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Il Codice ‘Grumelli’

E’ il 21 di marzo del 1402 quando i copisti Pietro de Nibiallo da Como e Pietro de Berardi iniziano, su fogli di pergamena di riuso (palinsesti), la stesura manoscritta della Commedia di Dante con il commento in latino di Alberico da Rosciate che oggi, a 619 anni di distanza, offriamo ai lettori. Il Commento è contenuto nel celebre Codice Grumelli, conservato dalla Biblioteca Mai alla segnatura Cassaforte 6.1.

Custodito in una cassetta di legno di noce, il codice si presenta esternamente confezionato in una legatura bergamasca coeva, ma di riuso, in assicelle coperte in marocchino marrone decorato a secco con quattro cantonali a bottone, impreziositi da volute fogliate e rosette, e con al centro dei piatti un umbone circolare provvisto di una dicitura in caratteri gotici. Anche il decoro a tabula ansata, il nodo moresco e le contrograffe in uso nelle legature bergamasche suggeriscono una realizzazione orobica della coperta nonostante le differenti provenienze geografiche degli elementi metallici.

Il codice è formato da 408 carte, di mm 314 x 207, e contiene il testo commentato della Commedia (alle carte 2r-396v) in scrittura gotica per i testi e corsiva per il commento con semplici iniziali in rosso ed una sola iniziale filigranata in rosso, giallo, blu e bruno. Lo scritto, composto a piena pagina per il testo e per il commento della prima cantica, è disposto in colonna per il testo e in riga intera per le altre due cantiche.

La redazione è avvenuta tra il 21 marzo e il 7 settembre del 1402 per mano di Pietro de Nibiallo da Como e di Pietro de Berardi che lasciano la propria ‘firma’ in diversi punti del codice: in particolare si segnalano la firma e data alla c. 397r dove «Petrus 1402» è inscritta in un cerchio, e la chiusa a c. 397v «Liber iste inceptus fuit scribere de anno 1402 in mense marcii die 21 huius mensis et finitus fuit eodem anno de mense septembris die 7 mensis ipsius, qui et scriptus quid per me P(etrus de Berardis), cuius est liber, et quid per Petrum de Nibiallo Cumanum».

I fogli dal 397 a 400 contengono: Credo di Iacopo della Lana; Epitaphium Dantis di Menchinus de Mezano; Sonetti dei sette peccati, di Fazio degli Uberti; O comedia del doctor sovrano, sonetto anonimo; un Capitolo di Iacopo Alighieri ed uno di Bosone da Gubbio; Tal par che cum passi lenti vada chi va ben tosto, componimento anonimo.

Sono presenti numerosi e semplici disegni a penna, raffigurazioni astronomiche, una tavola da gioco, elementi geometrici, tra i quali spicca un interessante Minotauro al centro di un labirinto. Coloriti a tempera invece uno stemma della famiglia della Scala e alcune aquile in nero su fondo aureo.

Il codice, a lungo conservato presso i conti Pedrocca Grumelli, è stato donato alla Biblioteca Civica nel 1872, con il divieto assoluto di alienarlo come si legge in una nota a c. 1v: «La sottoscritta, interpretando le intenzioni del benemerito di lei marito, conte Fermo Pedrocca Grumelli, fa oggi consegna del presente codice alla Biblioteca della città di Bergamo, con la proprietà del comune di Bergamo, e con la proibizione allo stesso di alienarlo o di altrove disportarlo. Bergamo, 24 maggio 1872. Contessa Degnamerita Albani vedova Pedrocca Grumelli».

Il manoscritto è stato recentemente digitalizzato nell’ambito del progetto Illuminated Dante Project (IDP) nato in seno al gruppo di ricerca di Filologia Italiana dell’Università di Napoli ‘Federico II’ e che si propone, in prospettiva delle attuali celebrazioni, di allestire un archivio online e un database codicologico e iconografico di tutti gli antichi manoscritti della Commedia di Dante provvisti di immagini che intrattengano relazioni col testo del poema. Presto sarà pertanto consultabile sul sito dell’IDP.

Il codice Grumelli è il testimone fondamentale per la seconda redazione del Commento a Dante di Alberico da Rosciate e l’unico per Inferno e Purgatorio.
Nato a Rosciate (Bergamo) attorno al 1290 da famiglia di giudici e notai, Alberico compì gli studi giuridici a Padova. A Bergamo, dal secondo decennio del ‘300, oltre che alla professione forense dedicò il suo tempo alla vita pubblica cittadina e agli studi. Fu rappresentante della sua città nell’atto di dedizione di essa a Giovanni di Boemia e riformatore degli statuti bergamaschi in senso favorevole alla signoria viscontea per la quale svolse diverse ambascerie. Compì pellegrinaggio a Roma con la famiglia nell’anno giubilare 1350, morì a Bergamo il 14 settembre del 1360. Famoso giurista, il suo Commento alla Commedia, oggetto continuo di studio da parte dei filologi, riflette in molte parti la sua profonda cultura documentata dall’elenco dei libri che possedeva offerto nel testamento del 1345.

