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L’Inferno di Dante nelle acqueforti di Domenico Ferrari

Domenico Ferrari, pittore ed incisore trentino, si distingue nel panorama degli illustratori moderni della Divina Commedia per la sua adesione filologica al poema, priva di simbolismi e di interpretazioni soggettive. Le 36 acqueforti realizzate per la prima Cantica sono la sintesi di questo approccio inusuale alla Commedia: mentre molti artisti – Salvador Dalì su tutti – si sono lasciati “emozionare” dal poema creando immagini fortemente influenzate da suggestioni personali, Ferrari sceglie e si impone una assoluta fedeltà al testo. La scelta stilistica si è rivelata vincente e le illustrazioni sono state selezionate nel 2015 per le celebrazioni ufficiali del 750° anniversario della nascita di Dante: esposte al pubblico in una mostra tenuta a Palazzo Madama (unitamente a preziose edizioni della Commedia antiche e moderne), hanno rappresentato un ideale omaggio visivo al Poema, che si è unito a quelli sonori di Nicola Piovani (prima esecuzione pubblica di un suo commento originale alla Vita nuova) e di Roberto Benigni (lettura del canto XXXIII del Paradiso).

Nelle sue incisioni Ferrari coniuga in modo originale immagini e versi attraverso una sequenza prospettica per sovrapposizione: l’artista fonde in un’unica tavola testo ed illustrazione creando un disegno organico, un insieme verbale e visuale in cui la “storia prima” portante del viaggio nell’aldilà di Dante e Virgilio si intreccia con le “storie seconde” dei peccatori da loro incontrati nella discesa agli Inferi. Ferrari ha la capacità di rendere gli eventi in modo dinamico, ricomponendo sulla carta i due piani del racconto senza scinderli in immagini distinte e riuscendo a conferire alle illustrazioni una dimensione temporale specifica del linguaggio verbale: il risultato sono immagini che restituiscono il pathos del testo dantesco, sottolineando il piano narrativo e i nessi tra peccato e condanna.

«La sequenza prospettica di più scene che si sovrappongono nella stragrande maggioranza delle tavole, intrecciandosi a scritte e spazi bianchi, attiva nessi logico-temporali tra le singole immagini, restituendo loro la dimensione di “eventi”.» (Battaglia Ricci 2015, p. XX)

Le glosse verbali fungono non solo da fondamentale trait d’union tra le parti dell’illustrazione, ma ne divengono parte integrante ed inscindibile: l’artista crea un font originale, medievaleggiante, e gioca con la diversa grandezza dei caratteri, riuscendo a riprodurre visivamente la diversa intensità semantica e fonica dei versi.

«Nella scelta del carattere ho cercato di mediare fra quella che poteva essere una scrittura in stile gotico vicina all’epoca in cui Dante è vissuto ed una più leggibile. Ho realizzato anche le lettere allo stesso modo delle figure, utilizzando la tecnica della lacerazione per ottenere un segno vibrante.» (Domenico Ferrari)

Un’altra scelta inconsueta: Ferrari elimina dalla raffigurazione il Dante pellegrino e la sua guida. L’esclusione della presenza fisica e dell’ottica dantesca modifica profondamente la relazione tra immagine e fruitore: l’incisione è costruita assumendo il punto di vista del lettore, non più semplice spettatore di una storia che si snoda davanti ai suoi occhi ma soggetto direttamente coinvolto nella esperienza visionaria, con forte potenziamento della dimensione drammatica e dinamica. Noi vediamo ciò che vede Dante, i personaggi ci guardano mentre la loro colpa e la loro punizione si esplicitano davanti ai nostri occhi: siamo noi stessi in cammino negli abissi infernali.

Esemplare è l’incisione relativa al Canto V, nel quale Minosse, re cretese deputato da Dante alla scelta del girone in cui devono essere precipitate le anime dei dannati, viene rappresentato insieme a Paolo e Francesca, i due infelici amanti collocati nel girone dei lussuriosi: mentre la maggior parte degli artisti dedica tavole distinte, non collegate, ai due peccatori e al loro giudice, Ferrari raffigura Minosse nell’atto di emettere la sentenza contro i due innamorati, ricordando al lettore che secondo la concezione di Dante e del pensiero medievale questi sono comunque colpevoli e che un giudice inflessibile e bestiale, qui strumento della giustizia divina, ha emesso la sua sentenza, reinserendoli nella complessa architettura infernale alla quale il romanticismo ottocentesco li aveva sottratti.

Le scelte stilistiche di Ferrari sono valorizzate dall’uso della tecnica dell’acquaforte, già esaltata da Ludwig Volkmann, grande studioso ottocentesco della iconografia dantesca, come il mezzo più idoneo per far emergere «i pensieri, le vicissitudini e le narrazioni del Poeta». Secondo Ettore Lombardo «Ferrari utilizza la tecnica dell’acquaforte con rara maestria, ottenendo i più espressivi e vibranti contrasti tra spazi chiari e scuri, tra segni leggeri e profondi, grazie ad un sapiente dosaggio delle “morsure” ed alla cura, sempre attenta e scrupolosa, di ogni pur minimo dettaglio della composizione». Il segno morbido e nello stesso tempo graffiante dell’artista è esaltato dai contrasti di luce ed ombra, intensi accostamenti di bianco e nero che producono un effetto di grande e tragico dinamismo.

