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Il «massimo monumento iconografico dantesco dell’età moderna»: così sono stati definiti i disegni per la Divina Commedia di William Blake dal critico d’arte Fortunato Bellonzi.

Poeta, pittore ed incisore, Blake (1757-1827) fu un «utopista socialrivoluzionario, mistico esoterico e profeta visionario» (Sebastian Schutze): considerato eccentrico in vita, ottenne gloria postuma grazie alla sua concezione dell’arte come perenne ricerca dell’immaginario, del sovrannaturale e del mistico, alternativa alla ragione dominante nel periodo illuminista. Icona dei romantici, per Blake l’artista ha il compito di risvegliare nell’umanità il ricordo della propria condizione ‘divina’, perduta dopo la cacciata dall’Eden: fine dell’arte è quindi la riconquista del Paradiso, inteso non come oltremondo ‘fisico’ ma come spazio interiore del quale l’uomo può riappropriarsi grazie all’immaginazione. La ricerca della spiritualità perduta è un elemento che accomuna l’artista inglese a Dante Alighieri, il cui poema è considerato da secoli una profezia che, toccando problemi fondamentali per l’uomo, ha come fine ultimo il suo rinnovamento spirituale.

Commissionati nel 1824 dal pittore e naturalista John Linnell, suo amico e fervente ammiratore della sua opera, i disegni occuparono instancabilmente Blake fino alla morte, avvenuta tre anni dopo: impressionato dal potenziale espressivo della Commedia, accettò il compito con entusiasmo, al punto che diversi contemporanei parlano del suo sforzo di imparare in poco tempo l’italiano e leggere il poema in lingua originale. In realtà non era la prima volta che Blake si approcciava alla Commedia: negli anni Ottanta del Settecento aveva realizzato un’incisione ispirata al canto del Conte Ugolino, tradotto in lingua inglese sulla scia dell’interesse per le tendenze ‘gotiche’ dell’Alighieri, apprezzate in ambito letterario ed artistico.

Si suppone che Blake per le sue illustrazioni abbia usato come testo di riferimento la prima vera traduzione integrale in inglese della Commedia ad opera di Francis Cary: pubblicata nel 1814, contribuì al successo di Dante presso il pubblico inglese grazie alla resa filologica e stilistica del testo in chiave visionaria, in perfetta sintonia con la cultura romantica dell’epoca (evidente già dal titolo The Vision, or Hell, Purgatory and Paradise of Dante Alighieri). La versione in italiano letta da Blake potrebbe invece essere un’edizione in-folio del 1564 pubblicata a Venezia dai fratelli Sessa e commentata da Alessandro Vellutello: il testo è corredato da 87 xilografie, commissionati dallo stesso Vellutello, a cui Blake sembra essersi chiaramente ispirato nella costruzione della struttura dei tre regni ultraterreni (Dante con l’espositione di Christoforo Landino, et di Alessandro Vellutello, sopra la sua Comedia dell’Inferno, del Purgatorio, & del Paradiso… , In Venetia, appresso Giouambattista, Marchiò Sessa, & fratelli, 1564).

Le illustrazioni commentano ed interpretano il poema alla luce della poetica creativa e visionaria di Blake: non sono un’immagine fedele dell’oltretomba dantesco ma un autonomo atto creativo, illustrazioni che dialogano con il testo mettendone in discussione i fondamenti politici, teologici e poetici. Blake vuole restituire al poema una dimensione universale e trascendente, che secondo il suo pensiero Dante ha spesso ‘tradito’ con l’inserimento di elementi mondani e politici contingenti alla situazione dell’epoca. Molte le critiche, poste ai margini nelle illustrazioni non completate, che il poeta-pittore rivolge all’Alighieri: Blake rinnega il ruolo della cultura classica – tanto cara a Dante – come fonte ispiratrice di un poema ‘profetico’, sostenendo che solo la Bibbia possa avere questo ruolo in quanto unica depositaria dell’ispirazione divina; ritiene il concetto di Inferno, con le sue punizioni legate alla legge del contrappasso, in contraddizione con la misericordia di Dio (nonostante la maggior parte delle tavole illustrino proprio la prima Cantica); considera la Commedia un’opera ispirata da una visione materialistica dell’Universo in cui l’arte imita la Natura, mentre per Blake l’arte è immaginazione e ricerca della Reminiscenza, la perfetta conoscenza che si acquisisce quando l’anima trova in sé la verità di cui è da sempre in possesso. Ma nonostante le critiche Blake ama appassionatamente Dante, con cui ha in comune il concetto di poesia come profezia: adora il suo essere visionario e si fa coinvolgere dall’espressività figurativa della Commedia al punto da farsi assorbire pienamente nel lavoro e farlo sembrare agli amici in visita negli ultimi giorni di vita «un Michelangelo morente», la cui tensione vitale aveva come unico scopo quello di completare i disegni.