Il progetto originario del suo lavoro letterario è esplicitato dallo stesso Alberico in una nota posta in calce al suo commento: «Hunc comentum totius comedie composuit quidam dominus Iacobus de la lana Bonominesis, licentiatus in artibus et theologia, qui fuit filius fratyris Filippi de la Lana, ordinis Gaudentium, et fecit in sermone vulgari Tusco. Et quia tale ydioma non est omnibus noum, ideo ad utilitatem volentium studere in ipsa comedia transtuli de vulgari Tusco in grammaticali scientia litteratorum ego Albericus de Roxiate».

In un’età dominata dai volgarizzamenti, Alberico da Rosciate compie dunque un’operazione culturalmente considerevole che ha per l’area italiana importnti precedenti, tutti volti alla traduzione latina, per facilitare la lettura e la comprensione di testi volgari. Gli studiosi hanno individuato due redazioni del suo lavoro: in una prima fase egli si limitò a tradurre in latino le parole del Commento di Iacopo della Lana sia letteralmente, sia attraverso sintesi; successivamente Alberico operò sul proprio testo apportando migliorie lessicali e sintattiche e arricchendolo di nuovi particolari originali, non presenti nel commento di Iacopo della Lana, che gli derivavano dalle sue letture per giungere, nella seconda redazione, a corredare l’Inferno e il Paradiso di una spiegazione decisamente letterale.

La composizione del Commento copre un arco temporale che va dal 1336 al 1342:
• Per l’Inferno il termine post quem del 1336 è certo. Nel prologo a Inf. XII, dedicato alle sette ereticali, si accenna al decretale Benedictus deus, emanato da papa Benedetto XII appena eletto, appunto nel 1336, per placare le polemiche a proposito della visione beatifica. Il termine ante quem può essere considerato il 1350, anno nel quale Alberico si reca a Roma per il Giubileo.
• Per il Paradiso, la chiosa a Par. XIX 127-129 cita il sovrano angioino Roberto come quondam e ciò spingerebbe la data del testo di Alberico successivamente al 1343, anno della morte di Roberto d’Angiò.

Le fonti del giurista bergamasco si ritrovano principalmente nei testi di diritto canonico e giuridico mentre grandi assenti sono i classici che si limitano a qualche citazione dalle Epistole di Seneca, a qualche esametro virgiliano e a briciole ovidiane. Ampia la conoscenza della Bibbia e del patrimonio della letteratura latina medioevale di opere quali la Historia destructionis Troie di Guido delle Colonne (opera composta tra il 1272 e il 287), la Vita Scholastica di Bonvesin de la Riva (morto nel 1313) e qualche testo storico, come la Cronica Marchie Trivixiane di Rolandino da Padova, elaborato tra il 1260 e il 1262. Certamente noto ad Alberico l’Inventarium universi orbis Bartholomei de Osa, opera enciclopedica perduta di Bartolomeo de Osa, morto nel 1340, segretario del Cardinale Guglielmo Longhi attivo a Bergamo e Avignone. L’opera di Bartolomeo in sedici libri venne composta negli ultimi anni di sua vita ed era una cronaca dalle origini del mondo ai suoi tempi.

Il Commento di Alberico non solo documenta la fortuna trecentesca della Commedia, iniziata come noto all’indomani della morte di Dante grazie alle trascrizioni commentate, ma è celebre anche perché cerca di offrire una spiegazione letterale a tutti o quasi i versi del capolavoro.

Del Commento di Alberico da Rosciate si conserva un altro codice, anch’esso di fattura bergamasca, alla Biblioteca Laurenziana di Firenze (Codice Laurenziano Plut. 26, sin 2).

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Restrizioni dei servizi in ‘zona rossa’

A partire dal lunedì 15 marzo, con l’ingresso della Regione Lombardia in ‘zona rossa’, la Biblioteca modifica orari ed erogazione dei servizi offerti alla cittadinanza.

ll prestito su prenotazione con ritiro in sede sarà attivo dal lunedì al venerdì, dalle 8.45 alle 17.30. Sarà garantito il prestito a domicilio per gli iscritti residenti nel Comune di Bergamo che abbiano compiuto i 70 anni di età o che si trovino in condizioni di fragilità.

