biblioteca_mai Nessun commento

I più antichi libri a stampa testimoni di una rivoluzione

Atrio scamozziano
30 giugno – 7 ottobre 2023

Ingresso libero durante gli orari di apertura della Biblioteca

Inaugurazione venerdì 30 giugno ore 18.00

Visite guidate giovedì 31 agosto, 7, 14, 21, 28 settembre, 5 ottobre, ore 16.30-17.30

In questo anno 2023 di Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura, le principali biblioteche di conservazione delle due città, la Biblioteca Angelo Mai e la Biblioteca Queriniana, nate entrambe nel Settecento, propongono al visitatore un duplice itinerario nel mondo dei libri del secondo Quattrocento, alle origini della stampa a caratteri mobili, indubbiamente uno dei periodi più vivaci per la storia del libro e delle biblioteche.
La Biblioteca Angelo Mai, ricca di un patrimonio di 1700 incunaboli – così sono chiamati i libri pubblicati nel XV secolo – intende qui valorizzare questa cospicua eredità, acquisita grazie alle antiche soppressioni di conventi e monasteri locali, ma anche a trasferimenti istituzionali, donazioni, acquisti oculati.
Si vuole mettere in luce la ricca circolazione di libri a stampa avvenuta a quell’epoca nel territorio bergamasco, che vede fra i principali protagonisti l’erudito Giacomo Filippo Foresti, un frate agostiniano che pubblicò importanti monografie e fu attivissimo nella compravendita di libri dando così slancio alla biblioteca del Convento di S. Agostino, all’epoca una delle più ricche in città.
Attraverso questo percorso il visitatore è invitato a esplorare le tecniche di produzione del libro antico: l’utilizzo dei caratteri mobili e del torchio, la stampa e la fascicolazione dei fogli, la realizzazione della decorazione e il confezionamento della legatura, fino a comprendere cosa significhi leggere, scrivere, fare cultura con la nuova rivoluzionaria arte tipografica che lo stesso Foresti non esitò a definire «non humana ma più presto divina et da Dio mandata».

Gli incunaboli della Biblioteca Civica Angelo Mai

Il cardinale Giuseppe Alessandro Furietti, nel 1760, lascia alla città di Bergamo la propria libreria che si aggiunge al nucleo di libri presente nella sede municipale di Palazzo Nuovo. La Biblioteca apre al pubblico attorno al 1770.
Il 22 maggio 1797 la municipalità di Bergamo incamera la biblioteca del Capitolo della Cattedrale e forma un’unica biblioteca cittadina, che si arricchisce ulteriormente con le soppressioni degli enti ecclesiastici in età napoleonica.
Nel 1800 al bibliotecario Agostino Salvioni viene affidato il compito di risolvere il disordine in cui la biblioteca si trova, e prende forma la collezione di incunaboli, presenti in biblioteca, già allora, in circa milleduecento esemplari.
In questi anni partecipa attivamente alla vita della biblioteca Leonino Secco Suardo che con l’aiuto del cugino Bartolomeo compila il Catalogo generale della Pubblica Biblioteca Comunale della Regia Città di Bergamo, completato nel 1856.
Sono opera di Luigi Chiodi, direttore dal 1957 al 1978, il riordino e la catalogazione del patrimonio, la pubblicazione nel 1966 dell’Indice degli incunabuli della Biblioteca Civica di Bergamo.
Allo “storico catalogo” a schede si aggiungono a partire dal 1977 le acquisizioni nella base dati SBN (Catalogo collettivo delle Biblioteche italiane).
L’accesso al documento, che in passato avveniva attraverso la consultazione di cataloghi cartacei, oggi si realizza anche tramite strumenti informatici che ne consentono il raggiungimento in modo sempre più preciso e puntuale.