Le tavole (34 a illustrare i canti dell’Inferno, le altre 2 i “ritratti” di Dante e di Lucifero) sono state pubblicate dalla Salerno Editrice in un volume di grande formato, corredato dalla presentazione di Enrico Malato, dai saggi introduttivi di Lucia Battaglia Ricci e Riccarda Turrina, dal commento di Ettore Lombardo “Il racconto delle immagini” alle illustrazioni dei canti, e da una agile bibliografia di riferimento.

L’Inferno di Dante nelle acqueforti di Domenico Ferrari / presentazione di Enrico Malato ; saggi introduttivi di Lucia Battaglia Ricci e Riccarda Turrina ; programma iconografico di Ettore Lombardo. – Roma : Salerno, 2015. – XXIX, 130 p. : ill. ; 35 cm.
Collocazione: G 5 823

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L’Assiette au beurre. L’immagine satirica della Belle Époque

Sabato 25 settembre 2021 ha preso il via una nuova, importante esposizione nell’Atrio scamozziano della Biblioteca, dal titolo L’Assiette au beurre. L’immagine satirica della Belle Époque

Promossa dalla Biblioteca Civica Angelo Mai e dal Fondo Paolo Moretti per la satira politica, con la collaborazione dell’Associazione Amici della Biblioteca Civica Angelo Mai, la mostra, curata da Paolo Moretti, è visitabile fino al 10 gennaio 2022 durante gli orari di apertura della Biblioteca e sarà oggetto di ripetute visite guidate, organizzate in diversi momenti e occasioni, a partire fin da domenica 26 settembre, giorno di ripartenza dell’iniziativa #maididomenica.

Per approfondimenti sui contenuti della mostra, segui sul canale YouTube della Biblioteca le conversazione di Paolo Moretti con la direttrice della Biblioteca, Maria Elisabetta Manca, con Carlo Salvioni e con Massimo Castellozzi, parte prima e seconda.

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Il commento alla Commedia di Niccolò Tommaseo

In un’epoca di straordinaria vivacità culturale quale fu l’Ottocento italiano, tra influenze romantiche e impulsi risorgimentali, un ruolo primario spettò a Niccolò Tommaseo (1802-1874). Nato in Dalmazia da genitori italiani, egli si distinse per pluralità di interessi: tessitore di vividi sodalizi intellettuali, letterato indomito nei rapporti con i propri editori, autore di dizionari di incrollabile prestigio e lettore vorace di Dante e della sua Commedia. I suoi primi contatti con l’Alighieri, in particolare, sembrano avere radici precoci, con letture e chiose adolescenziali che attestano il giovane Tommaseo assiduo frequentatore dei testi danteschi, tanto da dedicarvi alcune prove mentre muove i primi passi da giornalista. Inizia, così, attorno ai vent’anni la grande incetta di materiale che prenderà ad abbondare nel periodo fiorentino, successivo alla formazione padovana in compagnia di Antonio Rosmini e al passaggio da Milano con la conoscenza e l’amicizia di Alessandro Manzoni. Incorso nella censura austriaca, nel 1834 Tommaseo lasciò la Firenze dei sodali Giovan Pietro Vieusseux e Gino Capponi e si trasferì in primo esilio a Parigi, dove la sua meditazione dantesca e la rilettura della Monarchia contribuirono a stimolare una vasta produzione letteraria e, soprattutto, a completare la stesura della prima redazione del suo commento alla Commedia.

Nacque così la prima edizione del suo commento al poema dantesco, stampata in tre volumi dalla Società del Gondoliere a Venezia nel 1837. Già completa è qui la disamina dei versi dell’Alighieri, frutto della stagione da esule che si concluse solo con l’amnistia del 1839 e il seguente decennio che Tommaseo trascorse nella città lagunare. Furono anni in cui mutarono profondamente i presupposti esistenziali e scientifici dell’autore, culminati nel nuovo, secondo esilio a Corfù dal 1849 e nell’acuta e persistente malattia agli occhi. Contemporanea al definitivo ritorno in patria, prima a Torino e poi stabilmente a Firenze, la seconda redazione del commento venne impressa dall’editore milanese Giuseppe Rejna nel 1854 compattando le tre cantiche in un unico volume. Significativa è la mole delle citazioni e dei riferimenti ai testi biblici e al pensiero cristiano e medievale aggiunti nel tempo intercorso tra le due edizioni, tanto che la seconda veste del commento sostanzialmente raddoppia il corredo approntato negli anni Trenta. Un peso notevole è assunto dalla Summa teologica di Tommaso d’Aquino, ma più significativamente a mutare è la disposizione delle parti interne all’opera. Le note stesse vengono siglate per indicarne la natura eminente e distinte tra letterali (L), storiche e letterarie (SL) e filosofiche (F), ciascuna associata alla propria terzina di riferimento tra quelle progressivamente numerate. I canti danteschi sono preceduti dall’argomento, che esplicita i nodi e i versi salienti di quel singolo tratto di percorso del poeta, e chiusi da testi di approfondimento, vere e proprie monografie in breve in cui si esaminano significati e simboli del dettato di Dante o si offre un excursus su singoli temi cari alla Commedia.

