in occasione del celebre centenario dantesco dal Collegio degli Artigianelli di Torino. Numerose, dunque, le iniziative di Tommaseo dedicate al sommo poeta, compresa la pianificazione di conferenze che riportassero, attraverso pubblica lettura, alla centralità di una poesia indisgiungibile dalla dimensione del canto e dell’oralità. Un progetto ambizioso, che volle intercettare nuovi fruitori, i comincianti, affinché riconoscessero il primato poetico dell’Alighieri. Quanto alla ricostruzione filologica, tra un’edizione e l’altra della Commedia dantesca Tommaseo optò per la stampa della Crusca quale norma ordinaria, riservandosi un numero via via crescente di eccezioni, specialmente in punteggiatura, mirate alla lettura ad alta voce del poema.

Proiettato nella prima metà del XX secolo, il commento allestito da Tommaseo per Dante visse fasi di varia fortuna, dalla lode aperta alla serrata lotta, passando per la diffidenza dell’istituzione critica incarnata da Michele Barbi. A dare nuovo risalto al commento sarà a più riprese la torinese UTET, già benemerita promotrice, tra il 1861 e il 1874, degli otto volumi del celeberrimo Dizionario della Lingua Italiana, a lungo compilato da Tommaseo e da Bernardo Bellini e portato a termine da Giuseppe Meini. Il nuovo centenario dantesco, fissato al 1965, vide la riproposizione a stampa, per volontà dell’editore Aldo Martello, del testo dantesco licenziato da Tommaseo per Pagnoni cento anni esatti prima. Intenzione di quest’impresa, sorta sotto gli auspici della Società Dante Alighieri, fu quella di offrire la patina dantesca fissata dall’intellettuale un secolo addietro ma libera da un eccesso di apparati, intercalando le riflessioni in figura di grandi artisti italiani del Novecento al flusso dei versi. Così, le maglie del poema si allentano per lasciar filtrare le interpretazioni di Giorgio De Chirico e di Renato Guttuso, di Carlo Levi e di Renzo Vespignani, giusto per citare alcuni nomi noti dell’arte italiana del secolo scorso, in una nuova pagina tra le infinite scaturite dalla riflessione su Dante. Una volta di più, la mediazione critica e linguistica dello scrittore dàlmata è stata evidenziata nell’Edizione Nazionale del suo maggiore sforzo dantesco, promossa nel 2004, dove il curatore Valerio Marucci non ha mancato di sottolineare quello scoppio di granata generato, a metà Ottocento, da quel groviglio di ideali e aspirazioni irrisolti che fu Niccolò Tommaseo.

In copertina, ritaglio dalla tavola di Giorgio De Chirico per Inferno I, terzina 16 nell’edizione del 1965:
Questi parea che contra me venesse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aer ne temesse.

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Giuseppe Rejna editore libraio, 1854. (Segnatura: Galleria Cass. 3 A.1.15). Versione digitale.

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Francesco Pagnoni tipografo editore, 1865. Tre volumi (segnatura: Sala 34 G.11.13/1-3). Versione digitale (Inferno)

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Francesco Pagnoni tipografo editore, 1869. Tre volumi (segnatura: Sala 34 S.1.8/1-3). Versione digitale (Inferno)

La Commedia di Dante Alighieri nel testo e nel commento di Niccolò Tommaseo, con illustrazioni in fotolitografia, Milano, Aldo Martello-Edizioni Labor, 1965. Tre volumi (segnatura: G 3 6/1-3).

Niccolò Tommaseo, Commento alla ‘Commedia’, a cura di Valerio Marucci, Salerno Editrice, 2004 («Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi», vol. 49). Tre tomi (segnatura: P 2 84/49/1-3).
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