L’opera è considerata la summa del pensiero filosofico e scientifico di Galileo (Pisa, 1564 – Arcetri, 1642), che in essa rese pubbliche le proprie convinzioni sul moto della Terra e le nuove scoperte inerenti la sostanza della Luna, i satelliti di Giove, le macchie solari, la relatività del moto, le maree: osservazioni innovative dalle quali prende forma la scienza moderna. Già nel titolo si trovano gli indizi delle novità formali e di contenuto che il testo apporta alla storia della scienza: Dialogo di Galileo Galilei… Dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano; proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali tanto per l’una, quanto per l’altra parte. Un dialogo, dunque, e proposte interdisciplinari, a sostegno sia della tradizione sia dell’innovazione scientifica. Grazie al genere dialogico, inusuale per la letteratura scientifica, gli scienziati Salviati e Simplicio propongono le ragioni a favore dell’uno o dell’altro dei due massimi sistemi, il tolemaico e il copernicano, mentre il nobile Sagredo, discreto conoscitore della materia, interviene chiedendo chiarimenti e contribuendo con argomenti più colloquiali a far comprendere ai lettori meno esperti le considerazioni più tecniche.
Quanto al contenuto, la nuova opera galileiana suscitò subito meraviglia negli uomini di scienza, che compresero di essere di fronte a una rivoluzione: «Queste novità di verità antiche, di novi mondi, nove stelle, novi sistemi, nove nationi… son principio di secol novo» scrisse, per esempio, Tommaso Campanella. Quanto alla forma letteraria, al Dialogo, a esso è oggi riconosciuta una grande importanza per la definizione della prosa scientifica del Seicento e, più in generale, per lo sviluppo stesso della lingua italiana: Galileo unisce al genio matematico e all’ampiezza degli interessi, la capacità della divulgazione culturale, svolta con qualità letteraria tanto elevata da potersi considerare artistica. Nonostante le precauzioni adottate dallo scienziato nell’esporre la propria convinzione geocinetica e nonostante l’imprimatur ottenuto dalle autorità ecclesiastiche per la stampa del testo, Galileo subì un memorabile processo che si concluse con una condanna all’abiura e la sua opera venne proibita dall’Inquisizione con la registrazione nell’Indice il 23 agosto 1634. Solo 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992, nella sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, la Chiesa riconobbe «gli errori commessi» nel giudicare Galileo, uomo e scienziato che, ancor oggi, è ritenuto tra i maggiori testimoni del contrasto tra scienza e fede, tra libertà di pensiero e autorità politica o religiosa, tra innovazione e conservatorismo.
L’edizione del Dialogo, dedicata al granduca di Toscana Ferdinando II, reca in antiporta un’incisione, riprodotta qui sotto, che raffigura i protagonisti, ed è opera di Stefano Della Bella (Firenze, 1610-1664), prolifico artista dai molteplici interessi naturalistici.
L’esemplare della Mai non è digitalizzato. Puoi sfogliare il Dialogo riprodotto da Smithsonian Libraries, disponibile in Internet Archive.
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