Sempre a Milano, questa volta per i tipi di Francesco Pagnoni, nel 1865 prese vita la terza edizione del commento alla Commedia. Considerata la versione definitiva, Tommaseo vi modificò ben poco dell’apparato e dei contenuti allestiti per l’edizione precedente, limitandosi a cassare e riscrivere pochi testi. Persino il proemio ricalca perfettamente quanto esposto nel 1854 e ripetuta è la presenza di ampie introduzioni alla vita, al tempo e all’opera dell’Alighieri. Di contro, è ripristinata la scansione dei tre regni ultramondani in altrettanti volumi. Vennero, inoltre, ad aggiungersi alcuni scritti, a chiusa di ogni cantica e talvolta disseminati tra un canto e l’altro, cui contribuirono dantisti ed eruditi del tempo. È il caso delle osservazioni astronomiche intorno all’anno del viaggio poetico di Dante, allegate da Giuseppe Antonelli all’Inferno, e delle considerazioni del medesimo sulle dimensioni della montagna del Purgatorio. In questo vasto piano Tommaseo inserì le note ereditate da Giovita Scalvini e le proposte maturate da Celestino Cavedoni, ma anche traduzioni e studi storici propri, composti svariati anni prima, come Il sacco di Lucca redatto nel 1834 e annesso al volume dedicato alla prima cantica, un breve saggio in cui l’autore ripercorre in forma di racconto il tremendo saccheggio della città toscana per mano di Uguccione della Faggiuola con la complicità del fuoruscito Castruccio Castracani nel 1314. A ulteriore integrazione, per questa edizione fu predisposto un ampio corredo iconografico attorno al quale il curatore dell’opera si mantiene silente e lascia che a parlare sia la nota introduttiva dell’editore. Per questa ragione rimane nebulosa, allo stato attuale, la genesi concettuale di queste immagini, così come incerti i nomi di alcuni tra gli incisori, che operarono per quadri di esatto richiamo alle terzine dantesche apposte in calce alla raffigurazione. Un nome certo, espresso a lato del ritratto di Dante che inaugura in antiporta il primo volume, è quello di Federico Faruffini, pittore milanese dedicatosi all’acquaforte e artefice di tre delle prime incisioni illustranti passi dell’Inferno.

Il tipografo Pagnoni pubblicò con nuova foggia la Commedia curata da Tommaseo nel 1869, sempre in tre volumi ma con un sensibile calo nelle dimensioni dell’opera. Privi delle appendici di approfondimento storico-letterario della versione antecedente, i testi conservano il robusto apparato di note e i brevi saggi di fine canto, comprensivi delle compilazioni di Giuseppe Antonelli. Muta drasticamente il corpo delle incisioni a corredo dei canti, con un rinnovamento delle immagini e dei riferimenti alle terzine dantesche ivi effigiate. A differenza della Commedia pubblicata quattro anni prima, l’edizione del 1869 fu stampata con protesta e disappunto del curatore, insoddisfatto per la scarsa considerazione e la conseguente esclusione dei nuovi risultati critici cui era pervenuto nei Nuovi Studi su Dante, pubblicati anch’essi in occasione del celebre centenario dantesco dal Collegio degli Artigianelli di Torino. Numerose, dunque, le iniziative di Tommaseo dedicate al sommo poeta, compresa la pianificazione di conferenze che riportassero, attraverso pubblica lettura, alla centralità di una poesia indisgiungibile dalla dimensione del canto e dell’oralità. Un progetto ambizioso, che volle intercettare nuovi fruitori, i comincianti, affinché riconoscessero il primato poetico dell’Alighieri. Quanto alla ricostruzione filologica, tra un’edizione e l’altra della Commedia dantesca Tommaseo optò per la stampa della Crusca quale norma ordinaria, riservandosi un numero via via crescente di eccezioni, specialmente in punteggiatura, mirate alla lettura ad alta voce del poema.

Proiettato nella prima metà del XX secolo, il commento allestito da Tommaseo per Dante visse fasi di varia fortuna, dalla lode aperta alla serrata lotta, passando per la diffidenza dell’istituzione critica incarnata da Michele Barbi. A dare nuovo risalto al commento sarà a più riprese la torinese UTET, già benemerita promotrice, tra il 1861 e il 1874, degli otto volumi del celeberrimo Dizionario della Lingua Italiana, a lungo compilato da Tommaseo e da Bernardo Bellini e portato a termine da Giuseppe Meini. Il nuovo centenario dantesco, fissato al 1965, vide la riproposizione a stampa, per volontà dell’editore Aldo Martello, del testo dantesco licenziato da Tommaseo per Pagnoni cento anni esatti prima. Intenzione di quest’impresa, sorta sotto gli auspici della Società Dante Alighieri, fu quella di offrire la patina dantesca fissata dall’intellettuale un secolo addietro ma libera da un eccesso di apparati, intercalando le riflessioni in figura di grandi artisti italiani del Novecento al flusso dei versi. Così, le maglie del poema si allentano per lasciar filtrare le interpretazioni di Giorgio De Chirico e di Renato Guttuso, di Carlo Levi e di Renzo Vespignani, giusto per citare alcuni nomi noti dell’arte italiana del secolo scorso, in una nuova pagina tra le infinite scaturite dalla riflessione su Dante. Una volta di più, la mediazione critica e linguistica dello scrittore dàlmata è stata evidenziata nell’Edizione Nazionale del suo maggiore sforzo dantesco, promossa nel 2004, dove il curatore Valerio Marucci non ha mancato di sottolineare quello scoppio di granata generato, a metà Ottocento, da quel groviglio di ideali e aspirazioni irrisolti che fu Niccolò Tommaseo.