Restano attivi anche i servizi di consulenza da remoto e di riproduzione digitale. E’ invece sospesa la consultazione in sede.

A partire dal 20 marzo, la Biblioteca sarà chiusa il sabato.

Leggi le informazioni dettagliate e le modalità operative alla pagina dedicata.

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La Divina Commedia illustrata da Galizzi

Nel 1943 l’Istituto geografico De Agostini dà alle stampe la Divina Commedia su testo critico della Società dantesca italiana. Espressa volontà dell’editore è che i versi danteschi possano salire «con l’impeto delle grandiosi sinfonie» e che la voce di Dante si faccia «intendere sola»: da ciò la scelta di commentare la Divina Commedia dando concretezza visibile al mondo dantesco attraverso l’uso della illustrazione che «mira alla sintesi dell’alto racconto e più ne fa intendere la bellezza», e non ricorrendo a note e commenti «sulle parole sui versi delle terzine», che costituirebbero «fastidiosi bisbiglii».

Le illustrazioni devono mantenere precise caratteristiche: escluse le interpretazioni personali che hanno «consumato la deformazione romantica dell’invenzione dantesca», o che hanno «ecceduto in rappresentazioni anatomiche le quali farebbero credere che (…) il mondo dantesco non accolga che una popolazione di ignudi», le «immagini vestite di sola bellezza» o legate a un verismo che «esclude i giovani dai casti incontri con l’Alighieri».

La scelta cade sul pittore e illustratore bergamasco Giovanni Battista Galizzi (Bergamo, 1882 –1963). Figlio di Luigi e Selene Scuri, entrambi pittori, Giovanni Battista si formò alla scuola dell’Accademia Carrara sotto il magistero di Cesare Tallone e successivamente di Ponziano Loverini e si perfezionò a Roma grazie all’Arciconfraternita dei Bergamaschiin Roma.
Artista fecondo, accostò alla produzione pittorica, con importanti commissioni religiose e civili, l’attività di illustratore per prodotti editoriali di pregio italiani e stranieri e quella di caricaturista e disegnatore satirico. In questa veste Galizzi partecipò a diverse esposizioni lombarde e nel 1912 presentò al Circolo artistico di Bergamo, con scanzonata ironia, i grandi pannelli con l’ illustrazione umoristica dell’Inferno di Dante che pubblicò in un quasi introvabile volume edito nello stesso anno dall’Istituto Italiano d’Arti Grafiche.

Per l’edizione De Agostini, di grande formato, nella quale ogni canto è disposto su due colonne con inizio a pagina destra e termine nella successiva pagina sinistra, Galizzi realizzò le 105 tavole a colori a piena pagina, ciascuna delle quali riporta nel margine inferiore i versi ai quali si riferisce. Il legame tra testo e immagine è enfatizzato da un curioso strumento: al volume è allegato il «Regolo per la numerazione dei versi de LA DIVINA COMMEDIA illustrata da G.B. Galizzi».

Le tavole di Galizzi, degne di un abile maestro della grande illustrazione, alternano immagini capaci di «compiacere l’occhio comune e il gusto popolare più tradizionale» a composizioni «più fantasiose e audaci» in particolare per l’Inferno dove un’espressività più dirompente ricorda le esperienze di deformazione caricaturale ed espressionista delle realizzazioni giovanili. Umberto Ronchi, in un lungo articolo di presentazione comparso su La voce di Bergamo nel gennaio del 1943, sintetizza il valore dell’opera di Galizzi «nell’aver voluto e saputo mantenere l’unità interpretativa pittorica del pensiero cristiano del Poema: e in ciò è soprattutto l’originalità assoluta e senza riscontri di questa sua opera artistica».

L’edizione della Divina Commedia illustrata dal pittore bergamasco ebbe un grande successo ed è ancora oggi facilmente reperibile sul mercato antiquario, purtroppo quasi sempre priva del volume di commento a cura di Luigi Pietrobono.

La Biblioteca Angelo Mai conserva una edizione completa di quest’opera: Dante Alighieri, La Divina commedia, nel testo critico della Società dantesca italiana, con 105 tavole a colori di G. B. Galizzi, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1943 (G.5.775); Luigi Pietrobono, Commento a la Divina Commedia illustrata da G. B. Galizzi, Milano, Edizioni Labor, 1943 (G.5.776).

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La Divina Commedia tradotta in bergamasco

Il fascino della Commedia dantesca ha sedotto molti letterati e poeti dialettali soprattutto a partire dall’Ottocento. Essi ci hanno dato trascrizioni integrali o parziali del poema a volte con intento parodistico.
La recentissima tesi di laurea magistrale di Michele Poli, La Commedia di Dante in dialetto bergamasco, discussa all’ Università degli Studi di Bergamo, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Corso di laurea magistrale in culture moderne e comparate, nell’anno accademico 2019-2020, relatore Chiar.mo Prof. Massimo Zaggia, affronta la questione delle trascrizioni in bergamasco del poema dantesco.

