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#maididomenica 250 anni

Domenica 12 dicembre 2021 la Biblioteca apre nuovamente le porte ai visitatori con l’ultimo incontro dell’anno: un #maididomenica straordinario, un Open Day promosso dall’Associazione Amici della Biblioteca e curato dal personale interno con la collaborazione dei volontari in Servizio civile.

Il titolo, #maididomenica 250 anni, si riferisce alla storia della Biblioteca Civica di Bergamo che nel 1771 fu dotata di un regolamento, di un catalogo e, poco dopo, della nomina di un bibliotecario.

Con partenze alle 9.15, 11.15, 14.45, 16.45, le visite consentiranno non solo di conoscere le sale storiche della Biblioteca (Salone Furietti, Sala tassiana, Sala periodici, Sala del cancelliere), ma anche di ammirare alcuni tra i pezzi più preziosi e significativi che la Biblioteca conserva, prelevati dai depositi appositamente in questa occasione per consentirne la pubblica visione.

Ciascun gruppo avrà inoltre l’opportunità unica di assistere all’esecuzione di quattro composizioni per pianoforte di Gaetano Donizetti, suonate a quattro mani sull’ottocentesco pianoforte Playel del Salone Furietti dal duo pianistico Davide e Daniele Trivella, riconosciuto a livello internazionale per l’eccellenza delle performance.

L’evento, che cade in concomitanza con le iniziative curate dall’Assessorato al Comune di Bergamo per la ricorrenza di Santa Lucia, dedica un angolo anche ai bambini, con un ‘dolce’ dono offerto a loro e ai familiari, unitamente alla rara visione di un documento straordinario: la delicata raffigurazione della Santa nella miniatura di un Antifonario del secolo XV.

Per partecipare è necessario prenotare scrivendo all’indirizzo info@bibliotecamai.org, indicando nome e cognome, numero di posti prenotati e numero di telefono.

Per accedere all’evento è richiesto il certificato verde ‘rafforzato’ (‘Super Green Pass’) accompagnato da un documento di identità valido.

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Quale ‘Green Pass’ per l’accesso

Il Decreto Legge 105 del 23 luglio 2021 ha stabilito che per accedere ai servizi delle biblioteche è necessario presentare una Certificazione verde COVID-19 (‘Green Pass’) unitamente a un valido documento di identità.

In ottemperanza al Decreto Legge 172 del 26 novembre 2011, come precisato dal comunicato del Ministero della Cultura del 3 dicembre 2021, nulla cambia dal 6 dicembre 2021 al 15 gennaio 2022, sia in zona bianca, sia in zona gialla: l’accesso alla Biblioteca, durante la normale apertura per l’erogazione dei servizi, resta consentito ai possessori del ‘Green Pass’ ‘normale’. Il certificato ‘rafforzato’ sarà pertanto necessario solo in occasione di attività supplementari, quali conferenze, incontri, visite guidate, concerti.

Il personale preposto al controllo continuerà ad effettuare la verifica della validità del certificato tramite l’app VerificaC19.

Restano in vigore tutte le disposizioni di sicurezza già in essere: ingresso contingentato, misurazione della temperatura e igienizzazione delle mani, con obbligo di indossare correttamente la mascherina a copertura di naso e bocca.

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La fortuna di Dante in Francia nell’Ottocento

La stagione dell’engouement collectif, l’infatuazione collettiva per Dante e per la sua opera nella Francia del diciannovesimo secolo, è strettamente legata alla nuova sensibilità romantica che, nei primi anni dell’Ottocento, sostituì gradualmente in letteratura la razionalità dell’Illuminismo. La riscoperta e la rivalutazione del Medioevo, l’interesse per gli autori stranieri, la celebrazione dei poeti ‘nazionali’ contribuirono a creare Oltralpe il mito di Dante, accostato spesso a Shakespeare per il comune ‘furore’ poetico.

Per l’affermazione di Dante come poeta romantico per eccellenza, ammirato da Victor Hugo e da Honoré de Balzac, risultano decisivi soprattutto l’opera di Pierre-Louis Ginguené, letterato membro dell’Institut de France, e l’influenza di due affermati intellettuali – e faiseurs d’opinion – il visconte François-René de Chateaubriand e la nobildonna scrittrice Madame de Staël, autori che trasformano Alighieri in un’icona dell’esule e del genio visionario.

Ginguené, letterato, storico e politico, fu profondo conoscitore dell’Italia, di cui apprese ben presto la lingua e di cui studiò con passione la storia, la musica e soprattutto la letteratura; le sue entusiasmanti conferenze sulla letteratura italiana all’Athénée di Parigi furono raccolte nella Histoire littéraire d’Italie, nella quale Ginguené contestualizza correttamente le opere nel momento storico generativo. La collana, in dieci volumi, ebbe un successo tale da essere tradotta e pubblicata parallelamente anche in Italia già in fase di stesura: alla Commedia Ginguené dedica un intero volume, analizzando non solo l’Inferno ma tutte e tre le cantiche per le quali suggerisce una lettura continua come opera poetica libera dai commenti destinati alla spiegazione delle allegorie. Di Dante viene messa in evidenza non solo la grandiosità della machine poétique, ma anche la straordinaria potenza della poetica, perfettamente allineata con gli ideali romantici:

«Doué d’un génie vaste, d’un esprit pénétrant et d’une imagination ardente, il joignit à des connaissances étendues une vivacité de pensées, une profondeur de sentiment, un art d’employer d’une manière neuve des expressions communes, et d’en inventer des nouvelles, un talent de peindre et d’imiter, un style serré, vigoureux, sublime, qui, malgré les défauts, qu’on ne doit imputer qu’au temps où il vécut, lui ont toujours conservé la place que lui décerna l’admiration de son siècle»6 [Dotato di un vasto genio, di una mente penetrante e di un’immaginazione ardente, unì alla vasta conoscenza una vivacità di pensiero, una profondità di sentimento, un’arte di impiegare in modo nuovo espressioni comuni e inventarne di nuove, un talento per la pittura e imitando, uno stile teso, vigoroso, sublime, che, nonostante i difetti, che dovrebbero essere attribuiti solo a quando visse, hanno sempre mantenuto il posto assegnatogli dall’ammirazione del suo secolo].

François-René de Chateaubriand, considerato per il suo talento e i suoi eccessi il fondatore del Romanticismo letterario francese, conobbe la poesia dantesca attraverso la famosa traduzione in prosa dell’Inferno del 1783 ad opera del conte Antoine de Rivarol, come attestano le citazioni incluse nel Génie du Christianisme (1802). Nel Génie, opera apologetica scritta durante l’esilio in Inghilterra, l’autore glorifica le nuove fonti d’ispirazione, come l’arte gotica o le grandi epopee medievali, e si rispecchia in Dante, modello di letterato cristiano e di uomo politico, nel quale identifica il primo poeta capace di sostituire il ‘meraviglioso’ del Cristianesimo alla mitologia pagana, colui che, a differenza di Omero che abbassa gli dèi al livello umano, eleva l’uomo all’altezza di Dio.