In copertina, ritaglio dalla tavola di Giorgio De Chirico per Inferno I, terzina 16 nell’edizione del 1965:
Questi parea che contra me venesse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aer ne temesse.

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Giuseppe Rejna editore libraio, 1854. (Segnatura: Galleria Cass. 3 A.1.15). Versione digitale.

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Francesco Pagnoni tipografo editore, 1865. Tre volumi (segnatura: Sala 34 G.11.13/1-3). Versione digitale (Inferno)

Commedia di Dante Allighieri con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, Milano, Francesco Pagnoni tipografo editore, 1869. Tre volumi (segnatura: Sala 34 S.1.8/1-3). Versione digitale (Inferno)

La Commedia di Dante Alighieri nel testo e nel commento di Niccolò Tommaseo, con illustrazioni in fotolitografia, Milano, Aldo Martello-Edizioni Labor, 1965. Tre volumi (segnatura: G 3 6/1-3).

Niccolò Tommaseo, Commento alla ‘Commedia’, a cura di Valerio Marucci, Salerno Editrice, 2004 («Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi», vol. 49). Tre tomi (segnatura: P 2 84/49/1-3).
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Ripristino orario pieno

Da lunedì 20 settembre la Biblioteca Mai riprende l’orario pieno invernale, ripristinando la fruizione del Salone Furietti e del servizio di consultazione in sede nel tradizionale orario continuato: dal lunedì al venerdì 8.45-17.30; sabato 8.45-13.
Sono inoltre aumentati da undici a quindici i posti disponibili per gli studiosi.

Il pubblico dovrà quindi prenotare la consultazione dei materiali della Biblioteca (per un massimo di sei pezzi) indicando la fascia oraria preferita: mattino (fino alle 13.30), pomeriggio (dalle 14.00 alla chiusura) o giornata intera.
I posti non prenotati continueranno ad essere resi disponibili il giorno stesso anche per studio con libri propri.
Le postazione disponibili sono dodici in Salone Furietti, due in Sala periodici, una dedicata all’utilizzo dei visori di microfilm.
Per l’accesso all’edificio è sempre richiesta l’esibizione del ‘Green Pass’.

Vedi tutte le informazioni in dettaglio sulla pagina del sito dedicata.

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Millegradini e Art2night

La Biblioteca Mai partecipa anche quest’anno all’iniziativa Millegradini, undicesima edizione della camminata culturale per le vie e le scalette di Bergamo, aprendo al percorso l’Atrio scamozziano per l’intera giornata di venerdì 17 e dalle 9 alle 13 il sabato e la domenica successivi.

Sabato sera, inoltre, dalle 19 alle 23 i camminatori potranno ancora usufruire dell’Atrio, poiché rimarrà aperto in occasione di Art2night, la notte bianca dell’arte: durante la serata, verranno offerte al pubblico, nell’Atrio, confezioni di libri ‘a sorpresa’ e le ultime edizioni della Biblioteca con un contributo a sostegno dell’Associazione Amici della Biblioteca.

L’ingresso è libero per chiunque sia dotato di ‘Green Pass’.

Le iniziative segnano la ripresa a pieno regime delle attività di promozione che la Biblioteca sta programmando per l’autunno, delle quali sarete puntualmente informati.
Seguiteci sul sito, anche iscrivendovi alla newsletter, e sulla pagina Facebook.

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Didattica in Biblioteca, 2021-2022

Nella fiduciosa speranza che l’autunno sia immune da nuove emergenze virali, la Biblioteca Angelo Mai rilancia l’attività didattica per l’anno scolastico 2021-2022, offrendo i tradizionali percorsi legati alla storia del libro ma aggiungendo anche nuove proposte, che è possibile visionare sulla pagina dedicata, dove è disponibile un pieghevole in PDF.
Sul canale YouTube della Biblioteca è caricato un breve video di presentazione delle proposte.

L’attività didattica è rivolta agli studenti di ogni ordine e grado ed è proposta a titolo gratuito, fino ad esaurimento delle disponibilità, previo accordo con i docenti di riferimento che dovranno scrivere a marcello.eynard@comune.bergamo.it per stabilire data, ora, contenuti e durata degli incontri.
Si ricorda che, in base alle norme vigenti, tutti coloro che abbiano compiuto 12 anni dovranno presentare il ‘Green Pass’ prima di accedere alla Biblioteca. Possono essere ammessi al massimo 15 ragazzi in contemporanea.
Vi aspettiamo in biblioteca.

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L’Edizione nazionale dei Commenti Danteschi

L’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi è stata ufficialmente istituita nel 2001 e la sua realizzazione affidata alla Salerno Editrice e a un comitato scientifico presieduto da Enrico Malato, coordinatore presso il Centro Pio Rajna e per conto del medesimo editore romano del grande progetto inerente la Nuova Edizione Commentata delle Opere di Dante, ormai giunta alla pubblicazione dell’Inferno, con il primo dei tomi previsti per la Commedia dantesca. Il Censimento, edito in tre volumi per quattro tomi complessivi tra il 2011 e il 2014, e la presentazione a stampa dei commenti danteschi mirano a dare conto del cosiddetto secolare commento e di tutta l’ingente mole delle testimonianze antiche e moderne, tra chiose e appunti di natura storico-linguistica, talvolta corredati da illustrazioni che trasformano i versi danteschi in figure e in spazi scaturiti dall’incontro tra il sistema culturale dei commentatori e l’opera monumentale dell’Alighieri.