Le origini della stampa a caratteri mobili

La stampa a caratteri mobili è stata inventata nella cittadina tedesca di Magonza da Johannes Gutenberg nei primi anni ’50 del Quattrocento. Gutenberg era alla ricerca di un metodo che gli consentisse di riprodurre meccanicamente un elevato numero di copie di uno stesso testo mantenendosi fedele all’aspetto del libro manoscritto. Dopo varie esperienze completò la stampa, entro l’autunno del 1454, di una monumentale bibbia detta Bibbia delle 42 linee, in ca. 180 esemplari, parte dei quali su pergamena. Nel giro di una quindicina di anni, l’arte tipografica si diffuse in molte città europee: in Italia troviamo le primissime testimonianze già a partire dal 1463. La tecnica consiste nel creare dei punzoni in acciaio temperato con, all’estremità, i singoli caratteri sporgenti e perfettamente a livello fra loro. Essi vengono poi impressi con forza in matrici di rame in modo da lasciarvi dei solchi, riempiti a loro volta da una lega metallica fusa che, a solidificazione avvenuta, dà origine ai singoli caratteri mobili. In fase di stampa, questi vengono allineati in parole e frasi in un’apposita forma destinata a contenere il testo – in una o più colonne – di ogni lato del foglio da stampare. Dopo l’inchiostrazione con appositi mazzi, la forma e il foglio teso in un telaio di legno sono portati al torchio e fatti scorrere fino a posizionarsi sotto la platina che, con un colpo di leva, comprime il foglio sulla forma lasciando l’impronta dei caratteri sulla carta (più raramente sulla pergamena). A fine giornata, si riuscivano a produrre ca. 300-350 fogli per ogni torchio. Dalla fine del XV secolo il sapere universale, sia umanistico sia scientifico, assunse la veste del libro a stampa. Per testimoniare appieno la produzione culturale nelle lingue originali, furono prodotte anche serie di caratteri diversi dall’alfabeto latino come l’ebraico e il greco.

  • Aristotele, Ethica ad Nicomachum, in latino, Strasburgo, Johann Mentelin, prima del 10 IV 1469 – segnatura: INC 4 329
  • Giovanni Crastone, Lexicòn katà stoichéion, in greco e latino, Modena, Dionigi Bertocchi, [1499-1500] – segnatura: INC 4 215
  • Johann Engel, Astrolabium planum, in latino, Augusta, Erhard Ratdolt, 1488 – segnatura: INC 3 98

L’allestimento del libro: bifogli, fascicoli, legature

Agli albori della stampa il torchio manuale consentiva di imprimere testo e immagini su di un solo foglio per volta, tante volte quante le copie da realizzare. I primi prodotti tipografici furono semplici fogli volanti di questo tipo, da affiggere, distribuire o conservare come documenti personali: cedole di indulgenza e bandi ufficiali, prove di stampa e cataloghi librari, lunari e immagini sacre, stampati talvolta sulla sola metà di un foglio.
Il foglio piegato a metà, o bifoglio, era l’unità elementare su cui si articolava la struttura del libro: più bifogli sovrapposti e ripiegati formavano il fascicolo. Dato che testi lunghi occupavano più bifogli, per garantire la corretta successione del testo ogni bifoglio era contrassegnato da una lettera – indicante la posizione del fascicolo nel volume – e da un numero progressivo – che indicava quella del bifoglio nel fascicolo. Per i volumi di piccolo formato, ottenuti piegando ulteriormente il bifoglio di partenza, la rifilatura oltre a eliminare le irregolarità della carta lungo i bordi (le barbe) recideva anche i margini esterni in corrispondenza delle piegature, rendendo le carte sfogliabili (intonsi, non tagliati, sono propriamente gli esemplari che non conobbero mai questa fase di lavorazione).
Di norma i libri erano venduti in forma di fascicoli sovrapposti in successione ordinata: erano gli acquirenti ad affidare la legatura ad atelier specializzati. In genere, il legatore univa i fascicoli tramite cuciture realizzate su supporti in cuoio, pelle o fibra vegetale, chiamati nervi, a loro volta ancorati ai piatti (i quadranti in legno o carta che aderendo alle carte esterne del volume gli davano corpo e protezione); all’esterno poteva poi essere applicata la coperta, un rivestimento in pelle, carta, pergamena o persino in tessuto, spesso decorata.
Grazie alla natura artigianale dell’operazione, all’interno di una stessa legatura si potevano riunire più edizioni oppure far convivere parti a stampa e manoscritte.