Madame de Staël (Anne-Louise Germaine Necker, baronessa di Staël-Holstein), scrittrice francese famosa per aver pubblicato L’Allemagne – uno dei manifesti della poetica romantica – e per il suo salotto letterario, aveva compiuto molti viaggi in Italia, dedicando alla nostra patria un romanzo di grande successo, Corinne ou l’Italie. De Staël scopre la Divina Commedia grazie a Giuseppe Parini e della poetica dell’Alighieri dà una lettura più ‘romantica’ che critica, esaltando i temi dell’impegno politico e dell’esilio, esperienza che la coinvolse di persona: il Dante di Madame de Staël è un uomo che prima di lei ha subìto il bando dalla propria città e che, come lei, spera che la fama letteraria gli possa valere il ritorno. Nel capitolo Corinne au Capitole la scrittrice rende un vibrante omaggio alle glorie dell’Italia, citando particolarmente l’Alighieri e la sua opera in una lunga evocazione: «Dante fu valoroso poeta dell’indipendenza italiana, e Petrarca trasse ispirazione dalla patria, più che da Laura. L’Italia – conclude la protagonista – è una terra che accoglie il genio anche quando è perseguitato dagli uomini, che ripara e guarisce tutte le ferite, e consola perfino dalle pene del cuore.».

Questo interesse, questo ‘furore’ per Dante oltralpe è attestato dal numero di nuove traduzioni, in prosa e in versi, anche se spesso limitate al solo Inferno: già nel 1787 l’editore Hubert-Martin Cazin dà alle stampe una graziosa edizione della Commedia intitolata Inferno. Purgatorio. Paradiso, poema di Dante. Anche se «il testo degli Accademici, riprodotto in questa edizione, vi è sfigurato da molti errori tipografici», come annotato da Paul Colomb de Batines, i volumetti della Raccolta Cazin nel loro piccolo formato tascabile sono ben noti ai bibliofili per l’eleganza tipografica caratterizzata da frontespizi ornati da vignette, da testatine silografiche e da tagli dorati. Tanta cura editoriale non fu sufficiente a risparmiare il prestigioso editore dalla censura: reo di aver stampato opere licenziose e proibite, patì il sequestro dei libri e più di una reclusione alla Bastiglia.

Esempio del successo della cantica dell’Inferno in territorio francese è il prezioso volume Lo Inferno della Comedia di Dante Alighieri col comento di Guiniforto delli Bargigi tratto da due manoscritti inediti del sec. decimo quinto, prima e unica Cantica del poema pubblicata a Marsiglia da Leopoldo Mossy e a Firenze da Giuseppe Molini nel 1838. Tirata in pochissimi esemplari, questa è la prima edizione del commento di Guiniforte Barzizza, tra i più apprezzati chiosatori dell’Alighieri, collazionato da Giuseppe Zaccheroni su due manoscritti, il primo dei quali già nella Biblioteca Nazionale di Parigi, il secondo di proprietà del filologo marsigliese Gaston de Flotte (1805-1882), poi consultato – nonché decurtato di carte miniate – dallo Zaccheroni e finalmente entrato nelle raccolte della biblioteca parigina. Numerose incisioni, fregi e iniziali ornate decorano le pagine e l’uso di caratteri di stampa che si presentano diversi sia per tipo sia per dimensione, configurando una miscellanea compositiva molto originale e tuttavia armonica: in particolare, sono stati usati caratteri gotici per la prefazione e per gli argomenti di ciascun canto. Come racconta Gaspero Barbèra nelle sue memorie «il Molini si venne formando il gusto del libro ben lavorato con lo stare di continuo in mezzo a quelle belle edizioni francesi e specialmente inglesi di cui era abbondantemente fornito il suo grande negozio».

La biblioteca possiede inoltre una delle numerose ristampe dell’edizione tradotta da Pier-Angelo Fiorentino: drammaturgo e poeta oltreché traduttore, Fiorentino iniziò l’attività di letterato in Italia negli anni Trenta dell’Ottocento ma raccolse maggior successo in Francia, paese dove migrò in cerca di fortuna nel 1835. A Parigi collaborò come giornalista e critico musicale con le principali testate dell’epoca e fu collaboratore di Alexandre Dumas padre: nella bottega dello scrittore francese partecipò alla stesura di molti romanzi grazie alla conoscenza della storia e della realtà italiana, una collaborazione talmente rilevante che per alcuni critici Fiorentino potrebbe essere il vero autore delle opere Giovanna di Napoli, Ascanio, Il Corricolo e soprattutto de Il conte di Montecristo.

La sua traduzione della Commedia è datata 1840 e risente dell’esaltazione romantica per i contenuti spirituali del poema. Fu accolta con entusiasmo dai principali rappresentanti dell’intellighenzia d’Oltralpe – Baudelaire, Hugo, La Mennais – che la definirono la migliore traduzione del poema dantesco mai realizzata in francese. Ne furono pubblicate tre edizioni, tutte oggetto di numerose ristampe; la versione di Fiorentino fu scelta nel 1861 da Hachette per la pubblicazione della Commedia illustrata da Gustave Dorè.

La traduzione di Fiorentino è, per sua stessa ammissione, la più letterale possibile, consapevole della perdita dell’unità ritmica data dalle terzine in endecasillabo; l’autore, a tal proposito, nella prima nota all’Inferno sostiene: «Sappiamo che quando traduciamo scriviamo prima di tutto la storia e cerchiamo di riprodurre l’intero poema, parole e immagini, forma e idea, corpo e anima. La parafrasi, in fatto di stile, è banalità; in fatto di scienza, anacronismo; in fatto di religione, eresia».
Nella lunga introduzione all’opera, Fiorentino descrive accuratamente la genesi del poema e il viaggio nelle tre cantiche con un commento arricchito da numerosi riferimenti storici; delinea la biografia di Dante e dedica un lungo paragrafo al suo stile poetico. I canti sono presentati nella traduzione francese, senza testo a fronte e con note in postfazione.

Un’altra traduzione del poema che ebbe un notevole successo fu la Divine Comédie di Henri Dauphin (1827-1880), studioso di lettere classiche e Cavaliere della Legion d’Onore: pubblicata postuma a Parigi nel 1886 è stata recentemente ristampata nell’ambito di una collana edita da Hachette, vòlta a valorizzare le edizioni conservate presso la Bibliothèque nationale de France ormai introvabili. Il testo in francese è preceduto da un’ampia biografia di Dante, a cui si aggiungono alcune pagine di commento. I canti, in prosa, sono corredati da note in calce.