Il piano si divide tra le esposizioni critiche, veri e propri commenti letterari, e le rappresentazioni per immagini del dettato dantesco. Il progetto relativo a questa seconda sezione prevede la riproduzione in facsimile dei più importanti commenti figurati al poema, mentre la sezione letteraria si estende dalla massima prossimità a Dante, con i contributi esegetici dei figli Jacopo e Pietro Alighieri, alla critica erudita d’inizio Novecento, assestata entro il commento alla Commedia che venne approntato da Isidoro Del Lungo nei tre volumi editi da Le Monnier nel 1926. Dunque, l’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi va intesa come la riproposizione minuziosa dell’insieme di tanti interventi interpretativi che ogni epoca, ogni realtà culturale e geografica, ha ritenuto necessari per affrontare il poema dantesco in tutta la sua complessità e meraviglia. Naturalmente una costruzione tanto vasta e polifonica deve improntarsi al criterio dell’esaustività, specialmente per quanto attiene i primi tre secoli di esegesi, ma anche dimostrarsi selettiva nella produzione a stampa della piena età moderna, operando scelte in direzione di quei testi che fino ai giorni nostri abbiano conservato utilità e forza attrattiva per gli studi di critica dantesca.

 

Nel novero dei 75 volumi, in un numero ben più consistente di tomi, globalmente previsti tra i commenti letterari alla Commedia, un rilievo particolare spetta al testo compilato dal bolognese Iacomo della Lana in anni precoci, tra il 1324 e il 1328, in uno sforzo interpretativo che rappresenta il primo lavoro di completa disamina in volgare condotto sulle tre cantiche dantesche. La prossimità alla vita e all’operato di Dante e la fortuna che arrise al commento per come viene certificata dagli oltre cento esemplari manoscritti, tra integrali e parziali, che ancora oggi se ne conservano fanno dello scritto lanèo, il terzo cronologicamente inteso nella disposizione dell’Edizione Nazionale, un caso di particolare complessità filologica, comportante scelte drastiche da parte degli editori. Un aspetto di radicale incertezza è quello che investe la ricostruzione delle sembianze linguistiche originarie di un’opera redatta da un uomo certamente bolognese, ma cólto e incline al confronto costante con il volgare toscano degli stessi canti danteschi. Quale, pertanto, la prima natura del commento di Iacomo della Lana? A ulteriore riprova d’incertezza l’annotazione di Alberico da Rosciate che, lavorando alla traduzione del testo di volgare in latino verso la metà del Trecento, indica il componimento scritto in sermone vulgari tusco.


Il nome dell’illustre giurista bergamasco e il riferimento al suo celebre commento latino alla Commedia, non certo considerabile quale mera trasposizione in lingua latina dei contenuti lanèi, conducono a una nuova intrapresa, vale a dire la diretta pubblicazione dell’opera esegetica di Alberico da Rosciate, sempre nell’ambito dell’Edizione Nazionale qui esposta. Il commento ebbe due versioni, databili tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del XIV secolo. Se nella prima il giureconsulto orobico si limitò a una sostanziale traduzione del testo di Iacomo della Lana, pur mitigata dal ricorso al commento latino di Graziolo de’ Bambaglioli e a quello in volgare del cosiddetto Anonimo Fiorentino e dalla piena originalità dei prologhi alle cantiche, durante la seconda elaborazione il chiosatore migliorò grammatica e terminologia, inserì nuovi particolari e corresse storture proprie della fonte bolognese. Il testo critico è attualmente in lavorazione e trova uno dei propri rappresentanti manoscritti più significativi nel Codice Grumelli della Biblioteca Civica di Bergamo, documento in cui è tràdita la seconda e, per così dire, definitiva redazione del commento albericiano.

Diciotto sono i volumi ad oggi pubblicati dell’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi, un patrimonio al quale la Biblioteca Mai presta particolare attenzione, offrendo già alla consultazione di studiosi e appassionati i tanti e poderosi tomi che custodiscono un corpus letterario sterminato, grazie al quale l’Alighieri ci conduce a conoscere tempi e luoghi di un’Italia che da settecento anni fa i conti con il sommo poeta, cumulando interpretazioni e approfondimenti che spaziano, giusto per citare qualche ulteriore nome, dalle Expositiones et glose di Guido da Pisa al successivo Ottimo commento di area fiorentina, dall’esegesi di Cristoforo Landino agli studi critici di Niccolò Tommaseo, dalle Chiose Palatine del secondo quarto del Trecento alle esposizioni cinquecentesche di Alessandro Vellutello e di Lodovico Castelvetro, lungo una traiettoria che arriva ai nostri tempi, asseverando la centralità nazionale di Dante.


