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da Giovanni Antonio Terzi a Benvenuto Terzi (secc. XVI -XX)

Civica Biblioteca e Archivi Storici Angelo Mai
Bergamo: Piazza Vecchia 15
Atrio Scamozziano: 3- 24 maggio 2004

Curatori:
Giacomo Parimbelli (chitarrista, ricercatore e storico della chitarra a Bergamo)
Fabrizio Capitanio, Marcello Eynard, Paola Palermo (Civica Biblioteca Angelo Mai. Sezione Musiche)

Con il patrocinio di:
Provincia di Bergamo -Assessorato alla Cultura

Con il sostegno di:
Comune di Chignolo d’Isola
Comune di Dal mine
Comune di Martinengo

Nella distanza di quasi cento metri, tra la Basilica di Santa Maria Maggiore e la Biblioteca Angelo Mai, sono racchiusi e idealmente rappresentati i luoghi storici del liuto e della chitarra a Bergamo.
Infatti, se nel ’500 il grande liutista e compositore Giovanni Antonio Terzi diede prova, nelle sue intavolature, di frequentare le opere musicali di Giovanni Cavaccio, maestro della cappella musicale di Santa Maria Maggiore dal1598 al 1626, agli inizi del ’900 Benvenuto Terzi varcava l’atrio dell’attuale Biblioteca Civica, all’epoca sede del Regio Istituto Tecnico Commerciale, per compiervi gli studi giovanili.
I due Terzi, musicisti orobici situati cronologicamente agli estremi di quasi cinquecento anni di storia, risultano uniti, per una singolare coincidenza, dallo stesso cognome e fissano i due momenti più significativi delle vicende e delle fortune del liuto, della chitarra e della liuteria per strumenti a corde pizzicate a Bergamo.
Le nuove acquisizioni documentarie, frutto di recenti ricerche condotte dallo scrivente sul chitarrista e compositore Ludovico Antonio Roncalli, di cui ricorre quest’anno il 350° anniversario della nascita (1654-2004), ci consentono oggi una migliore comprensione della vita musicale bergamasca legata al liuto e alla chitarra in tutto l’ambito cronologico considerato nella presente mostra. Essa e allestita in un luogo simbolo della storia culturale cittadina quale è la Biblioteca Civica Angelo Mai con il suo suggestivo atrio progettato alla fine del ’500 dall’architetto Vincenzo Scamozzi.
Si tratta della prima iniziativa di questo genere nella nostra provincia: molti dei documenti in mostra sono visibili al pubblico per la prima volta, a distanza di secoli dalla loro produzione.
L’analisi e la correlazione di questi documenti, rinvenuti nei fondi musicali della Civica Biblioteca Angelo Mai, dell’Archivio della Curia Vescovile di Bergamo, degli archivi comunali e parrocchiali della città e della provincia, nonchè degli archivi musicali privati siglati da Angelo Mazzola e Benvenuto Terzi e dell’archivio dello scrivente, consentono di mettere in relazione la significativa attività legata al mondo del liuto e della chitarra all’interno delle mura di Bergamo, con una più ampia prospettiva di livello nazionale e internazionale.
E’ interessante qui ricordare che, tra il1471 e il1476, nasceva a Martinengo il “padre dei padri” della liuteria cremonese, ovvero Leonardo Giovanni da Martinengo, al quale furono affidati, come famigli ed allievi, Andrea e Giovanni Antonio Amati. In questo affido, che si apprende da un atto di censimento cremonese del 1526, il costruttore di liuti martinenghese si prese cura dei fratelli Amati fino al compimento del loro 25° anno di vita, come volle il padre Gottardo.
Pertanto le radici della liuteria cremonese trovano nutrimento nella Magnifica Comunità di Martinengo, cosi chiamata dalla Serenissima, geograficamente vicina a Cremona e a Brescia. Quest’ultima fu infatti la città di quel Gasparo da Salò che fu anche attivo a Bergamo nella cappella di Santa Maria Maggiore come musico esterno in qualità di suonatore di violone. Egli e indicato nel registro dei pagamenti dei musici della basilica con il nome di Gasparo Bertolotti.
E’ significativo, per la nostra città, poter individuare le radici della più antica liuteria in quell’humus culturale che si manifesta nell’area geografica compresa tra Bergamo, Cremona e Brescia.
Fra le testimonianze storiche si possono annoverare le notizie forniteci dal padre Donato Calvi e dal padre Barnaba Vaerini, attivi rispettivamente nel XII e XVIII secolo o la pubblicazione, risalente al 1692, dei Capricci Armonici per chitarra di Ludovico Antonio Roncalli. Di rilievo anche le testimonianze di carattere iconografico ad opera di pittori e scultori originari di Bergamo o comunque attivi in città: tele, intarsi, sculture con strumenti musicali, suonatori, putti e angeli cantori, oggi visibili in collezioni pubbliche o private o nelle volte delle chiese, nelle cantorie sui balconi degli organi. In questo ambito si segnalano le opere di Lorenzo Lotto (1480-1556), Giovan Battista Moroni (1529-1578), Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (sec. XVI-XVIl), Evaristo Baschenis (1617-1677), Giovanni Battista Dell’Era (1765-1798), la famiglia di scultori Fantoni (sec. XVII-XIX) e la famiglia di architetti Caniana, alla quale apparteneva Gian Battista (1671-1754). Queste fonti ci danno preziose informazioni sulla pratica dello strumento a corde pizzicate nelle diverse stratificazioni sociali, sulla morfologia e sulla tecnica costruttiva ed esecutiva.
E’ curioso constatare come il fascino della chitarra abbia toccato, nel nostro territorio, anche grandi compositori “insospettabili”, noti per una produzione più “tradizionale”’ (opere, cantate, musica sacra, concerti, quartetti classici…): è il caso di Giovanni Simone Mayr (1763-1845), attivo a Bergamo dal1802 fino al1845 come maestro di cappella della basilica di S. Maria Maggiore e fondatore delle locali Lezioni caritatevoli di musica, e del suo più noto allievo Gaetano Donizetti (1797-1848). Nel primo caso abbiamo le sue trascrizioni autografe di balli tradizionali con chitarra (Tiranas, boleras, seguidillas), nel secondo un quintetto per chitarra e archi.
Dalle considerazioni sopra esposte, è legittimo comprendere la vita del liuto, della chitarra e della liuteria a Bergamo nei secoli in una vera e propria Storia del liuto, della chitarra e della liuteria a Bergamo, storia che, con i suoi fasti e ricchezza d’arte, ha sempre alimentato scuola e tradizione non solo a Bergamo, ma anche nel resto dell’Italia. Una storia, quindi, che non deve essere persa o dimenticata, ma, al contrario, capace di trovare la continuità nella modernità, se per modernità s’intende la pura sintonia con la più bella tradizione dell’arte musicale italiana ed orobica.
Giacomo Parimbelli

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