Oltre al nuovo spirito romantico, determinanti per la fortuna di Dante in Francia furono gli studi degli esuli italiani rifugiati per motivi politici a Parigi tra il 1797 e il 1848: Carlo Botta, Giovanni Berchet, Guglielmo Pepe, Vincenzo Gioberti, Niccolò Tommaseo tra i più noti. Gli esuli lavoravano generalmente come insegnanti di italiano, traduttori e giornalisti, spesso sfruttando il testo della Commedia per diffondere la conoscenza della letteratura italiana e per propugnare l’idea di un risorgimento politico e letterario. Alighieri diventò così l’ambasciatore dell’identità nazionale italiana e figura nella quale i rifugiati si immedesimavano, la cui sorte e il cui prestigio davano lustro al loro esilio e al loro impegno civile.

Esempio di questa visione politica della Commedia è un’edizione del 1848 – posseduta dalla Biblioteca – commentata da Giosafatte Biagioli, insegnante di lingua e letteratura italiana a Parigi dal 1799, lì rifugiatosi dopo essere stato Prefetto della Repubblica Romana. Il suo commento alla Commedia, edito per la prima volta a Parigi tra il 1818 e il 1819, è parte di una collana di classici italiani pubblicati in proprio dall’autore per i lettori francesi che ebbe molto successo e gli assicurò un grande prestigio, confermato dalla fortuna di una Grammatica della lingua italiana che contribuì ulteriormente alla diffusione della nostra lingua in Francia.

Nel commento di Biagioli a prevalere non è il sentimento romantico ma l’aspetto dell’impegno civile e politico di Dante, il legame al comune destino di esuli e la preoccupazione per le sorti dell’Italia; sostenuta da una vigorosa preparazione letteraria e storico-critica propedeutica alla stesura, l’edizione a cura di Biagioli, rispetta con precisione lo stile dantesco e opera una completa rivalutazione del Purgatorio e del Paradiso.
L’edizione della Biblioteca, una ristampa del 1848, è dedicata al Conte Luigi Emanuele Corvetto, giurista e politico ligure naturalizzato francese, ministro sia sotto Napoleone sia durante la Restaurazione; le tre cantiche, in italiano, sono precedute da una prefazione con commento per i lettori, mentre i canti sono introdotti da un breve riassunto e commentati a piè di pagina.

Lo Inferno della Commedia di Dante Alighieri / col comento di Guiniforto delli Bargigi tratto da due manoscritti inediti del sec. decimo quinto ; con introduzione e note dell’avv. G. Zacheroni. – Marsilia : Mossy ; Firenze : Molini, 1838. – 766 p., [10] c. di tav. : ill. ; 25 cm.
Riproduzione di un esemplare conservato alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli.

Inferno. Purgatorio. Paradiso, poema di Dante. –  Parigi : Cazin, 1787. – 3 volumi in-12.
Riproduzione di un esemplare conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: Purgatorio; Paradiso.

La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento di G. Biagioli. – Parigi : dai torchi di Dondey-Dupre, 1848. (Collocazione: Sala 1 L 5 27-28-29). Prima edizione 1818

La Divine Comédie de Dante Alighieri : traduction nouvelle accompagnée de notes par Pier-Angelo Fiorentino. – Treizième èdition. – Paris : Librairie Hachette et C., 1887. (Collocazione: Salone Cass 4 G 2 11). Edizione 1846

La Divine Comédie / Dante Alighieri; traduction par M. Henri Dauphin (conseiller a la cour d’Appel et membre de l’Académie d’Amiens, Chevalier de la Légion d’Honneur 1842-1848. – Publication posthume. – Paris : Armand Colin et C.le, editeurs, 1886. (Collocazione: Salone Cassapanco 4 H 6 24). Riproduzione di un esemplare della Bibliothèque Nationale de France

EDIZIONI CITATE

L’Enfer / Dante Alighieri ; traduit par le comte Antoine de Rivarol

L’enfer : poèmes en XXXIV chants. Tome 1 / Dante Alighieri ; traduit par Rivarol ; [publ. par N. David]

Histoire littéraire d’Italie. T1 / par P.-L. Ginguené. – (Paris) : 1824

La divine comédie (Nouvelle édition) / Dante Alighieri ; traduction de Artaud de Montor ; illustrations de Yan Dargent

Oeuvres : La divine comédie ; (précédé de) La vie nouvelle (Nouv. éd. rev. corrigées et annotées par les traducteurs) / de Dante Alighieri ; trad. de A. Brizeux ,… [et] de E.-J. Delécluze ; [avec] une étude sur “La divine comédie” par G. Labitte,… 1881

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La Divina Commedia nelle annotazioni di Torquato Tasso

Un aspetto particolarmente avvincente ed intrigante da indagare in relazione a Dante Alighieri è quello relativo alla fortuna delle sue opere presso gli uomini di lettere dei secoli successivi. Per Bergamo, e specificamente per la Biblioteca Angelo Mai, assume un particolare significato la considerazione avuta da Torquato Tasso per le opere dantesche sia attraverso l’analisi della produzione letteraria, per rintracciarne riprese, echi e suggestioni, sia mediante l’esame di fonti che ci restituiscono in modo più esplicito la considerazione di Tasso per il padre della letteratura italiana. Da quest’ultimo punto di vista un’evidenza particolare è data dai suoi postillati ad opere dantesche, che consentono di indagare non solo il rapporto fra i due letterati, ma anche di ricostruire, seppure in maniera parziale e approssimativa, quella che doveva essere la sua biblioteca, di per sé cangiante, caratterizzata spesso da prestiti, abbandoni, ritrovamenti e rispecchiante dunque la travagliata e avventurosa biografia di Torquato Tasso.

Un nucleo particolarmente significativo è stato individuato nel fondo Barberiniano, oggi alla Biblioteca Apostolica Vaticana, con ben 52 esemplari a stampa postillati dal letterato sorrentino, con opere di autori antichi e moderni, due dei quali relativi alla Divina commedia nelle edizioni veneziane di Giovanbattista Marchio Sessa & Fratelli del 1564, e di Pietro da Fino del 1568. Si tratta di uno spezzone della biblioteca posseduta dal poeta durante l’ultimo periodo romano. In occasione dell’importante convegno su Tasso e l’Europa, promosso dall’Università degli Studi di Bergamo, svoltosi fra il 24 e il 26 maggio 1995, fu organizzata una mostra, nell’Atrio scamozziano della Biblioteca, con l’esposizione eccezionale di ben 12 dei 52 suddetti esemplari barberiniani.: fra di essi il postillato tassiano relativo all’edizione della Commedia Sessa 1564.