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L’Edizione nazionale dell’opera di Dante

Nell’Italia unificata di fine Ottocento sorse l’esigenza di costruire un patrimonio letterario comune alla nazione e legittimato dalle istituzioni politiche del paese, partendo da alcuni tra gli autori più significativi della nostra storia culturale. Da questa spinta nacquero le Edizioni Nazionali, che trovarono una prima realizzazione con l’edizione completa delle opere di Galileo Galilei (1890-1909). Ben più travagliati furono i percorsi relativi ai testi di Niccolò Machiavelli, Giuseppe Mazzini e Francesco Petrarca, dei quali venne promossa l’Edizione Nazionale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Nel novero di questi letterati colpisce l’assenza di Dante Alighieri, poeta della patria che lo stesso Mazzini ebbe a definire «monumento dell’intelletto nazionale». Questo si spiega con i tempi imprevedibili di analisi delle lezioni e di ricostruzione filologica che i testi di Dante, e la Commedia anzitutto, avrebbero richiesto ai più eminenti dantisti e agli storici della letteratura italiana del tempo. Già nel tardo Settecento si era imposta una discussione sulla pubblicazione dell’opera completa dell’Alighieri, un dibattito tornato in auge in occasione del VI centenario della nascita nel 1865, quando le singole città italiane diedero prova di memoria e di riconoscenza al sommo poeta, come fece Bergamo, dove venne promossa la stampa de L’illustrazione del codice dantesco Grumelli dell’anno 1402, edita dalla Tipografia Pagnoncelli, dando risalto a quella che pochi anni dopo, nel 1872, avrebbe significato una tra le più prestigiose acquisizioni della Biblioteca Civica.
Sorta nel 1888 a Firenze con il compito istituzionale di realizzare un’edizione critica delle opere di Dante, la Società Dantesca Italiana rinnovò gli auspici nel 1913, in vista delle celebrazioni per il VI centenario dalla morte del poeta. Di fatto, le difficoltà oggettive dell’impresa cui si volle attendere e l’incombenza della Grande Guerra fecero svanire il progetto iniziale, che prevedeva l’edizione di 15 volumi entro il 1921. Nacque, in questo modo, un’editio minor, il cosiddetto Dante del Centenario, una pubblicazione delle opere dantesche con testi accertati, ma privi di corredo filologico e di commento storico.

(Qui sopra: la seconda edizione, pubblicata presso la Società Dantesca Italiana nel 1960, del testo critico e completo de Le opere di Dante, ritorno al contributo che Michele Barbi e gli altri eminenti studiosi d’inizio Novecento avevano offerto all’edizione del 1921, nota come Dante del Centenario).

Questa iniziativa avrebbe ulteriormente rallentato i lavori dell’Edizione Nazionale, il cui primo volume vide la luce nel 1932, con l’uscita della Vita Nuova, curata da Michele Barbi per l’editore fiorentino Bemporad, ma sostanzialmente affine al testo già pubblicato presso la milanese Hoepli nel 1907. Da questo momento, complice la scomparsa di alcuni eminenti studiosi del panorama italiano quali Pio Rajna e lo stesso Michele Barbi e l’imminenza di una durissima stagione per il paese, i lavori sarebbero andati incontro a una lunga sosta. Giova in questo frangente ricordare che proprio negli anni Trenta l’impresa venne affiancata da piani editoriali affini, come quello dell’editore Le Monnier, affidato inizialmente al Barbi e ancora attivo negli anni Sessanta con la supervisione di Vittore Branca. Nel dopoguerra altre operazioni di questo tipo presero avvio e nuovi editori accarezzarono l’idea di pubblicare l’opera dantesca completa, salvo poi ritrarsi, forse poco convinti dalla complessità del lavoro e dalla possibile risposta del mercato a più iniziative mirate nella medesima direzione.
Solo dal 1957 le operazioni per l’Edizione Nazionale vennero riavviate sotto l’egida di Gianfranco Contini e l’affidamento del piano editoriale alla casa editrice Mondadori portò alla pubblicazione, nel 1965, della Monarchia, curata da Pier Giorgio Ricci, e alla ristampa anastatica del De vulgari eloquentia edito da Pio Rajna presso Le Monnier nel 1896. Il testo, infatti, conservava il pregio di essere un’incrollabile applicazione del metodo lachmanniano, pur venendo etichettato come una semplice appendice all’Edizione Nazionale del trattato sulla lingua di Dante che sarebbe sopraggiunta. In effetti, all’inizio del Novecento furono rinvenuti nuovi codici testimonianti l’opera dantesca, al punto che lo stesso Rajna apportò modifiche al testo nel 1921 e ancora vi attese negli ultimi anni di vita. La ricostruzione venne proseguita dall’allievo Aristide Marigo e trovò compimento in un’edizione del 1938 presso Le Monnier. L’Edizione Nazionale del De vulgari eloquentia avrebbe dovuto fare la sua comparsa partendo dall’opera del Marigo, opportunamente rivista da Pier Giorgio Ricci e da Francesco Mazzoni, ma i lavori rimasero allo stadio di bozza quando il contratto presso Mondadori scadde nel 1984.

Nel frattempo era venuta alla luce l’opera più attesa dell’intera Edizione Nazionale, con la pubblicazione tra il 1966 e il 1967 dei quattro volumi con i quali Giorgio Petrocchi fornì La Commedia secondo l’antica vulgata, con le tre cantiche precedute da un’introduzione motivante le scelte filologiche adottate dal curatore in un’impresa tanto vasta e complicata. Partendo dal celebre monito recentiores non deteriores, Petrocchi optò per un’edizione del capolavoro di Dante costruita sui testimoni dei tre decenni intercorsi tra la morte del poeta e il lavoro sul testo di Giovanni Boccaccio, egli stesso editore della Commedia, in una stagione di forte interesse per l’opera, ma nella quale la tradizione prese inesorabilmente a contaminarsi. Per allargare il raggio d’azione e dare conto dei manoscritti recenziori della Commedia con le debite varianti, il curatore annunciava un ulteriore spoglio, questa volta dei testimoni successivi, ma il lavoro non venne condotto a termine. Seguì la pubblicazione delle opere Il Fiore e il Detto d’Amore, presentate sin dal frontespizio come attribuibili a Dante Alighieri, edite per diretta mano di Gianfranco Contini nel 1984, giusto in tempo per la sopraggiunta scadenza del contratto con Mondadori, prima del passaggio del successivo piano per l’Edizione Nazionale a Le Lettere. Nel 1994 l’editore fiorentino propose una stampa riveduta della Commedia del Petrocchi, affiancata l’anno seguente dall’uscita del Convivio, curato da Franca Brambilla Ageno in un’edizione critica poderosa, composta di un volume introduttivo diviso in due tomi e del volume con la proposta del testo dantesco, frutto di una ricerca trentennale di cui la studiosa aveva offerto anticipazioni e aggiornamenti in corso d’opera.