  • Tommaso da Vaprio, Littera indulgentiarum Hospitalis sanctorum Nicolai et Bernardi, Milano?, s.n.t., non post 13 III 1478 – segnatura: INC 1 205
  • Paolo Olmi, Regula S. Augustini, in latino e in italiano,  Roma, Francesco Cinquini, 1479 – segnatura: INC 5 8/3

Illustrazione e musica nel libro a stampa nel secondo Quattrocento

La nascita della stampa a caratteri mobili fu ben presto seguita da quella del libro a stampa illustrato: il primo esempio è una raccolta di favole stampata in Germania nel 1461.
Per i libri di maggior pregio si continuò talvolta ad applicare la tecnica della miniatura, nata per la decorazione del codice manoscritto. Si trattava però di un procedimento piuttosto raffinato e costoso, quindi difficile da riproporre su centinaia di copie. Se si volevano ottenere immagini a colori con un metodo più semplice, si poteva ricorrere all’acquerello. Ciò comportava comunque la necessità di un intervento manuale su ogni esemplare. Un’altra tecnica decorativa ereditata dal manoscritto era quella delle iniziali filigranate, che prevedeva l’utilizzo di inchiostri di due o tre colori diversi: solitamente il nero, il blu e il rosso. Tipica anche l’alternanza di iniziali in blu e in rosso o l’utilizzo dell’inchiostro rosso per interi titoli, le rubriche.
Una tecnica largamente utilizzata per la decorazione del libro a stampa dei primi decenni fu la xilografia, che consiste nell’utilizzo di un blocco di legno nel quale si scavano i contorni dell’immagine con scalpelli e lime in modo da far emergere il disegno in rilievo. A questo punto si cosparge la tavoletta di inchiostro in modo da lasciare l’impronta del disegno desiderato sul foglio, con possibilità di ripetere agevolmente l’operazione. La xilografia fu anche spesso utilizzata per gli esempi in notazione musicale nei metodi e trattati teorici sull’argomento. Molte furono infatti le difficoltà tecniche che si presentarono ai primi stampatori di musica. Per ciò che attiene alla notazione quadrata su tetragramma, tipica della musica monodica, troviamo già soluzioni diversificate che vanno dalla scrittura a mano alla stampa del rigo con l’aggiunta manuale delle sole note, fino alla sperimentazione di caratteri mobili musicali veri e propri, eventualmente in duplice impressione, con la stampa in momenti separati del rigo e delle note.

  • Quinta e sesta allegrezza da Le sette allegrezze di Maria, Ascensione di Cristo e Pentecoste, Italia, fine secolo XV – segnatura: INC 3 339
  • Missale Romanum, Venezia, Giorgio Arrivabene, 1499 – segnatura: INC 1 186

  • Nicolò Burzio, Opuscolum musices, Bologna, Benedetto Faelli, 1487 – segnatura: INC 2 257

Vestire i libri: la legatura a Bergamo tra Quattro e Settecento

In epoca pre-industriale le legature dei libri erano realizzate con un complesso procedimento artigianale, effettuato da mani esperte con svariate tecniche e materiali. Differenti i risultati, costante la funzione: tenere unito il blocco dei fascicoli e proteggere i fogli durante la lettura e quando il volume era riposto – poggiato di piatto – in casse, armadi o scaffali.
Come in molte altre località sono noti centri di realizzazione di legature artistiche, ciascuna caratterizzata da una particolare tecnica o decorazione, anche a Bergamo furono attivi, nel corso dei secoli, atelier specializzati. Nel XV secolo erano diffuse essenziali legature su piatti lignei parzialmente rivestiti di cuoio o pelle allumata, provviste di fermagli di chiusura, comunemente dette monastiche.
Ma poiché spesso le legature tradiscono una fattura anche di molto successiva a quella della stampa dei libri, fra gli incunaboli diverse sono cinquecentesche o hanno comunque subito modifiche nel corso del tempo per iniziativa dei vari proprietari. Nel XVI secolo il rivestimento tende a ricoprire interamente i piatti e ricorrono alcuni elementi decorativi peculiari, soprattutto il ferro di cavallo e una placchetta con un profilo virile. I libri più preziosi erano dotati di elementi metallici (borchie, umboni, cantonali) che proteggevano la coperta dallo sfregamento con altri volumi o con le superfici di appoggio.
Nel Settecento si fa preponderante l’uso dell’oro nella decorazione, che si concentra sui dorsi, a testimonianza dell’ormai consueta collocazione dei libri a scaffale in posizione verticale. A Bergamo un ampio nucleo di incunaboli è ben identificabile dalla presenza di una coperta in carta rossa o marmorizzata a più colori con il dorso decorato a fioroni in oro realizzati con tre o quattro ferri diversi, circostanza questa che tradisce una probabile unica committenza. Fioroni molto simili ricorrono anche nella legatura settecentesca dell’esemplare del Supplementum chronicarum che a suo tempo Giacomo Filippo Foresti vendette al canonico Carlo Boselli, esposto al centro della bacheca grande.