Gli studi hanno portato ad identificare, in particolare, sei esemplari a stampa contenenti chiose o postille autografe (o probabilmente autografe) di edizioni del Convivio e della Commedia. Per quanto riguarda il Convivio si segnalano due esemplari, relativi ancora a edizioni veneziane: Sabio 1521 e Sessa 1531. Quest’ultimo, le cui postille tassiane erano note agli studiosi da fonti secondarie, è stato rintracciato in tempi recentissimi presso la Van Pelt Library della University of Pennsylvania di Philadelphia.

Per quanto riguarda la Commedia ci sono noti quattro esemplari postillati relativi a tre edizioni. Due di essi si riferiscono all’edizione veneziana di Gabriel Giolito de Ferrari e fratelli del 1555 (uno conservato presso la Biblioteca Angelica di Roma, l’altro presso la Medicea Laurenziana di Firenze): si tratta della prima edizione nella quale compare per la Commedia dantesca l’aggettivazione ‘Divina’ nel titolo. Gli altri due esemplari, Sessa 1564 e Da Fino 1568, appartengono, come si è detto, al fondo Barberiniano. Sull’esemplare Da Fino 1568 gli studiosi non hanno ancora fugato del tutto i dubbi sulla reale autografia delle postille, le quali sono, per altro, del tutto coerenti dal punto di vista stilistico e contenutistico con la Weltanschauung tassiana. Due esemplari di questa edizione sono anche conservati presso la Biblioteca Angelo Mai. Uno di essi ha anche una splendida legatura in marocchino con decorazioni a secco e in oro e tagli dorati e cesellati (segnatura: Cinq 4.175).

Particolarmente significativo l’esemplare Giolito 1555 della Biblioteca Angelica perché contiene annotazioni solo per i primi 24 canti dell’Inferno. Si tratta dell’esemplare che Tasso ebbe modo di analizzare durante il suo soggiorno a Pesaro e improvvisamente abbandonato in quella città allorquando fuggì alla volta di Torino sentendosi perseguitato. Gli studiosi hanno stabilito che si tratta della più remota testimonianza di Tasso postillatore di Dante: vi si trovano annotazioni, per lo più concise e discontinue, che tradiscono la sua attenzione per verbi, aggettivi, scelte lessicali e stilistiche, ma che verranno poi riprese e ampliate successivamente come è testimoniato dagli altri tre esemplari postillati superstiti con riferimenti più pregnanti in ambito linguistico, filosofico, morale. Sostantivi, aggettivi, paragoni, metafore sono studiati nel progressivo innalzarsi del livello stilistico dall’Inferno al Paradiso.
Fra i primissimi studiosi che si sono occupati esplicitamente dell’influenza di Dante su Tasso, e che si sono preoccupati di rintracciare le relative fonti documentarie, va segnalato Pierantonio Serassi, il quale, nella sua Vita di Torquato Tasso pubblicata per la prima volta a Roma nel 1785, e del quale la Biblioteca Mai conserva un prezioso esemplare, vi fa esplicito riferimento.

Infatti, nell’appendice dedicata al Catalogo de’ manoscritti, dell’Edizioni, e delle Traduzioni in diverse lingue dell’Opere di Torquato Tasso, Serassi propone vari riferimenti a postillati tassiani da lui identificati. In particolare alle pagine 538-539 segnala l’esemplare Giolito 1555 «fregiato di postille dal nostro grand’Epico», allora presso la Libreria Giordani di Pesaro, il codice della Biblioteca Chigiana con la trascrizione delle annotazioni tassiane allo stesso esemplare e, sempre nella Libreria Giordani, un esemplare del Convivio: si tratta di quello relativo all’edizione Sessa 1531 ritrovato recentemente negli USA, come si è detto. Serassi riferisce anche dell’annotazione sul frontespizio: «postillato dal Tasso nel 1578».
Qui l’edizione della Vita di Torquato Tasso di Serassi.

La Biblioteca Mai conserva un esemplare a stampa in tre volumi di un’importante edizione storica della Divina Commedia con la proposta, in calce, delle chiose e postille tassiane riprese dagli esemplari Sessa 1564 e Da Fino 1568 e delle trascrizioni delle annotazioni dell’esemplare Giolito 1555 della Biblioteca Angelica, al tempo dato per perduto, presenti in manoscritti del fondo Chigi (quello segnalato da Serassi) e Barberini.
Si tratta di un’edizione del 1830: Dante Alighieri, La Divina Commedia postillata da Torquato Tasso, Pisa, Didot, 1830 (segnatura: Tassiana I 7.22/1-3).

L’esemplare è stato donato dall’avvocato Luigi Locatelli, il quale, fra il 1922 e il 1932, omaggiò la Biblioteca Civica di Bergamo della sua ricca collezione di edizioni di opere di Torquato e Bernardo Tasso o d’argomento tassiano, per oltre 1100 esemplari, e delle migliaia di schede di una Bibliografia tassiana, da lui elaborata in un ventennio di ricerche, volta al censimento delle edizioni tassiane presenti nelle biblioteche di tutto il mondo e corredata da numerose annotazioni, a tutt’oggi consultata dagli studiosi tassisti.
L’edizione pisana del 1830 è di pregevole fattura come ci si aspetta da un editore della statura di Firmin Didot, noto per la creazione di nuove forme di caratteri e per il progresso tecnico nell’arte tipografica. Vi compaiono i ritratti a piena pagina, in calcografia, di Dante e di Tasso.

Viene dichiarata una tiratura di 166 copie in carte di vario pregio e una in pergamena.
La lettera ai lettori è firmata da Giovanni Rosini, poeta, romanziere, drammaturgo e accademico, noto soprattutto per aver scritto il romanzo La monaca di Monza, pubblicato nel 1829, ma anche autore di alcuni drammi fra i quali proprio un Torquato Tasso nel 1832.
Nella lettera riferisce di aver riportato a piè di pagina tutte le dichiarazioni o osservazioni tassiane mettendo in corsivo le frasi e le parole che particolarmente impressionarono Torquato Tasso: «S’incontreranno pure qua e là poche varie lezioni proposte, che meritano d’esser considerate; come di considerazione degnissime mi sembrano le altre poche avvertenze, dalle quali apparisce quel che l’ingegno del Tasso trovava d’umano talvolta nei versi del divino poeta».
Segue un contributo del curatore Luigi Maria Rezzi A Giovanni Rosini professore d’eloquenza nella Università di Pisa, con il quale si entra nel merito delle numerose allusioni alla Commedia nella Gerusalemme liberata che tradiscono un attento studio del poema dantesco da parte del Tasso. Si citano studiosi precedenti che già avevano affrontato la questione del rapporto di Tasso con Dante e fra questi Pierantonio Serassi, del quale si riportano le osservazioni in merito ai postillati. Si dà quindi conto delle fonti a stampa e manoscritte considerate, contenenti le postille tassiane.
L’anno successivo questa edizione verrà riproposta per il volume XXX delle Opere di Torquato Tasso con le controversie sulla Gerusalemme, poste in miglior ordine, Pisa, Capurro, 1821-1833.