Va subito detto che, per quanto è stato possibile accertare, non esistono trascrizioni integrali della Commedia in dialetto bergamasco.

La prima traduzione in bergamasco di cui si abbia notizia, riguardante i primi due canti dell’Inferno, realizzata nel 1864 da Raimondo Manzoni con il titolo Ol Dante a Tor de Büs, è purtroppo perduta. Solo qualche verso sopravvive in una trascrizione successiva a cura di Bortolo Belotti, uomo politico, storico e letterato, celebre soprattutto per La storia di Bergamo e dei Bergamaschi, pubblicata per la prima volta nel 1940 e riproposta con diversi ampliamenti nelle successive edizioni del 1959 e del 1989.
Un’altra traduzione in bergamasco dei primi canti dell’Inferno, con intenti parodistici e di assai incerta attribuzione, compare in un opuscolo a stampa del 1895 edito da Fagnani e Galeazzi.

Nel 1932 Bortolo Belotti, diede alle stampe, per la Società editrice S. Alessandro di Bergamo, i Saggi di traduzione della divina Commedia in dialetto Bergamasco con la proposta di alcuni canti del sommo poeta. In Biblioteca Mai se ne conservano alcuni esemplari: fra di essi, uno appartiene al fondo librario di Rosetta Locatelli (segnatura LOCAR 3.111) con dedica dell’autore all’aviatore Antonio Locatelli; un altro al fondo di Luigi Angelini (ANG 3.387), anch’esso con dedica di Belotti all’ingegnere.

Questa traduzione è preceduta da Considerazioni introduttive sul tradurre Dante in dialetto nelle quali Bortolo Belotti dichiara di voler rifuggire dagli intenti parodistici o, comunque, da traduzioni troppo libere e di optare piuttosto per una fedeltà all’originale con l’inserimento di «moderati ma diretti accenni a cose e a fatti della vita vernacola», senza che ciò porti a trasformare Dante in un personaggio vernacolare o addirittura in una maschera.

Questo approccio porta Belotti a concludere sull’impossibilità di una traduzione integrale in bergamasco del poema dantesco, in particolare per i passaggi che esprimono concetti filosofici elevati, presenti soprattutto nel Paradiso, per i quali il lessico dialettale si rivelerebbe insufficiente a rendere pienamente il significato originale. Viceversa, il dialetto risulta calzante laddove prevalgano i sentimenti terreni come «nell’episodio del conte Ugolino e dell’arcivescovo Ruggeri [nel quale] c’è veramente tanta umanità, tanto amore, tanto odio, tanto patimento, tanta disperazione, da non sembrare strano che ve ne sia anche per un dialetto».

Le Considerazioni restituiscono solo alcuni dei canti tradotti da Bortolo Belotti. Cinque quelli dall’Inferno: il primo (La selva oscura), il terzo (La porta infernale: Caronte), il quinto (Francesca da Rimini), il ventunesimo (Il canto dei diavoli), il trentatreesimo (Il canto del conte Ugolino). Chiude la serie il canto XXXIII del Paradiso che contiene la preghiera di San Bernardo.

La traduzione dei canti, nella quale è sempre rispettata la sequenza di terzine di endecasillabi, è presentata con la versione originale a fronte, aspetto questo che rende più diretto e serrato il confronto.

Ecco come Bortolo Belotti presenta la traduzione dell’inizio del canto III dell’Inferno:

«Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore,
fecemi la divina protestate,
la somma sapienza e il primo amore.

Dinanzi a me non fur cose create,
se non eterne; ed io eterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi che entrate».
«De ché ‘s va ‘n del país di despiràcc,
de ché ‘s va eternament in del dulùr,
de ché ‘s va in mès al pòpol di danàcc.

Me m’à fàcc la giöstésia del Signùr,
che töt la pöl quando la öl vergót,
col so pós de sapiensa e col so amùr.

Al mond, prima de me, gh’era negót
Che no ‘l fös in eterno, e chi vé ché,
s’i gh’à speranse, i laghe zo ‘l fagòt».

Sfoglia in rete l’intera pubblicazione di Bortolo Belotti.

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Bergomum 2019

E’ in distribuzione il numero CXIII, annata 2019, di Bergomum. Bollettino della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, destinato in gran parte ad ospitare i contributi presentati in occasione della giornata di studio Lotto, Venezia, Cinquecento, svoltasi in Biblioteca il 7 dicembre 2018 e dedicata alla studiosa Francesca Cortesi Bosco, recentemente scomparsa.