  • Battista Spagnoli detto Mantovano, De patientia, Brescia, Bernardino Misinta, 30 V 1497 – segnatura: INC 5 82
  • Graziano, Decretum, Venezia, [Andrea Torresano], 26 VI 1498 – segnatura: INC 2 2
  • Bonino Mombrizio, Sanctuarium sive Vitae Sanctorum, [Milano, Tipografo del Mombrizio, ca. 1477] – segnatura: INC 1 203
  • Marziano Capella, De nuptiis Philologiae et Mercurii, Modena, Dionigi Bertocchi, 15 V 1500 – segnatura: INC 1 161
  • Orazio, Opera, Venezia, Filippo di Pietro, 18 IX 1479 – segnatura: INC 4 177

Libri interattivi, di scuola e proibiti

I libri quattrocenteschi oggi più spesso conservati – in latino, di tema impegnato e destinati a un pubblico di uomini nobili altamente istruiti, capaci tanto di comprendere i contenuti quanto di apprezzare la decorazione o un’importante legatura – non esauriscono le più variegate manifestazioni della circolazione e dell’uso del libro tra Medioevo e Rinascimento.
Con questa cultura d’élite, in cui si colloca anche il Supplementum chronicarum del Foresti attorno cui si dipana la mostra, convissero tipologie librarie di più largo consumo, veri best-seller della loro epoca che oggi sopravvivono in pochissimi esemplari, come libri liturgici, testi devozionali o romanzi cavallereschi. Ne sono un esempio i libri animati, provvisti di parti mobili con cui il lettore interagisce a fini ludici o pratici: i flap, alette che nascondono una parte del testo o del disegno sottostante, le volvelle, dischi mobili sovrapposti che ruotano attorno a un perno, o ancora strumenti portatili con parti metalliche per misurazioni astronomiche.
Anche i testi di scuola di rado superano le ingiurie dei secoli (e degli studenti!): annotazioni, appunti, il nome di una ragazza, ghirigori e schizzi abbozzati nella noia tradiscono l’insofferenza con cui erano seguite le lezioni dei maestri. I libri passavano poi di mano in mano, all’interno di una stessa famiglia o circolando sul mercato, prima di essere gettati via. Fiorenti botteghe dove si potevano acquistare libri nuovi e usati (come quella di Lorenzo Zambelli in Porta Dipinta dal 1498 al 1527) sono note a Bergamo quando ancora non vi era una stabile tipografia.
Infine, a ridurre i testimoni superstiti, va ricordato che nel Cinquecento la scure della censura ecclesiastica si abbatté sui testi ritenuti non ortodossi. Quelli iscritti nell’Index librorum prohibitorum non potevano essere nè letti nè posseduti: molti andarono distrutti, alcuni vennero conservati illegalmente, altri furono epurati parzialmente, come il Masuccio Salernitano qui esposto, che sopravvisse mutilo e marchiato dalla lapidaria nota manoscritta «proibito».

