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Fasciculus medicinae (Fascicolo di medicina), traduzione in volgare di Sebastiano Manilio, Venezia, Johannes e Gregorius de Gregoriis, de Forlivio, 1493/1494 – (Inc. 4.345)

Il testo fu edito la prima volta in latino nel 1491 dai fratelli Giovanni e Gregorio De Gregori, stampatori di Forlì, che a Venezia avevano avviato un’attività editoriale dedicata in particolare a testi giuridici. In questo caso viene data alle stampe una miscellanea di sei trattati medievali medico-pratici anonimi, attribuita a Johannes de Ketham, ma contenente anche il Consilium pro peste evitanda di Pietro da Tossignano (scomparso nel 1407 ca.), importante professore di medicina a Bologna e Padova, il cui trattato sulla peste è considerato il migliore del XIV secolo e ancora veniva diffuso a stampa fra il 1470 e il 1480. La versione latina del Fasciculus imita molto la forma del manoscritto, su due colonne, in scrittura gotica, con sei schematiche figure. Il Ketham, che compare nel colophon, è probabilmente il possessore del manoscritto dal quale si ricavò questa prima stampa, il cui testo fu rivisto dal medico Giorgio Ferrari dal Monferrato.

Il successo ottenuto indusse i De Gregori a stampare il 5 febbraio 1494, affidando la traduzione a Sebastiano Manilio, originario di Roma, allievo dell’umanista Pomponio Leto, una versione in volgare, quella posseduta dalla Biblioteca Mai. L’edizione, che costituisce il primo libro illustrato di medicina in volgare, appare, rispetto al suo precedente latino, come un volume del tutto rinnovato: non compare più il nome del Ketham, il formato è più piccolo e il carattere scelto è il romano proprio del libro umanistico; viene poi inserita la famosa Anatomia di Mondino de Liuzzi (ca. 1270-1326), qui tradotta per la prima volta.

L’apparato iconografico, interamente rifatto, consiste di xilografie acquarellate, non più schemi medici di sapore ancora medievale, ma realistiche scene di cura e di insegnamento universitario, stilisticamente vicine all’ambito di Giovanni Bellini e di Andrea Mantegna.

Sulla prima pagina troviamo uno studio medico dove attendono tre pazienti, un uomo, una donna anziana e un bambino, recanti un cesto in cui si portava la matula, il contenitore di vetro per le urine; il medico è circondato da dodici libri, che all’epoca erano il canone della sapienza medica, fondata soprattutto su testi classici, arabi e salernitani.

Troviamo poi la scena del Consulto delle urine, pratica centrale della medicina dell’epoca, e la Ruota delle urine, un diagramma con le matule, i diversi colori e la loro interpretazione, accompagnati da brani del Regimen sanitatis di Salerno. Seguono: l’Uomo delle malattie, l’Uomo dello zodiaco, l’Uomo dei salassi, l’Uomo delle ferite, la Donna gravida, che, incinta di cinque mesi, sezionata, porta la prima illustrazione a stampa di un organo interno; quindi ci sono la Visita del medico ad un appestato, che introduce il trattato di Pietro da Tossignano, e la Lezione di anatomia, a introduzione dell’Anatomia di Mondino, secondo gli statuti dello Studio di Padova, che indicavano la necessaria presenza di un lector ex cathedra dei testi di anatomia, un demonstrator, che indicava le parti sul cadavere, un sector, che notomizzava.

L’esemplare della Mai non è digitalizzato. Puoi sfogliare la versione non acquerellata conservata alla Biblioteca Queriniana di Brescia.

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