L’occasione ha consentito di riprendere e approfondire argomenti frutto delle ricerche sviluppate nel corso di un’intera vita dalla studiosa, assidua e affezionata frequentatrice della nostra Biblioteca e autrice di interventi su Bergomum fin dal 1976. Sette i saggi presentati, a firma di altrettanti studiosi. Potete consultare qui l’indice in anteprima.

La seconda parte del volume è riservata alla sezione ‘Vita della biblioteca’ che include, tra le altre informazioni, un’interessante relazione di Chiara Perugini sul restauro del codice in pergamena, miniato, del 1453 contenente lo Statuto della città di Bergamo. Sfoglialo in linea sul sito della BDL.

Un indice analitico dei nomi di persona, degli enti e dei luoghi completa il volume. Indici e spogli di tutte le annate sono pubblicati sul sito della Biblioteca.

Per informazioni, info@bibliotecamai.org.

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Biblioteca aperta, anche in zona arancione

La Biblioteca resta regolarmente aperta anche in zona arancione, come indicato dai Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 gennaio 2021 che, all’articolo 3, comma 4, lettera m), prevede la sospensione «dei servizi al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura […] ad eccezione delle biblioteche dove i relativi servizi sono offerti su prenotazione […]».

La Mai offre infatti su prenotazione i servizi di prestito e di consultazione in sede, oltre a garantire la consulenza da remoto e la realizzazione delle riproduzioni su richiesta.
Vedi tutte le informazioni e le modalità operative alla pagina dedicata.

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La Divina Commedia dell’IBM Italia, 1965

Nel 1965 la stampa nazionale italiana dà ampio risalto all’inaugurazione – avvenuta il 13 novembre alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat – del Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico – CNUCE presso l’Università di Pisa, che mette a disposizione di studiosi e ricercatori italiani «uno dei più potenti calcolatori esistenti nel mondo», l’IBM 7090 donato dalla società omonima.

Il cerimoniale di stato prevede che il Presidente della Repubblica, entrato nella sala del calcolatore, spinga «un tasto del tavolo di comando, che metta in moto il 7090», passi «dinanzi ai contenitori dei nastri magnetici, delle unità di elaborazione», quindi prema «un tasto che metterà in funzione la stampatrice stessa, nella quale apparirà qualcuna delle elaborazioni della Divina Commedia. A fianco delle stampatrici, sopra un alto leggio, sarà collocata una copia del volume prodotto dal 7090».

Certa che l’applicazione dei calcolatori si inserisse «nei più svariati settori dell’attività umana», la Direzione IBM Italia aveva deciso che il primo lavoro prodotto dal CNUCE celebrasse il VII centenario della nascita di Dante e per tale motivo, nella primavera 1965, si era rivolta a Carlo Tagliavini, docente di Glottologia all’Università di Padova, proponendo di applicare l’informatica agli studi filologici sulla Divina Commedia con nuovi calcolatori IBM 1401 e 7090.

Per costruire la mappa delle concordanze (cioè il repertorio alfabetico delle parole con l’indicazione e, in genere, anche la citazione di tutti i luoghi in cui esse ricorrono) fu scelto come testo di riferimento Le opere di Dante. Testo critico della Società dantesca Italiana a cura di Giuseppe Vitelli, Firenze 1960, che avrebbe permesso di superare l’edizione del 1888 delle Concordance of the Divina Commedia di Edward Allen Fay.

Per la elaborazione si riportò su schede perforate l’intero testo della Divina Commedia, trascrivendo ogni singolo verso su una scheda e ottenendo così un totale di 14.233 schede (numero dei versi del poema) su ognuna delle quali fu anche perforato il numero di riferimento del verso; questo lavoro impiegò «2 perforatrici per una settimana» e il sistema IBM 7090-1041 per elaborare i dati «non ha impiegato più di 9 ore!». L’elaborazione si svolse in più fasi successive, per le quali fu necessario eseguire un totale di 19 programmi.

Fu scelto di presentare il testo così come uscito dalla macchina, che per i calcolatori IBM tipo 1401 prevedeva solo lettere maiuscole; per poter impaginare l’opera, i tabulati usciti dal calcolatore furono fotografati e ridotti al 47% delle dimensioni originali (59% per il testo delle Cantiche).

Significativa e singolare la scelta di presentare le riproduzioni dei tabulati con una rilegatura di pregio in pelle con impressioni a secco sul piatto anteriore e impressioni in oro sul dorso con autore e titolo, ad ‘ornamento’ degli scaffali delle biblioteche fisiche cui l’opera era destinata.