  • Johannes Müller von Königsberg (Regiomontanus), Kalendarium, Venezia, Erhard Ratdolt , 15 X 1485 – segnatura: INC 5 23

  • Gaspar Veronensis, Grammatica Latina, Brescia, Stazio Gallo, 1475 – segnatura: INC 2 312

  • Masuccio Salernitano, Il Novellino, Venezia, Giovanni e Gregorio de Gregori, 1492 – segnatura: INC 4 184

La sintesi delle fonti nelle opere di Giacomo Filippo Foresti

Negli ultimi decenni del Quattrocento l’agostiniano bergamasco Giacomo Filippo Foresti scrive e affida alla stampa tre opere apparentemente diverse per genere, impostazione e finalità, ma accomunate da un analogo metodo di composizione, tipicamente medievale, che prevede un’accurata lettura delle fonti, una selezione dei contenuti e un loro ampliamento, da cui deriva una summa dello scibile su un dato argomento, per la comune utilità.
Il 7 gennaio 1483, a Bergamo, il frate incarica il tipografo Bernardino Benaglio di stampare una sintesi della storia universale denominata Supplementum chronicarum, in 650 copie (lui stesso ne avrebbe acquistate circa 200, da rivendere in Lombardia). L’opera vide la luce a Venezia il 23 agosto 1483 e riscontrò un successo notevole, tanto che godette di varie edizioni successive, tra cui una illustrata con vignette xilografiche (Venezia 1486) e una ampliata dall’autore con gli eventi degli ultimi decenni (Venezia 1503). Il tedesco Hartmann Schedel vi si ispirò per il suo celebre Liber chronicarum (Norimberga 1493), considerato uno dei libri più belli di sempre.
Il De claris mulieribus (Ferrara 1497) è una raccolta di biografie femminili composta presso la corte estense e dedicata a Beatrice d’Aragona, in cui il Foresti propone una rassegna di 192 profili di donne esemplari del mito, dell’agiografia, della storia e della sua epoca, di cui evidenzia sia le virtù tradizionali, come fede, carità e coraggio, sia, con sensibilità tutta umanistica, la doctrina.
L’ultima opera, probabilmente composta negli ultimi anni del XV secolo a Bergamo, nel convento di S. Agostino, è una guida per l’esame di coscienza intitolata Confessionale, che ebbe varie ristampe fra Quattro e Cinquecento, in latino e in volgare.

  • Giacomo Filippo Foresti, Supplementum chronicarum, Venezia, Bernardino Benaglio, 23 VIII 1483 – segnatura: INC 4 128
  • Giacomo Filippo Foresti, Supplementum chronicarum, Venezia, Bernardino Benaglio, 23 VIII 1483 – segnatura: INC 4 316
  • Giacomo Filippo Foresti, Supplementum chronicarum, Venezia, Bernardino Benaglio, 15 XII 1486 – segnatura: INC 1 88
  • Hartmann Schedel, Liber chronicarum, Norimberga, Anton Koberger per Sebald Schreyer e Sebastian Kammermeister, 12 VII 1493 – segnatura: INC 1 21

  • Giacomo Filippo Foresti, Supplementum supplementi cronicarum, Venezia, Albertino da Lessona, 4 V 1503 – segnatura: CINQ 5 563
  • Giacomo Filippo Foresti, De claris mulieribus, Ferrara, Lorenzo Rossi, 29 IV 1497 – segnatura: INC 4 131
  • Giacomo Filippo Foresti, Confessionale, in latino, Venezia, Bernardino Benaglio, [ca. 1497] – segnatura: INC 2 284/1
  • Giacomo Filippo Foresti, Confessionale, in latino, Venezia, Pietro Quarenghi, [ca. 1510] – segnatura: INC 5 105/1

