Bottega bergamasca, Leggende agiografiche, 1492-1493 (Codice Suardi). Mm 160 x 105 – (Cassaf. 3.3)
Il codice, cartaceo, è noto anche come ‘Codice Suardi’, per lo scriba, che si firma Antonio Suardi, con le date 1492 e 1493, in diversi punti del manoscritto, e per lo stemma della famiglia Suardi, che compare ai ff. 105r e 134r. Purtroppo nessuna notizia certa abbiamo per identificare questo membro della nobile famiglia bergamasca, né sappiamo in quale modo il codice sia giunto in Biblioteca Mai, dove risulta comunque già nel catalogo del 1845.
Il volumetto contiene 224 disegni a penna e acquarello, che illustrano scene agiografiche, di guerra e apocalittiche. Fra i santi di cui è narrata la vicenda troviamo: sant’Antonio, santa Margherita, san Cristoforo, san Basilio, sant’Uberto, san Giovanni Boccadoro; a questo si aggiungono testi diversi, come la storia del morto e del vivo, la narrazione della fine del mondo, un breve ricettario per i diversi mesi dell’anno, le sette allegrezze di Maria, le imprese di Uson Casano in Albania, il discorso della morte al peccatore, la storia della guerra del re di Spagna contro il re di Granada.
I disegni sono di stile popolaresco, delineati a grossi tratti di penna e colorati a macchie di acquarello rapide e talora imprecise; l’impostazione è molto libera in rapporto al testo e la composizione quasi dilettantesca. L’interesse del codice è comunque grande, proprio per il carattere popolare che traspare chiaramente non solo dai disegni, ma anche dai testi, in cui l’autore, probabilmente non identificabile con Antonio Suardi, «assume l’abito del cantastorie», coinvolgendo il lettore in «narrazioni colme di morti, demoni, angeli, stupefacenti martìri e miracoli meravigliosamente ingenui» (Luigi Chiodi, 1957). La lingua impiegata, in rima, è un volgare intriso di forme dialettali proprie dell’Italia settentrionale, testimone prezioso di una forma letteraria popolare, che doveva avere come scopo la recitazione o addirittura la drammatizzazione, come proverebbe l’invito ad ascoltare, spesso rivolto a un ipotetico pubblico, e come traspare anche dalle stesse illustrazioni, forse schemi per eventuali scenografie.
Di particolare effetto sono i disegni sulla fine del mondo e il giudizio universale, ricchi di pathos e di carica visionaria, capaci di trascinare il lettore nello spettacolo terrificante della forza divina che stravolge l’ordine naturale; o anche le affollate scene della guerra di Granada, che traducono in un piacevole dialetto figurativo la lunga e nobile tradizione lombarda dei romanzi cavallereschi miniati per le corti.
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