Il volume è diviso in due parti: la prima (pp. 1-205) è data dal testo della Divina Commedia che inizia, contro ogni norma e consuetudine tipografica, in pagina pari: questa scelta ha lo scopo di presentare sempre un intero canto in due pagine a fronte.

La seconda parte è data dalle Concordanze (pp. 207-725), cui seguono Lessico alfabetico, Indice delle frequenze in ordine decrescente, Lessico latino e Lessico provenzale, Indice dei nomi propri, Rimario, Indice dei capoversi, Lessico inverso, Indice degli omografi.

Marco Pecoraro, in un articolo pubblicato in Lettere italiane nel 1966, recensisce i due grandi lavori pubblicati nel 1965 sulle Concordanze, quello italiano a cura di Tagliavini e quello della Società Dantesca americana pubblicato dalla Harvard University Press, riconoscendo all’edizione italiana «un carattere prettamente scientifico» che «gioverà senza dubbio agli specialisti che in essa troveranno un ricco materiale – privo per di più di gravi incoerenze o inesattezze – che potrà essere utilizzato, con proficui effetti, per qualsiasi ricerca di carattere linguistico e filologico».

La Biblioteca Mai conserva una copia di quei volumi prodotti dal 7090, che fortunatamente per noi oggi possono ancora essere letti perché ‘fissati sulla carta’ (segnatura: G 4 957).

Il volume proviene dalla biblioteca della Scuola superiore di giornalismo e mezzi audiovisivi, scuola biennale di specializzazione post-laurea, fondata nel 1961 su iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con il concorso del Comune di Bergamo, sotto la direzione del prof. Mario Apollonio; la scuola ha avuto sede nel Palazzo Suardi in piazza Vecchia a Bergamo sino al 1967, quando venne trasferita a Milano, dove ancora oggi è in funzione con il nome di Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Della Scuola superiore di giornalismo e mezzi audiovisivi la Biblioteca Angelo Mai conserva anche circa 50 testate di quotidiani nazionali ed esteri con consistenza dagli anni ‘60 agli anni ‘80 del Novecento, oggi depositate in un magazzino esterno e aggregate al patrimonio della Biblioteca alla chiusura della Scuola superiore di Giornalismo e mezzi audiovisivi.

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La Divina Commedia… con brevi e chiare note, 1826

Tra le edizioni italiane della Commedia pubblicate nel primo Ottocento e conservate in Biblioteca, spicca l’edizione in tre tomi stampata a Bologna nel 1826 dai tipografi arcivescovili Luigi Gamberini e Gaspare Parmeggiani che, a detta di alcuni bibliografi, riprodurrebbe, con frontespizio aggiornato, l’edizione, sempre bolognese ma più datata, del 1819-1821. Acquisiti dalla Biblioteca nel 1865 con il legato testamentario dei F.lli Carlo e Giuseppe Bravi, i tre volumi sono conservati alla segnatura storica del Salone (P.9.2), rilegati in unico tomo.

L’edizione si apre con una Vita di Dante scritta da Paolo Costa, letterato, poeta e filosofo ravennate (1771-1836). A quanto si legge nell’Enciclopedia Dantesca, questa biografia, apprezzata dall’accademico della Crusca Fruttuoso Becchi con le parole: «Va ella innanzi a tutte [le precedenti biografie] così per l’energia dello stile come per la profondità dei pensieri», ebbe un’ottima fortuna editoriale e fu riproposta per anni in edizioni successive. Costa è inoltre autore delle «brevi e chiare note» che accompagnano le terzine dantesche e delle appendici che corredano ogni cantica.

Se l’aspetto fisico dei libri può illuminarci riguardo al valore, al prestigio, alla grandezza di un autore – come ha insegnato lo storico Lucien Febvre – questa edizione bolognese è degna testimone del padre della letteratura italiana e del suo capolavoro. Infatti, la preziosità bibliografica di questa stampa della Commedia si deve proprio alla sua particolare bellezza formale, ottenuta grazie a scelte tipografiche eleganti e raffinate. Le pagine, in formato importante (in-4° grande, di 33 cm) e in carta velina bianchissima, accolgono l’opera di Dante in una mise en page di rara nitidezza: al margine destro figurano le brevi note redatte da Paolo Costa; al margine sinistro sono indicati i nomi dei luoghi e la condizione delle genti; a precedere ogni canto, sono apposti una tavola in rame che illustra un contenuto specifico o un personaggio del canto stesso e l’argomento composto in terza rima da Gaspare Gozzi, con funzione riassuntiva. Infine, i gruppi testuali di ciascuna pagina sono stampati in caratteri differenti per tipo e grandezza, in ragione della loro funzione, e tale accorgimento rende tanto più dinamica la pagina e agevole la scelta del lettore.