Jacopo da Balsemo: un miniatore per la città

La data di nascita di Jacopo da Balsemo (o Balsamo) si colloca intorno al 1425. La forma Balsemo potrebbe essere un toponimo indicante l’origine dalla località Balsamo, presso Cinisello, oppure un cognome che non ha alcuna attinenza con il luogo di provenienza.
Il primo riferimento a Jacopo è del 1451, nel Libro degli Estimi, in cui lo si dichiara abitante a Bergamo nella vicinia di S. Andrea e nel 1453 è documentato quale «magistrum miniatorem». Le sue prestazioni artistiche per il Consorzio della MÎA sono molto soddisfacenti e nella sua produzione, oltre ai Libri liturgici per il Coro di S. Maria Maggiore in Bergamo (custoditi presso la Biblioteca Civica Angelo Mai), spicca la decorazione, tra il 1483 e il 1486, di quattro esemplari a stampa del Supplementum chronicarum di Giacomo Filippo Foresti, frate del convento di S. Agostino.
La sua formazione artistica avviene nelle officine milanesi, molto probabilmente nella bottega del maestro delle Vitae Imperatorum, il più famoso miniatore del periodo tardo visconteo.
Caratteristica della sua arte è l’attaccamento alla tradizione: contorna i margini delle pagine con arcaiche foglie d’acanto, contenendo le scene entro un’unica lettera capitale grande che funge da cornice.
Balsemo risulta inserito anche nel circuito di stampatori e librai della città, probabilmente nella sua bottega ci si occupa anche di scrittura e vendita di libri. Tra gli esemplari miniati dal Balsemo del Supplementum chronicarum rimane alla Biblioteca Civica di Bergamo l’incunabolo appartenuto al canonico Carlo Boselli e da lui affidato al Balsemo per la miniatura (INC 4 128), qui esposto nella bacheca grande.

  • Statuta Bergomi, Bergamo, 1453, manoscritto membranaceo – segnatura: Sala I D 9 8
  • Statuta Bergomi, Brescia, Angelo e Jacopo Britannico, [18 XII] 1491 – segnatura: INC 3 36
  • Statuta Bergomi, Brescia, Angelo e Jacopo Britannico, [18 XII] 1491 – segnatura: INC 4 238
  • Marco Fabio Quintiliano, Institutiones oratoriae, Milano, Antonio Zarotto, [9 VI] 1476 – segnatura: INC 4 30
  • Antonino Fiorentino, Summa theologica, parte II, Venezia, Giovanni da Colonia e Johann Manthen, 1477 – segnatura: INC 3 226
  • Bonifacio VIII, papa, Liber sextus Decretalium, Venezia, Nicolas Jenson, [23 XI] 1479 – segnatura: INC 1 15

Bernardino Benaglio: un’eccellenza bergamasca nella tipografia veneziana

Disponibilità economica, intraprendenza e spirito imprenditoriale sono gli ingredienti che portano il giovane bergamasco Bernardino Benaglio a cercare fortuna a Venezia con l’arte tipografica, dove avvia una propria tipografia attorno al 1480 (la prima edizione datata è il Supplementum chronicarum del Foresti, del 23 agosto 1483).
La sua produzione è vastissima ed estesa su un lungo arco temporale, che lo vede licenziare l’ultima edizione nel 1543 e traghettare così, almeno idealmente, la tipografia bergamasca sino a un passo dalle prime edizioni stampate in città da Michele Gallo (1555) e dalle più stabili tipografie di Vincenzo da Sabbio (1577) e Comino Ventura (1578).
Aperto alle innovazioni, Benaglio stampa prodotti di ogni genere: dai classici alle opere devozionali, dai libri liturgici con brani musicali alle xilografie artistiche, da voluminose opere giuridiche e filosofiche a splendide edizioni illustrate.
Inizialmente impiega come contrassegno una marca tipografica che riporta la sua iniziale «B», dal 1494 adotta in modo più sistematico una marca che raffigura san Girolamo, protettore degli studiosi e dei librai.
Tra il 1493 e il 1494 realizza anche quella che può essere considerata la prima collana editoriale della storia: una decina di diversi opuscoli in volgare di contenuto devozionale presentano sulla prima e sull’ultima carta due identiche xilografie che raffigurano in modo simbolico il mistero della Trinità di Dio – Padre, Figlio, Spirito Santo – e della Verginità perpetua di Maria, mentre una terza illustrazione richiama il contenuto specifico di ogni edizione.
Un bell’esempio della sua capacità di interpretare le esigenze di un mercato non solo locale è la società con l’editore Francesco Cartolari, libraio di Perugia che si riforniva a Venezia di libri da vendere nella sua città, centro universitario vorace, ma privo di un’officina tipografica.