L’edizione Pisa 1830 è la prima a proporre un diretto confronto fra diversi postillati tassiani alla Commedia. Il suo pregio è quello della facile consultazione e dell’agile confronto, pagina per pagina, fra le postille e le chiose in relazione al testo dantesco.
Il difetto, agli occhi degli studiosi e dei filologi di oggi, riguarda i criteri di restituzione delle annotazioni tassiane che presentano qui parecchi adattamenti, come lo scioglimento delle abbreviazioni, la modernizzazione dell’uso della punteggiatura, l’evidenza di alcune omissioni. Per di più l’edizione scelta per il testo della Commedia non è fra quelle postillate dal Tasso, ma l’edizione degli Accademici della Crusca (Firenze, Domenico Manzani, 1595, che fu più volte ripresa e ristampata con emendamenti anche nei primi decenni dell’Ottocento). Manca anche qualsiasi nota esplicativa che dia conto dei criteri adottati.
Questa edizione si configura quindi oggigiorno più come significativa e pregevole testimonianza storica che come reale fonte di studio.

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Giornata tassiana 2021

Venerdì 26 novembre, dalle ore 16.00, si svolge in Biblioteca la tradizionale Giornata tassiana, organizzata dal Centro di Studi Tassiani di Bergamo.

L’appuntamento è quest’anno dedicato alla presentazione degli studi sinora condotti sul Codice Baruffaldi, uno dei più preziosi manoscritti tassiani, tutelato dal Ministero sin dal 1964, contenente i testi della Gerusalemme liberata e dell’Aminta, affidato in comodato per 99 anni rinnovabili alla Biblioteca Mai dalla famiglia Borletti, proprietaria del prezioso documento.

Alla cerimonia di consegna di una targa di ringraziamento alla Signora Ilaria Borletti Buitoni saranno presenti il Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, l’Assessore alla Cultura, Nadia Ghisalberti, il Presidente del Centro di Studi Tassiani, Luca Bani e la Direttrice della Biblioteca, Maria Elisabetta Manca.

A seguire, gli interventi sul Codice da parte di Marzia Pontone, Biblioteca Universitaria di Pavia; Cristina Cappelletti, Università degli Studi di Bergamo – Centro di Studi Tassiani; Massimo Castellozzi, IULM – Centro di Studi Tassiani.

Concluderà la Giornata la proclamazione e assegnazione del Premio Tasso 2021 a Federica Alziati di Lugano, per un saggio dal titolo «Fra ’l poeta e il dialettico»: Tasso dialogista e il modello del «Fedro» platonico.

La Giornata potrà essere seguita in modalità telematica collegandosi all’indirizzo: http://meet.google.com/kpt-zybt-fja.

Scarica il programma completo.

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#maididomenica

Si conclude domenica 28 novembre l’iniziativa #maididomenica 2021, che prevede visite guidate gratuite alla mostra L’Assiette au beurre. L’immagine satirica della Belle Époque e alle sale storiche della Biblioteca.
Ancora posti liberi per la prenotazione, da effettuare scrivendo a info@bibliotecamai.org. Partenza visite ogni mezz’ora, con inizio alle 9.30. Ultima visita ore 12.00.

Ricordiamo che per entrare in Biblioteca è richiesto il certificato verde (‘Green Pass’) accompagnato da un documento di identità.

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Ugo Foscolo e il Discorso sulla Commedia di Dante

L’entusiasmo giovanile di Ugo Foscolo per l’opera di Vittorio Alfieri e di Giambattista Vico accompagnò ben presto il poeta a riflettere sul binomio di poesia e religione, talvolta studiato alla luce della Commedia dantesca. Sullo scorcio del XVIII secolo, negli anni della formazione veneziana, Foscolo approfondì la propria conoscenza dell’Alighieri con la mediazione di Vincenzo Monti, arrivando a comporre un’ode A Dante, pubblicata sul «Mercurio d’Italia» nel 1796, nella quale il fiorentino viene presentato come padre e vate, ispiratore e profeta dunque del pensiero italiano. Sono gli anni in cui l’autore redige un primo e fondamentale quadro critico-estetico all’interno del proprio Piano di studi, nel quale emerge la predilezione foscoliana per la classicità greco-latina ma soprattutto la sua visione universalistica della letteratura. Di lì a poco tempo, Venezia avrebbe perso la propria indipendenza con il trattato di Campoformio e nello scrittore ionico sarebbero maturati i propositi per le Ultime lettere di Jacopo Ortis, il romanzo epistolare scritto e rimaneggiato con suggestioni romantiche e disillusioni politiche tra il 1798 e il 1802.

Incipit delle Ultime lettere di Jacopo Ortis e frontespizio del Discorso sul testo della Commedia di Dante,
accorpati nel volume del 1877 custodito in Biblioteca con segnatura Sala.24.P.5.26.

L’Ortis sarebbe tornato ben oltre al centro degli sforzi editoriali di Foscolo, considerando che la versione autoriale definitiva venne promossa a Londra solo nel 1817. Nel mezzo era intercorso un quindicennio di fervida attività letteraria, di passioni travolgenti e impegni militari e civili, durante il quale lo scrittore di Zacinto compose i Sepolcri, ideò le incompiute Grazie, tradusse versi omerici e il Viaggio sentimentale di Laurence Sterne sotto lo pseudonimo di Didimo Chierico. Per allontanare da sé l’obbligo di fedeltà all’Austria, nella primavera del 1815 Foscolo lasciò l’Italia e passò per Zurigo, dove l’anno successivo venne impressa la terza edizione dell’Ortis, arricchita di una notizia bibliografica. Qui assunse temporaneamente la falsa identità di Lorenzo Aldighieri, in uno strano connubio nominale tra Lorenzo Alderani, amico e destinatario delle missive di Jacopo Ortis, e il nome di Alighieri. Nella tarda estate del 1816 il poeta giunse a Londra, dove trascorse gli ultimi undici anni della sua vita, esule e lontano dagli affetti familiari, costantemente afflitto da preoccupazioni di natura economica.

Frontespizi delle Prose (1850) e del secondo volume dei Saggi di critica storico-letteraria (1859-1862) nell’ambito
della nota edizione postuma delle opere foscoliane promossa dalla fiorentina Le Monnier a metà Ottocento.