Questa edizione bolognese è nota con l’appellativo di ‘Macchiavelliana’ poiché fu curata dall’abate Filippo Macchiavelli con lo scopo di far conoscere gli intagli su rame dello zio Giovanni Giacomo Macchiavelli (Bologna, 1766 – Roma, 1811). E’ infatti arricchita da 101 tavole già «inventate ed intagliate» dall’artista tra il 1806 e il 1807. Giuliano Mambelli, bibliografo e redattore degli Annali di bibliografia dantesca, scrive che in questa edizione i rami di Macchiavelli furono ritoccati per ordine della Curia, «onde toglierne la nudità» e registra come nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna ne esista un esemplare con tavole doppie, ossia con le incisioni originali e con i rami ritoccati.

Ugo Foscolo espresse apprezzamento per il corredo iconografico della ‘Macchiavelliana’. Nella sua edizione londinese della Commedia (Rolandi, 1843), precisamente nelle Notizie e pareri diversi intorno a forse duecento codici, e alla serie delle edizioni della Commedia di Dante, paragonando queste tavole a quelle dell’edizione di Firenze, stampata all’insegna dell’Ancora nel 1819 (pure in-folio e in carta velina), delle prime scrisse che «hanno più vita, e più maestria d’arte che non quei piazzosi che adornano l’edizione fiorentina».

Nell’illustrazione è raffigurato un passaggio del canto III del Paradiso: nel Cielo della Luna, dove risiedono le anime di coloro che, senza colpa, mancarono ai voti fatti, Dante incontra Piccarda Donati.

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Danthe alighieri fiorentino, 1497

Delle quindici edizioni della Commedia dantesca venute alla luce nel XV secolo a partire dal 1472, risulta di particolare interesse quella di grande formato (in folio) pubblicata a Venezia nel 1497 da Pietro Quarengi, della quale si conserva un esemplare presso la Biblioteca Donizetti (segnatura: Museo Donizettiano VI 3° 15): La Commedia, comm. Cristoforo Landino; Credo che Dante fece quando fu accusato per eretico all’inquisitore.

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L’edizione è corredata da novantasette illustrazioni in xilografia che si trovano solitamente all’inizio di ogni canto, ad eccezione delle tre presenti a piena pagina.

La xilografia, incisione su legno che lasciava in rilievo il disegno da inchiostrare e imprimere sulla pagina, costituì la tecnica prevalente di illustrazione del libro a stampa dalle origini alla seconda metà del Cinquecento.

A corredo del testo dantesco, l’edizione contiene il commento di Cristoforo Landino, reso evidente dalla carattertistica mise en page, ereditata dalla tradizione dei manoscritti basso medievali, che prevede il testo dell’autore principale al centro, circondato a gabbia dal ricco commento.

Cristoforo Landino fu un umanista fiorentino del Quattrocento che pubblicò per la prima volta il suo commento alla Commedia nel 1481. L’interpretazione letterale e allegorica sono qui affiancate e precedute da un lungo proemio ricco di informazioni sulla storia civile e culturale fiorentina nelle sue diverse manifestazioni. Il commento di Landino ebbe una grande fortuna fino a tutto il Cinquecento.

Personaggio degno di nota è anche l’artefice di questa edizione: Pietro di Giovanni de Quarengi (Petrus de Quarengiis) che iniziò la sua attività di stampatore a Venezia nel 1492 presentandosi con il nome di «Petrus Bergomensis»: era infatti originario di Palazzago, paese della provincia di Bergamo. L’Incunabula Short Title Catalogue riporta ben 61 sue edizioni con 479 esemplari segnalati nelle biblioteche di tutto il mondo. La sua attività continuò poi fino al 1517.

Un altro spetto che rende questo esemplare particolarmente prezioso è dato dalla legatura antica in assi di legno con rivestimento in cuoio a rinforzo del dorso e strisce trasversali in pelle decorata in oro. Le tracce dei fermagli per le bindelle con aggancio sul piatto posteriore ne attestano la produzione italiana.

L’incunabolo della Biblioteca Musicale ha un rilievo tutto particolare, in quanto appartenne a Gaetano Donizetti, il quale, come compositore, si interessò a Dante mettendo in musica, fra l’altro, il canto del Conte Ugolino (XXXIII dell’Inferno) e un’Ave Maria creduta per lungo tempo opera di Dante e pubblicata proprio nell’edizione in questione in aggiunta alla Commedia.