L’Edizione Nazionale di Dante è proseguita nel 2002 con la stampa delle Rime, filologicamente accertate da Domenico De Robertis in un lavoro monumentale, concretizzatosi in tre volumi suddivisi in cinque tomi, dove il curatore ha dato accuratamente conto del materiale documentario raccolto sin dagli anni Cinquanta, classificando gli oltre 150 testimoni su cui appoggia quest’opera, che nel terzo volume offre i testi danteschi e quelli a Dante attribuibili, aggiungendovi quelli dei suoi corrispondenti e una breve serie di componimenti di attribuzione incerta. Lavori recenti sono, inoltre, le nuove edizioni cui sono stati sottoposti la Monarchia, nel 2009, e il Fiore e il Detto d’amore, nel 2011. Per quanto riguarda il celebre trattato politico di Dante la nuova curatrice, Prue Shaw, è ripartita dal lavoro di Ricci per l’edizione del 1965, aggiungendo lo spoglio di due nuovi manoscritti della Monarchia rinvenuti nell’ultimo cinquantennio e apportando significative modifiche allo stemma codicum dell’opera. Si tratta di un testo, peraltro, non più disponibile in commercio nell’edizione Mondadori da molto tempo, così come per il Fiore e il Detto d’amore editi negli anni Ottanta da Gianfranco Contini. In questo caso, la nuova veste ai poemetti è stata approntata da Paola Allegretti, che ha aggiunto apparati, indici e una piccola enciclopedia.


È fresca di annuncio la pubblicazione in tre volumi di una nuova Edizione Nazionale della Commedia, sempre presso Le Lettere e a cura di Giorgio Inglese, basata sui progressi di oltre un cinquantennio di esegesi e cultura dantesca intercorso tra la prima edizione del Petrocchi e i giorni nostri, con una ridefinita classificazione dei testimoni che tiene conto delle più recenti e cospicue acquisizioni. L’auspicio è quello che il corpus delle opere dantesche pubblicate dall’Edizione Nazionale e dalla Società Dantesca Italiana prosegua assicurando l’approdo nelle biblioteche di quei testi che ancora mancano all’appello di questo smisurato progetto, come le Epistole, le Egloghe, la Questio de aqua et terra, oltre al caso tuttora irrisolto di un’effettiva rielaborazione sul testo del De vulgari eloquentia. Si tratterebbe di aggiungere nuovi, importantissimi contributi in una stagione di consistente fermento cartaceo attorno alla figura dell’Alighieri. In questo senso è opportuno ricordare il lavoro congiunto di filologia e critica per la definizione in tre volumi delle Opere dantesche presso i Meridiani Mondadori, uno sforzo in cantiere dal 2011 e destinato ad accompagnare la ben nota Commedia a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, punto di riferimento per appassionati e studiosi sin dagli anni Novanta. Si aggiungano, inoltre, le iniziative meritorie della Salerno Editrice, attraverso la pubblicazione della Nuova Edizione Commentata delle Opere di Dante, voluta dal Centro Pio Rajna di Roma, e il Censimento e l’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi, con i quali il filtro di Dante ci conduce alla conoscenza delle interpretazioni e del pensiero dei tanti chiosatori che si sono affastellati nel corso dei secoli a venire e già nei decenni successivi a quel settembre di settecento anni fa, quando Dante morì poco dopo aver terminato il suo più mirabile prodigio. Un nome tra gli altri, quello di Alberico da Rosciate, rimanda a Bergamo e, ancora più precisamente, alla nostra Biblioteca Civica, tra le pagine del Codice Grumelli, dove troviamo il primo commento integrale e in volgare alla Commedia, quello di Iacomo della Lana, per come venne rielaborato in latino dal giurista bergamasco, in una redazione su cui l’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi potrà garantire nuovi punti fermi.

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Dante con l’espositione di Bernardino Daniello

Dante con l’espositione di m. Bernardino Daniello da Lucca, pubblicato a Venezia nel 1568, contiene l’ultimo commento integrale e continuo alla Commedia del Cinquecento, a conclusione di una tradizione esegetica ininterrotta lungo i due secoli precedenti.

Daniello (nato ai primi del sec. XVI, morto a Padova nel 1565), letterato, traduttore di Virgilio e commentatore di Dante e Petrarca, redige un ampio commento alla Commedia, pubblicato postumo a Venezia, a tre anni dalla sua morte, dallo stampatore di origini bergamasche Pietro da Fino, che dedica il libro al suo congiunto, Giovanni da Fino da Bergamo. Questa unica edizione del commento di Daniello, non premiata dalla fortuna dei lettori, non ha avuto ristampe; è tuttavia interessante per comprendere quanto fosse rimasto, e come, delle interpretazioni precedenti, all’alba di un nuovo periodo – il Seicento – in cui gli interessi danteschi avrebbero subito una drastica flessione negli studi.