Eppure, le vicissitudini biografiche non bastano a spiegare l’intenso lavorio dantesco cui Foscolo attese nel suo ultimo decennio inglese. L’autoesilio politico dovette senz’altro indurlo a ripensare il ruolo del poeta di fronte alla società del suo tempo, ma il ritorno a Dante coincise anche con una specifico clima culturale, quello dell’alta società londinese dell’epoca, vòlto alla riscoperta del medioevo cristiano e in anni affini a imprese di traduzione e commento ai versi della Commedia. L’immedesimazione con quello che un tempo aveva definito il ghibellin fuggiasco non era più smossa nello scrittore italo-greco dal giacobinismo della giovinezza, mentre Dante si trasformò ai suoi occhi in un modello di consolazione morale, sorretto dagli appassionati dibattiti storiografici presso i salotti della nobiltà anglosassone. Al 1818 risalgono due contributi sull’Alighieri destinati all’«Edinburgh Review» nei quali Foscolo discusse di problemi storici, gettando uno sguardo innovativo su quella terre inconnue che era la poesia medievale al tempo, sempre più acceso dalla convinzione che il testo non potesse essere disgiunto dalla realtà storica nel quale era sorto. In questo senso si spiega anche l’interesse foscoliano per i commenti secolari al poema di Dante, passati in rassegna e illustrati evidenziando l’epoca in cui visse e operò ogni singolo chiosatore. Lo scrittore non tace gli abbagli di molti dantisti, cui rimprovera eccessi estetizzanti e una mai sufficiente menzione dell’importanza dell’Alighieri per la nascita della lingua italiana.

L’Edizione Nazionale delle opere di Ugo Foscolo dedicò i due tomi del IX volume all’intero corpo degli scritti di storia e critica dantesca dell’autore tra il 1979 e il 1981, affidandoli alle cure di Giovanni Da Pozzo e Giorgio Petrocchi.

L’occasione per un’interpretazione risolutiva dell’autore sulla forza della poesia dantesca sembrò aprirsi con la sottoscrizione di un contratto nel 1824 con l’editore Pickering, cui Foscolo si prestò a fornire dai quattro ai sei volumi annui di edizione e commento dei classici della letteratura italiana. Le premesse dovettero apparire convincenti, considerato che con l’arrivo del 1825 il letterato consegnò alle stampe la sua edizione commentata del Decameron di Boccaccio, sorretta da un ampio saggio inaugurale. Un’operazione analoga sarebbe spettata alla Commedia, il cui testo debitamente chiosato sarebbe sopraggiunto a tappe dopo la pubblicazione del Discorso sul testo della Commedia di Dante, in cui confluirono e vennero approfonditi i temi già cari al Foscolo degli ultimi anni. Deluso, tuttavia, dalla scarsa cura tipografica con cui l’editore fece circolare il Discorso, il letterato non avrebbe visto realizzati i quattro volumi comprensivi delle tre cantiche, lasciando allo stadio di bozze la propria edizione dell’Inferno. L’apporto foscoliano si dimostrò rilevante anche in tal senso, per l’uso di una tradizione filologica salda e da poco fissatasi nell’edizione romana di Baldassarre Lombardi, opportunamente vagliata e intersecata con lezioni minori, come quelle dettate da due codici passati per le sue stesse mani. A testimonianza di questa e di altre peculiarità del dantista resta l’edizione londinese della Commedia illustrata da Foscolo che Giuseppe Mazzini diede alle stampe presso Pietro Rolandi nel 1842.

Incisione con la tomba di Foscolo a Turnham Green, dove le spoglie del poeta riposarono per oltre quaranta anni, riprodotta in antiporta al secondo volume dell’edizione dei Saggi di critica storico-letteraria del 1862.
Prefazione firmata da un italiano all’edizione mazziniana della Commedia illustrata da Ugo Foscolo,
qui riprodotta nel terzo volume delle Prose letterarie di Le Monnier del 1850.

Pur di fatto compilata, specie per le chiose inerenti il Purgatorio e il Paradiso, dallo stesso Mazzini, quest’ultima veste della Commedia ha il pregio di raccogliere le correzioni e i ripensamenti dell’ultimo biennio della vita dello scrittore ionico. Per le mani di Mazzini passò, infatti, non solo il corpo preparatorio con il testo dell’Inferno, ma anche l’esemplare della prima edizione del Discorso sopra il testo della Commedia fittamente postillato da Foscolo medesimo e oggi conservato presso la Biblioteca Labronica di Livorno. La riflessione sul primato poetico di Dante e sulla potenza religiosa del suo messaggio, in grado di travalicare ben oltre le contingenze politiche e le avversità personali, accompagnò il poeta di Zacinto fino agli ultimi giorni, tanto che lo stesso Mazzini lo indica come «il lavoro che costò ad Ugo la vita» nel settembre del 1827.

Prima e quarta di copertina del primo volume dell’edizione Vanelli del Discorso sopra la Commedia di Dante
e il sottostante frontespizio, seguito dalla dedica dell’opera all’amico inglese Hudson Gurney.

Proprio in concomitanza con la scomparsa di Foscolo, la stamperia Vanelli di Lugano, già promotrice di un’edizione dei Saggi sul Petrarca e della traduzione del Viaggio sentimentale di Sterne tra il 1824 e il 1825, propose una nuova edizione del Discorso sopra il testo della Commedia. Si tratta, nei fatti, di un’opera più simile a una ristampa che a un autentico ripensamento librario del testo. Risalta, ad esempio, la piena aderenza del frontespizio al modello originario, modificato per il solo riferimento alla tipografia e alla data di impressione. Scompare una nota che Pickering appose in apertura a giustificare le numerose sviste ortografiche, giustificate dall’assenza dell’autore alle prove sui torchi, qui rimpiazzata da un altro piccolo schema degli errori trascorsi nell’originale. Le differenze nei caratteri tipografici sono più evidenti per cifre e punteggiatura, mentre l’impaginazione si differenzia sin dall’apertura del testo. La stampa ticinese ebbe senz’altro il pregio di favorire per prossimità una lettura italiana del Discorso, preambolo a una proposta dantesca che Foscolo concepì anzitutto a beneficio degli italiani, non accontentandosi delle mode letterarie inglesi che pure l’editore aveva inteso sfruttare.

Frontespizi dei due volumi de Il secolo di Dante,
commento storico arricchito delle illustrazioni foscoliane nella seconda edizione del 1830.

Da questo momento le illustrazioni storiche di Foscolo sul poema dell’Alighieri avrebbero preso a circolare rapidamente, irrobustendo opere come Il secolo di Dante, il commento dedicato da Ferdinando Arrivabene alla Commedia, giunto a seconda stampa nel 1830. Più in generale, altre occasioni di associazione tra l’esule fiorentino e il cantore delle sacre sponde sarebbero giunte con l’onda mazziniana, perdurando per l’intero Risorgimento. Nella seconda metà del XIX secolo, non pochi lettori dell’Ortis sarebbero rimasti suggestionati dall’epigrafe posticcia, retorica ma certamente calzante, che in alcune edizioni del tempo apriva il romanzo con i celeberrimi versi danteschi:

[…] libertà va cercando, ch’è sì cara, | come sa chi per lei vita rifiuta (Purg, I, 71-72).