Le 102 illustrazioni (72 tavole ispirate all’Inferno, 20 al Purgatorio e 10 al Paradiso) sono state realizzate in tre passaggi: disegno a matita, coloritura ad acquarello in più mani e in ultimo ritocchi a penna per delineare e sottolineare i contorni. Solo sette illustrazioni verranno incise, con una tecnica innovativa, elaborata da Blake, chiamata acquaforte a rilievo: metodo inverso a quello tradizionale, consentiva di incidere sia testo che illustrazione su un’unica lastra; il disegno così ottenuto veniva poi colorato a mano, creando esemplari unici.
Nonostante critichi i modelli classici, in Blake sono evidenti echi di influenze soprattutto michelangiolesche nella raffigurazione di tipi umani universali, senza caratteri distintivi: originale è invece la gestualità dei personaggi, evidente nella raffigurazione dei dannati dell’Inferno, ispirati ai modelli teatrali prevalenti nella sua epoca. Innovativo è anche l’uso della luce e del colore, strumenti espressivi grazie ai quali riesce a rendere le qualità atmosferiche dei tre regni, passando dal canone drammatico dell’Inferno ai toni sfumati dei chiarori lunari e delle aurore del Purgatorio fino alla luce eterea del Paradiso.

Dopo la morte di Blake, le 102 illustrazioni – rimaste a diversi stadi di completezza – finiscono divise in sette diverse istituzioni del Commonwealth.
Nel 2014 l’editore Taschen di Colonia pubblica tutte le 102 tavole in un volume corredato da due saggi, di Maria Antonietta Terzoli, docente di letteratura italiana all’Università di Basilea, sul mondo ultraterreno dantesco, e di Sebastian Schutze, professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Vienna, sulle differenze e analogie tra questi due maestri del «visibile parlare». Segue il catalogo dei disegni (di cui dieci in formato paesaggio) e delle incisioni. Ogni illustrazione è corredata da una scheda, introdotta da una terzina in colore rosso tratta del canto cui si riferisce (citazioni da Dante Alighieri, Le opere, a cura di Giorgio Petrocchi, edite dalla Società Dantesca Italiana nel 2004), con il titolo attribuito alla tavola, la descrizione della tecnica e le misure, e il museo ove ora è conservata; chiude il testo un breve riassunto del canto.
La rappresentazione grafica dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso è resa con tre tavole datate 2011 e realizzate da Ruth Gesser, provenienti da una collezione privata.
Il volume è pubblicato contemporaneamente in cinque lingue (italiano, tedesco, inglese, francese, spagnolo) aumentandone a dismisura la carica di diffusione e circolazione.

Per chi vuole divertirsi e continuare a sfogliare… può confrontare le tavole disegnate da William Blake con le illustrazioni di Gustave Dorè.

William Blake. I disegni per la Divina Commedia di Dante / Sebastian Schutze, Maria Antonietta Terzoli ; directed and produced by Benedikt Taschen . – Colonia : Taschen, 2014 . – 323 p. : in gran parte ill. ; 40 cm ((Carte di tav. ripiegate incluse nella numerazione. Collocazione: G 5 826.