Dopo la dedica e la biografia dantesca, il volume si apre con un’«Introduzzione universale nella Comedia di Dante, e della misura, sito, forma e distinzione dell’Inferno». Il commento a ogni canto è preceduto da una breve nota introduttiva che sintetizza il contenuto con frequenti rimandi ad altri passi e ad altre opere di Dante (Rime, De vulgari eloquentia, Convivio) e numerose citazioni da altri autori, in particolare da Petrarca.

La versione della Commedia cui si affiancano le chiose di Daniello, secondo i recentissimi studi condotti da Calogero Giorgio Priolo per l’Edizione nazionale dei Commenti Danteschi, «è diversa da quella (o quelle) che lesse per compilarle». Lo studioso ha esaminato più di trenta fra incunaboli e cinquecentine, al fine di risalire alle fonti di Daniello e di ricostruirne le modalità di impiego, per verificare «le discrepanze rilevate fra la forma del poema fissata dall’editore e quella desumibile dalle chiose».

L’opera di Daniello, fortemente svalutata dalla critica otto-novecentesca, è importante non solo a livello contenutistico ma per la sua particolare storia e per l’eleganza editoriale. Il volume presenta la marca tipografica al frontespizio e in formato più grande all’ultima pagina. Le tre cantiche sono precedute da tre xilografie a tutta pagina che raffigurano lo spaccato dei tre regni oltremondani e da capilettera figurati xilografici. La mise en page è particolarmente bilanciata tra il testo poetico, in carattere corsivo italiano, e il commento che lo circonda in carattere romano ed in corpo minore.

La Biblioteca Angelo Mai possiede due esemplari dell’opera. Uno di essi, proveniente dalla Biblioteca Storica Ponti, come testimoniato dall’ex-libris di Antonia Suardi Ponti posto all’interno del piatto anteriore, ha una splendida legatura che è stata identificata da Federico Macchi come eseguita a Venezia dal “Leermauresken-Meister” nel terzo quarto del secolo XVI. In marocchino rosso, con piccole spellature marginali, è decorata a secco ed in oro e presenta filetti concentrici a secco e una cornice dorata a due coppie di filetti. Lo specchio, provvisto di cerchielli vuoti, ha volute fogliate, foglie trilobate e rosette vuote, sprazzi a sfondo di seminato di cerchielli pieni ed ha, al centro, un cartiglio. Sono evidenti le tracce di quattro bindelle in tessuto rosso e giallo sul piatto anteriore, inversamente su quello posteriore. Il taglio del volume è dorato e cesellato con motivi a nodi di genere moresco. Si tratta di caratteristiche che Ilse Schunke ha identificato in un legatore veneziano del Cinquecento, battezzato “Leermauresken-Meister” – poi denominato “Arabesque Outline Tool Binder” da Anthony Hobson – i cui prodotti sono riconoscibili per l’uso di specifici ferri di gusto orientaleggiante.

A questo Maestro sono attribuite un gruppo di legature di Commissioni dogali e di alcuni manoscritti, oltre che legature su volumi a stampa di argomento religioso editi a Venezia, eseguite verso il 1560 e caratterizzate da una limitata variabilità dell’impianto ornamentale, dall’alternanza dei piatti ornati in oro, mentre il dorso è decorato a secco con motivi di tipo moresco cesellati sul taglio.

Dante con l’espositione di m. Bernardino Daniello da Lucca, sopra la sua Comedia dell’Inferno, del Purgatorio, & del Paradiso; nuouamente stampato & posto in luce. – In Venetia : appresso Pietro da Fino, 1568 ([Venezia : Pietro da Fino]). – [12], 727, [1] p. : ill. ; 4º. ((Riferimenti: EDIT16 CNCE1172. – Corsivo, romano; segnatura: ⁶ A-4Y⁴; ill. calcografiche con la raffigurazione di Inferno, Purgatorio e Paradiso a c. 6v, 2F3v, 3P1v; iniziali xilografiche. Segnatura: CINQ.4.175.

Sfoglia la riproduzione digitale dell’esemplare conservato alla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco.

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Bando Fondo per la cultura 2021

La Biblioteca Angelo Mai partecipa al bando Fondo per la cultura, Avviso pubblico finalizzato a sostenere investimenti e altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, istituito dall’articolo 184 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Il progetto presentato, dal titolo Bergamo: storiainComune. Progetto di digitalizzazione della documentazione storica e fondativa del Comune di Bergamo, dall’VIII al XX secolo, propone la digitalizzazione di diplomi imperiali, statuti della Città, Atti del Consiglio comunale (dall’età veneta al primo Novecento) conservati nell’Archivio storico comunale custodito dalla Biblioteca; nonché della maggior parte delle Pergamene (oltre 17.000) che compongono l’omonima Raccolta. La successiva pubblicazione su piattaforma on line consentirà la libera consultazione dei materiali a tutti i ricercatori o ai semplici curiosi che fossero interessati alla conoscenza della storia della città di Bergamo.

Gli esiti del bando sono attesi per gli inizi del mese di dicembre.