I due volumi dell’edizione luganese del Discorso sul testo della Commedia di Dante (prima edizione Pickering) sono consultabili in Biblioteca con segnatura Salone.Loggia.Q.2/6-7. Per una versione criticamente aggiornata e cronologicamente documentata di questo e degli altri studi su Dante il rimando indispensabile è ai due tomi del volume IX dell’Edizione Nazionale delle opere di Ugo Foscolo, disponibili in lettura con segnatura Sala.4.N.5.1/9/1-2.

Tra le numerose edizioni del Foscolo presenti in Biblioteca si segnala per precocità e completezza il volume di Prose e versi nella prima impressione milanese di Giovanni Silvestri del 1822 (segn. Salone.Cassapanca.3.4.38). L’opera in due volumi di Ferdinando Arrivabene Il secolo di Dante, nella seconda stampa con le illustrazioni storiche del poeta, è consultabile con segnatura Salone.Q.3/43-44.

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Studi tassiani 2020

È in distribuzione il numero 68, annata LXVIII, relativa al 2020 della rivista Studi tassiani, curata dal Centro Studi Tassiani.

Il volume ospita interventi di Giacomo Vagini, Guido Baldassarri, Davide Colussi, Federica Alziati, Anna Scattola, Alessio Panichi e relazioni riguardanti le Giornate tassiane 2018 e 2019.

Consulta il sommario in pdf.

Il volume è disponibile in Biblioteca versando un rimborso di € 12,00.

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Assiette au beurre e Belle Époque. Giornata di studio

Martedì 16 novembre, dalle 9 alle 13, nel Salone Furietti della Biblioteca si terrà la Giornata di studio Assiette au beurre e Belle Époque, dedicata alla storica rivista francese di satira politica L’Assiette au Beurre.

Interverranno: Michel Dixmier, autore della monografia L’Assiette au beurre, edita dalla casa editrice parigina Librairie François Maspero nel 1974; Guillaume Doizy, storico della caricatura e autore del blog caricatures&caricature; Marta Sironi, ricercatrice all’Università di Milano e Parma; Sandro Morachioli, docente all’Università di Napoli e infine Dino Aloi, direttore della rivista satirica online Buduàr.

La Giornata si inserisce nel contesto espositivo di 119 disegni tra i 9600 comparsi sull’Assiette nell’arco di vita della rivista, dal 1901 al 1912, provenienti dalla collezione di Paolo Moretti e resi fruibili grazie alla mostra L’Assiette au beurre. L’immagine satirica della Belle Époque, allestita fino al 19 dicembre nell’Atrio scamozziano della Biblioteca.

All’evento, accessibile ad un massimo di 40 persone, si potrà partecipare solo su prenotazione inviando una e-mail all’indirizzo info@bibliotecamai.org. Per l’ingresso è richiesta l’esibizione di un certificato verde e di un documento di identità.
La Giornata può anche essere seguita in diretta streaming sul canale YouTube della Biblioteca.

Scarica la locandina-invito.

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Antonio Cesari e le Bellezze della Commedia dantesca

Verona è città dal destino dantesco, lo ha dimostrato a più riprese nel corso della sua storia, dai tempi dell’ospitalità accordata da Cangrande all’esule fiorentino in anni decisivi per la redazione delle tre cantiche della Commedia e fino alla celebre Lectura Dantis promossa un sessantennio fa dal Centro Scaligero dedicato al poeta. Un ruolo significativo il centro sull’Adige l’ha, inoltre, rivestito nel corso del Settecento, quando Verona divenne uno dei poli più importanti del panorama tipografico italiano, dando alle stampe testi centrali del tardo Medioevo e dalle alterne fortune editoriali durante la prima Età moderna. Tra gli autori principali coinvolti in questa operazione di recupero del panorama culturale italiano spicca la figura di Dante, quando intellettuali e commentatori come Scipione Maffei e Giuseppe Torelli contribuirono a questa temperie, vòlta anche alla riscoperta del padre della lingua nazionale. Pienamente partecipe di questo clima fu Antonio Cesari (1760-1828), sacerdote e traduttore, ma anche acuto linguista e conoscitore raffinato del dettato dantesco. Si può, anzi, dire come la dedizione di Cesari all’Alighieri non possa essere disgiunta dalla nascente questione della lingua.

Antiporta e frontespizio dell’edizione veneziana del 1832 della Dissertazione sopra lo stato presente
della lingua italiana
di Cesari, originariamente pubblicata nel 1810 e in grado di suscitare
vivaci reazioni tra letterati del prestigio di Manzoni e Leopardi

Oltre a comporre una Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana, in anni coevi Cesari promosse una ripubblicazione con corpose aggiunte del Dizionario della Crusca, che vide così nuovamente le stampe a Verona tra il 1806 e il 1811. Distintosi nel frattempo quale brillante chiosatore di singoli passi danteschi per amici e corrispondenti, l’oratoriano veronese optò per una lingua armoniosa e raffinata, ricalcando i principi cinquecenteschi di Bembo e affondando la ricerca del lessico e della sintassi nella poesia dantesca come nella prosa di Boccaccio, di Sacchetti e dei novellieri minori del XIV secolo. Divenuto egli stesso scrittore di storielle e brevi racconti, le sue idee presero a circolare in ambienti letterari sempre più vasti, veicolate anche dal tardivo ricorso alla forma dialogica, una tipologia letteraria congeniale a Cesari nella stesura di una prima prova didascalica, Le Grazie, pubblicata nel 1813 e in cui sulla scorta del De oratore ciceroniano l’autore inscenò una disquisizione in tre parti sul tema della «ottima lingua», ambientata in una villa veneta alla fine del Settecento. Singoli luoghi danteschi trovano spazio nell’opera, anticipando il grande sforzo enciclopedico che vedrà il letterato cimentarsi universalmente con Dante nel decennio successivo.