Il prezioso incunabolo fu regalato al grande musicista da un suo allievo, Adelson Piacezzi, un magistrato colto, amante dei libri, patriota, la cui famiglia era originaria di Piazza Brembana. La donazione avvenne nel 1844, come attesta la lettera di ringraziamento che lo stesso Donizetti inviò a Piacezzi da Vienna il 9 gennaio 1844.

Alla morte di Donizetti l’esemplare passò al nipote Andrea, quindi al di lui figlio Giuseppe. Di quest’ultimo ci rimane un biglietto autografo che attesta la donazione «alla gloriosa città di Bergamo» avvenuta il 20 luglio 1912.

Sfoglia una versione digitale dell’incunabolo sul sito delle Stanford Libraries.

Adelson Piacezzi è ricordato oggi solo per aver donato a Donizetti questo prezioso incunabolo dal quale, come detto, il musicista trasse il testo di un’Ave Regina Vergine Maria, offertorio per due voci femminili e orchestra d’archi, messa in musica per la cappella imperiale austriaca («Ho fatta l’Ave Maria di Dante con accompagnamento di quartetto a due voci (Sop. e Cont.). La si va ad eseguire nel primo Concerto Spirituale in Quaresima», scrive da Vienna Gaetano Donizetti ad Antonio Dolci, in una lettera del 29 gennaio 1844). Donizetti, riconoscente, oltre ai ringraziamenti epistolari inviò a Piacezzi anche un insolito omaggio musicale:

«Dal 1815 – al 1844 –
Nel 1815 io maestrino di cembalo, tu mio allievo.
[pentagramma con notazione]
Nel 1844 tu Consigliere di Giustizia, io M.o de’ concerti
di S. M. l’Imp. d’Austria. –
Salve Adelson Piacezzi
il tuo Donizetti»

Originario della Valle Brembana, anche se nato a Bergamo il 19 gennaio 1798, Piacezzi ebbe modo di frequentare in gioventù Donizetti e, per un breve periodo, fu suo allievo dilettante di pianoforte: oltre all’omaggio donizettiano appena citato, a conferma di ciò esiste anche una sinfonia per pianoforte solo scritta nel 1815 dal giovane Donizetti poco prima di partire per Bologna e a lui dedicata.

Laureatosi in legge all’Università di Pavia nel 1819, Piacezzi fu nominato Consigliere dell’I. R. Tribunale Provinciale di Lodi, ove svolse con successo attività di magistrato. Sposatosi a Verona nel 1830 con Angela Auregio (Verona, 1805 – Bergamo, 1868) ne ebbe quattro figli. Molto operoso nella vita culturale della sua città adottiva sia come organizzatore di eventi, sia come cronista sulla stampa locale, Adelson fu attivo anche in campo patriottico. La pubblicazione di un suo libello intitolato Un pensiero sulla dominazione austriaca in Italia, avvenuta a Lodi nel 1848, gli costò il prestigioso posto di lavoro: nell’agosto del 1850 fu infatti sollevato dal pubblico servizio da parte del Ministro di Giustizia austriaco. Un successivo scritto edito a Milano nel 1863 col titolo Riflessioni sui doveri civili proposte al popolo italiano, è invece opera altamente morale ed educativa e ben lontana, quindi, dal carattere ‘ribelle’ del fascicolo che gli costò la perdita del posto di lavoro. Fu un po’ il suo canto del cigno: Adelson morì nella sua città natale due anni dopo, nel 1865.

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Nasce a Bergamo il Bosco della memoria

L’Amministrazione comunale di Bergamo ha adottato un progetto pensato dall’Associazione Comuni Virtuosi, che vedrà la luce il prossimo autunno presso il Parco della Trucca: un Bosco della memoria, con il compito di ricordare le vittime del Covid-19. L’idea alla base dell’iniziativa è quella di creare un luogo vivo, altamente simbolico, capace di accogliere la memoria e al contempo costruire uno spazio di comunità, dove realizzare iniziative culturali, didattiche e ricreative pensate per il mondo della scuola, ma anche per tutti i cittadini che vorranno far crescere il bosco.

Il progetto prevede la piantumazione di circa 130 alberi da frutta, 70 da bosco, 90 piccoli alberi e 450 arbusti. Verranno realizzati camminamenti interni alle isole alberate e alcune sedute, per consentire alle persone che faranno visita al bosco di fermarsi in raccoglimento. Quegli stessi spazi saranno anche i naturali punti di riferimento per l’organizzazione di eventi e iniziative pensate per valorizzare il bosco.

Per sostenere parte dei costi di realizzazione del bosco è stata attivata una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso.

Guarda il video ufficiale che promuove la campagna. Leggi il comunicato stampa.