  • Eusebio di Cesarea, De evangelica praeparatione, in latino, Venezia, Bernardino benaglio, 31 V 1497 – segnatura: INC 3 143/1
  • Giardino de oratione fructuoso, [Venezia, Bernardino Benaglio], 1494 – segnatura: INC 2 163
  • Lorenzo Giustiniani, Dottrina della vita monastica, [Venezia, Bernardino Benaglio], 20 X 1494 – segnatura: INC 5 27

L’antica biblioteca del Convento di S. Agostino

Con l’arrivo della Congregazione osservante di Lombardia in città (1443), il convento di S. Agostino di Bergamo incontra una stagione di rinascita artistico-architettonica e culturale di cui Giacomo Filippo Foresti è il promotore più attivo e originale. Come lui, compongono opere che finiranno sotto i torchi di città italiane ed europee anche i confratelli Ambrogio da Calepio, autore del celebre Dictionarium, e Paolo Olmi, che già nel 1479 si servì dell’ars imprimendi per garantire circolazione alla sua Apologia religionis fratrum Heremitarum.
Grande impulso deriva dalla fondazione nel convento di uno studium (1460), in cui insieme a logica, filosofia e teologia diventano discipline di studio le arti liberali: i frati possono ora ambire a divenire docti, ma non doctores, alimentando l’attitudine pastorale più che quella speculativa.
Le nuove materie necessitano di testi specifici (fra cui le summae, sintesi e via d’accesso agli argomenti più complessi di ogni disciplina) e così gli Agostiniani allestiscono la loro libreria: quando, tra il 1766 e il 1767, frate Tommaso Verani su incarico della Congregazione di Lombardia lavorerà al riordino dell’antica biblioteca di Bergamo, vi troverà 215 edizioni del XV secolo, numero di poco inferiore alle circa 250 edizioni censite nei conventi di Crema e Milano.
A S. Agostino la tradizione aristotelica convive con quella umanistica: accanto alle auctoritates dottrinali dell’Ordine (Egidio Romano, Alberto da Padova, Giordano di Sassonia e Paolo Veneto) sono ben rappresentati trivio e quadrivio, ma amplificati dalla nuova visione pedagogica umanistica che riabilita la poesia e il teatro, valorizza il ruolo della storia, dell’etica e della politica. Ne sono espressione i libri acquisiti dal Foresti, dei quali lo stesso Foresti risulta lettore, come la Biblioteca storica di Diodoro Siculo e il De orthographia di Tortelli, che connettono il convento alla nuova ratio studiorum dell’Umanesimo, con il ritrovamento di manoscritti perduti, le traduzioni dal greco e la condivisione di un ideale che vede nella conoscenza della storia un elemento di valore che rende l’uomo libero.

  • Alessandro Sermoneta, Super consequentiis Strodi commentum, Padova, N.T.S.P., 20 VIII 1477 – segnatura: INC 2 338
  • Paolo Veneto, Logica, Milano, Domenico da Vespolate e Jacopo da Marliano, 20 X 1478 – segnatura: INC 2 342
  • Giovanni Tortelli, Orthographia, Vicenza, Stephan Koblinger, 13 I 1479 – segnatura: INC 3 23

Mostra a cura di
Maria Giuseppina Ceresoli
Marcello Eynard
Roberta Frigeni
Eleonora Gamba

Comune di Bergamo
Giorgio Gori, Sindaco
Nadia Ghisalberti, Assessora alla Cultura
Elena Pasini, Dirigente Direzione cultura BGBS23,
sport, eventi, partecipazione e commercio
Francesca Giupponi, Responsabile
Biblioteca Civica Angelo Mai e Archivi storici

Organizzazione e allestimento
Maria Giuseppina Ceresoli
Marcello Eynard
Eleonora Gamba

Progetto grafico
#cartadesign — Dario Carta

Si ringrazia
Maria Elisabetta Manca