Frontespizio de Le Grazie, prima prova letteraria in forma di dialogo del Cesari nel 1813, e copertina della seconda edizione della Ragione del bello poetico illustrata con esempi di Dante, impressa a Verona nel 1824

Agli albori degli anni Venti, infatti, prese le mosse il progetto di un commento completo e destinato a evidenziare le Bellezze della Commedia di Dante Alighieri, come riporta il titolo sin dalla prima edizione veronese, in cui si esplicita l’avvenuta stampa a dirette spese dell’autore. La forma prescelta è nuovamente quella del dialogo, nel quale sviluppare una guida completa fra le pieghe dei canti danteschi, frutto di un non facile assemblaggio di qualche decennio di analisi critica di singoli loci interni al poema. L’ideazione dell’opera risale all’inverno tra il 1820 e il 1821, nell’ambito del Giornale sulle scienze e lettere del Veneto, per il quale Cesari ideò una celebrazione di Dante quanto a lingua, a poesia e a eloquenza e compose un contributo proemiale e un primo discorso inerente l’Inferno. Abbandonata questa prima sede di pubblicazione per divergenze redazionali, il religioso fece circolare manifesti agli amatori di Dante nei quali promise l’imminente realizzazione di un piano a sé stante. Nell’arco del triennio 1824-1826 vennero così alla luce i tre volumi delle Bellezze, seguiti a breve distanza da un autonomo Indice delle cose notevoli, strumento della cui utilità Cesari dovette avvedersi già componendo il dialogo undecimo, conclusivo, del primo volume.

Frontespizio e dorso dei tre volumi delle Bellezze della Commedia di Dante Alighieri
di Antonio Cesari nella prima edizione veronese 1824-1826

Sullo scorcio del XVIII secolo, in casa di Giuseppe Torelli, l’autore colloca le discussioni sull’Inferno di tre amici, cui associa Girolamo Pompei per le cantiche successive. I sodali veronesi necessitano di alcuni giorni di ristoro tra un regno dantesco e l’altro, per quanto dai loro scontri retorici mai emerga tensione o pathos. Cesari trasformò, dunque, nuovamente la forma dialogo in un veicolo di trasmissione lineare, portavoce di una posizione unica, quella autoriale, incentrata sul primato poetico di Dante, il più perfetto cesellatore di unità tra idea e lingua. In tal senso, il veronese scelse l’impiego del testo dantesco approntato da Baldassarre Lombardi a fine Settecento, basandosi sulla celebre impressione padovana del 1822. L’edizione venne integrata con l’ausilio del codice Bartoliniano fissato da Quirico Viviani a Udine nel 1823 e con il Dante stampato in Roveta nel 1820 da Luigi Fantoni, meritevole di fedeltà al codice Vaticano Latino 3199, ai tempi reputato autografo di Boccaccio. Un supporto addizionale alle scelte testuali di Cesari giunse, infine, dalla consultazione del codice mantovano Capilupi, prestato dal proprietario al religioso e oggi identificabile con il manoscritto 405 della Pierpont Morgan Library di New York.

Frontespizio dell’edizione padovana del 1822 della Commedia curata da Baldassarre Lombardi
e dell’edizione secondo il codice Bartoliniano impressa dal Viviani a Udine nel 1823.
Le opere vennero sottoposte a raffronto con la celebre edizione fantoniana stampata a Rovetta nel 1820

Le Bellezze si strutturano in trentaquattro dialoghi, numero simil-dantesco: undici per ciascuna delle prime due cantiche, dodici quelli per il Paradiso, con un sovrappiù non generato da criterio prestabilito ma da necessità sorta in corso d’opera. Ogni dialogo corrisponde ad altrettante giornate, sulla scorta di una personale interpretazione del modello del Decameron, espediente per una trattazione granitica, incentrata sugli aspetti linguistici del dettato dantesco, con usi e prestiti ricondotti alle auctoritates classiche e a Virgilio in particolare. In questo senso si spiega l’unica frammentarietà insita in questo poderoso commento, data dall’affastellarsi di precisi termini, espressioni o singoli versi: queste sono le unità di misura predilette nello sviluppo di un’analisi filologica che solo a tratti propone argomentazioni riguardo le varianti adottate. Pur digiuna di uno sforzo interpretativo sulla complessità filosofica di Dante, l’opera del Cesari allaccia rapporti con la secolare tradizione del cosiddetto «commento figurato». Numerosi, quindi, sono i passi per i quali gli interlocutori evocano rappresentazioni pittoriche in relazione a passi puntuali della Commedia.

Frontespizio e antiporta del primo volume dell’edizione delle Bellezze della Commedia
di Dante Alighieri
impressa dalla tipografia Silvestri di Milano nel 1845

Senza le cure dell’autore, l’opera venne integralmente ristampata in sei tomi già nel biennio 1826-1827 a Napoli. Nel 1845 giunse un’edizione milanese, impressa in quattro volumi dalla tipografia Silvestri; altre furono proposte a Parma e nuovamente a Napoli, a riprova dell’importanza conservata da un lavoro che suscitò ampie discussioni nel variegato mondo letterario del tempo. Le idee avanzate da Cesari trovarono, pertanto, terreno fertile di discussione, suscitando dissenso in Monti – oltreché in singoli passi di Manzoni e Leopardi -, ma anche adesione e incoraggiamento in Pindemonte, Foscolo e nel giovane Rosmini. Quella percorsa dal chierico veronese era la strada giusta, in vista della modernità dantesca sprigionatasi poi con il Risorgimento. Ben significativo è il fatto che Cesari incontrò la morte nel corso di un viaggio presso Ravenna, dove sua intenzione era di rendere omaggio a Dante, alla sua divina naturalezza, nel tentativo – come avrebbe scritto Tommaseo – di por mano al ristoramento della lingua. Suggello più recente all’importanza dell’opera è giunto con la ripubblicazione nell’ambito dell’Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi del 2003, quando il curatore Antonio Marzo ha sottolineato l’immeritato oblio riservato dal Novecento alle Bellezze, una dimenticanza dettata da sensibilità altra, ma ancora in grado di accendere la curiosità e le intuizioni critiche di studiosi e appassionati.

Copertina del volume riassuntivo degli Scritti danteschi redatti da Cesari e raccolti per cura
di Giuseppe Guidetti nel 1917. Un ritorno completo agli studi sull’opera dantesca del Cesari si è avuto
solo con la pubblicazione meno di venti anni fa dell’Edizione Nazionale delle Bellezze

I tre volumi dell’edizione veronese delle Bellezze della Commedia (Inferno) sono consultabili in Biblioteca con segnatura Salone.P.Fila.VIII.22-24; per l’edizione milanese Silvestri (Inferno), con l’aggiunta di un quarto volume con l’Indice delle cose notevoli, si rimanda alla collocazione EXCAV.1.3250/1-4.

Tra le altre opere del Cesari si segnalano la Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana (versione digitale, segn. EXCAV.1.974), il dialogo Le Grazie (versione digitale, segn. Sala.2ª.A.9.retro.23) e la Ragione del bello poetico illustrato con esempi di Dante (versione digitale, segn. Salone.P.8.4.5). Altri testi inerenti la corrispondenza e la novellistica e alcuni saggi storico-critici incentrati sulla figura del religioso veronese sono disponibili alla lettura presso la Biblioteca.